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FANTASIA E MEMORIA<br />
Fantasia e memoria possono benissimo essere indicate come elementi referenziali cui collegare moduli linguistici contemporanei<br />
e parametri stilistici, come poli entro i quali può muoversi una capacità di esprimersi nel campo delle arti<br />
visuali, affidate prevalentemente agli strumenti tecnici del segno e del colore.<br />
Alla fantasia, nella accezione metafisica della libertà trascendente, appartengono la concezione dello spazio e la designazione<br />
delle scelte contenutistiche entro un’architettura che può essere arcaicamente realistica, audacemente surreale<br />
o soltanto informale.<br />
Alla seconda appartiene la storia delle stratificazioni culturali, la fisionomia noumenica con il residuo di un sentimento<br />
che ci riporta ad una realtà vissuta come una dimensione storica.<br />
L’impegno pittorico di Fabrizio Costanzo si raccorda a questi due principi attraverso la costruzione di un ordine architettonico,<br />
grazie alla equilibrata strutturazione d’insieme, al calcolato ritmo compositivo che nel tono essenziale del suo<br />
proporsi, rivela l’interna coerenza del processo astrattivo.<br />
La presenza quasi costante di un motivo legato alla visualizzazione del borgo medioevale inteso come struttura essenziale<br />
che si sviluppa dentro una cinta muraria quasi sempre in verticale, sottolinea una designazione di campo spaziale,<br />
una esteriorità iconica che oltrepassa comunque la sfera visiva per portarsi sul terreno della metafora e della assonanza<br />
interiore con una fucina di possibilità in cui si coniugano più codici creativi.<br />
Il borgo medioevale, nella sua accezione storico-temporale, diventa simbolo di un passato che ci appartiene come entità<br />
memorativa, stratificazione parcellare, palinsesto da scoprire e rileggere con l’umore psicologico dell’oggi, con la<br />
nostra stravolta sensibilità moderna e con la fresca capacità intuitiva che ci fa cogliere finezze, profili, spessori inediti.<br />
Ma c’è una spazialità di tipo nuovo che suggerisce metafore in un’altalena metafisica di materia e geometria per cui<br />
fino a che il segno non si racchiude in se stesso, circoscrivendo una porzione di spazio ed assumendo una connotazione<br />
morfologica paranaturalistica (casa, mura, albero, fronda), si ha la vaga impressione che il piano di proiezione entro<br />
cui si visualizza l’evento pittorico, sia di tipo innovativo, tale da stravolgere i canoni usuali.<br />
Viene fuori un processo espressivo che fa pensare ad una sorta di emblematismo razionale, dove la sintassi, il raccordo<br />
funzionale fra i singoli elementi raffigurati, disegnati, dipinti risponde ad esplicitazioni che riportano le radici fenomeniche,<br />
già stilizzate e sublimate, sul piano di un equilibrio che ha ragione nell’ambito di una ricerca del valore semantico,<br />
significativo. Le forme, i colori, per Costanzo devono disporsi secondo una specie particolare d’ordine che procede<br />
gradualmente alla conquista di una semplificazione figurativa che conferisce all’insieme una pura essenzialità.<br />
Siamo (e ne avvertiamo sensibilmente il travaglio) alle soglie di una commossa trepidazione, pur nel fermo e deciso<br />
consistere delle forme essenziali; ma c’è al fondo una sorta di stupore e di silenzio illuminato che si lega alla favola<br />
triste della vita, in una vicenda atemporale e metafisica, allusiva per il suo sapore simbologico.<br />
L’albero è allora simbolo del nostro consistere terreno o meglio, la metafora di un favolismo risolto in chiave fantastica<br />
con un sapore irreale nel suo spazio continuo: in ogni caso supera l’impatto naturalistico, l’appagamento contemplativo<br />
ed articola un discorso più ampio e più complesso in una proiezione di tensione viva ed efficace, quasi da immaginario<br />
favolistico, ma con una sottesa presenza razionale.<br />
E’ proprio la scansione dello spazio, l’ordinata strutturazione d’insieme che coniuga reale ed irreale, sul filo di una memoria<br />
calda e avvertita, a sovrintendere ad una operazione lucida di elaborazione artistica.<br />
L’architettura allora diventa, nell’esercizio contemporaneo del segno deciso e del colore selezionato e trattato dentro<br />
una gamma ed una scala di valori sensibili e variabili, uno strumento linguistico che, ubbidendo al sintetismo essenziale,<br />
ha l’eleganza di un “exercise de style sur un topos visuel”, per dirla con Schneider.<br />
Giovanni Cappuzzo / Catalogo Fabrizio Costanzo - Palermo 1990