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ARTEFEX LUDENS<br />
Antonino Nacci<br />
Occasioni di dialogo con gli artisti<br />
Una formica rituale, in cerca di una meta, segue paziente una scia silenziosa;<br />
forme antropomorfe e consapevoli si attraggono tra terra e cielo,<br />
librandosi dentro un’atmosfera indefinita; pesci-ictys guizzano, volando<br />
su onde zigzaganti; lucertole, cavalli, meduse e strani vegetali marcano<br />
la loro presenza all’interno di strisce verticalizzanti, di spazi impossibili…<br />
Poi, ancora segni – tanti segni – incidono la materia: sfere, triangoli,<br />
quadrati, spirali, frecce, lettere dell’alfabeto, falci di lune ed ogni sorta di<br />
graffito. Nel mondo di Antonino Nacci, una miriade di elementi abitano i<br />
luoghi. Sono presenze dinamiche, sfuggenti, ripetute, organizzate; contrassegnano<br />
un territorio psicologico e si configurano come rappresentazioni<br />
ludiche di un codice-concetto già strutturato. Nacci ama i colori<br />
della terra e li recupera nella porosità della sabbia. Stende con delicatezza<br />
il materiale mischiandolo alla colla vinilica e incidendolo con tratto<br />
sicuro. Pur non descrivendo la bellezza, ciò che costruisce è bello, ponderato.<br />
La sua pittura, lucida e controllata, esprime grande forza comunicativa<br />
con una tavolozza apparentemente povera ma ricca di variazioni<br />
tonali. La mostra di Nacci – in un viaggio che guarda oltre – dialoga<br />
con segni e forme che si muovono in spazi ben definiti e diversamente<br />
colorati, che hanno la capacità insita di descrivere, stimolare ed evocare,<br />
incuneandosi tra delicati cromatismi tonali e rese materiche. Il suo<br />
mondo, è un Caos-Logos irrazionale ma determinato in cui gli elementi<br />
ritmati esprimono la ricchezza interiore nel modo di relazionarsi più che<br />
nel loro valore unico. L’operare giocoso di Antonino Nacci – homo faber<br />
- delinea una tabula atemporale e adimensionale che imprime allo spettatore<br />
una irresistibile componente attrattiva ed emozionale, un’estetica<br />
fantastica e dinamica dentro la quale, come sosteneva il fisico Gert Eilenberger<br />
– “la combinazione armonica di ordine e disordine riconduce,<br />
in natura, al senso della bellezza…” L’apparente confusione generata<br />
da segni e forme è controbilanciata da precisi ritmi vettoriali che incanalano<br />
i flussi di elementi all’interno di scie sinuose o di spazi ben delimitati<br />
e caratterizzati che a loro volta sfociano in veri e propri cartigli ideogrammatici<br />
o determinano elementi pitto-formali. In un tutt’uno, il piano<br />
strutturale gioca con le stratificazioni della materia sabbiosa creando un<br />
progresso materico di opera in opera, dalla forte carica ideativa. In questo<br />
contesto, Antonino Nacci, pur avendo chiara la visione culturale sui<br />
fatti storici e sul quotidiano, propone un mondo leggero, privo di tensioni<br />
fisiche e gravitazionali, dove le famiglie di elementi sono organizzate<br />
e riconoscibili. La tessitura di equilibri spaziali, se letta in chiave puramente<br />
decorativa, può trarre in inganno. La sua, è una tabula viva, luogo<br />
degli eventi (per dirla con Pollock) e possiede una vita autonoma. In<br />
essa i segni-forma vanno considerati inseparabili rispetto alla resa calligrafica,<br />
ai materiali adoperati e al formato che li supporta. Nacci, non<br />
intende raccontare una storia, ma lasciare tracce, suscitare interrogativi.