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La frantumazione dell’essere<br />
“Quello che stiamo attraversando è un particolare momento storico, contraddistinto da una sorta di diaspora, un processo<br />
di polverizzazione del sapere che ha frantumato alcuni miti a cui erano legati quanti ci hanno preceduto. Caduta<br />
l’assoluta certezza, in preda ad una sorta d’inquietudine, l’uomo ha bruciato sull’altare del solipsismo, della solitudine<br />
angosciante e lacerante, tutti i miti e le seduzioni del passato. Trafitto da questa condizione di crisi, l’individuo ha in<br />
certo modo sgretolato l’unitarietà dell’essere…”<br />
Così Giovanni Cappuzzo, in una delle tante presentazioni in galleria, sintetizzava il suo pensiero sulla società e sull’animo<br />
umano. La breve introduzione testimonia l’alta sensibilità dell’uomo e del critico che, con intelligenza, apertura<br />
mentale e rigore stilistico fotografava la società odierna introducendo i connotati generali agli astanti per poi porre gli<br />
assiomi della discussione in termini specifici e contingenti di assoluta aderenza alla realtà. Una delle doti più grandi di<br />
Cappuzzo era l’incisività colloquiale e la capacità di attenzionare il pubblico che invitava alla riflessione ed al ragionamento.<br />
La sua chiarezza espositiva, rispecchiando la sicurezza concettuale, esternava un linguaggio autentico e avvolgente,<br />
che invogliava e ammaliava. Nonostante ciò, l’atmosfera che si creava non era ipnotica ma armonica e di trasporto<br />
emotivo, illuminante e coerente. Il testo, da cui desumeva il suo intervento tipo, aveva una strutturazione ben<br />
precisa: inquadramento storico-letterario, individuazione delle parole chiave su cui imperniava l’intero discorso, riferimenti<br />
ad altri artisti o contesti culturali, ulteriori spunti di discussione (ampliamento), eventuali citazioni in latino<br />
(impreziosimento). Tutto ciò dimostra l’ampia cultura di Giovanni Cappuzzo, intellettuale colto e raffinato, presenza<br />
forte e convincente nel settore delle arti visive, della letteratura e dei Beni Culturali e Ambientali. In una introduzione al<br />
catalogo degli artisti siciliani del 1995, citando l’opera di Jackson Pollock, The tradition of the new, considerava la tela<br />
del pittore come un topos fenomenologico, luogo degli eventi con le infinite variabili, come infinite sono le componenti<br />
della società. Compito del critico è allora quello di cogliere l’indecifrabilità del tempo, con tutte le problematiche insite,<br />
per poterle studiare e analizzare, spiegarle al pubblico… Nel dualismo arte-pubblicità, l’immagine diventa simbolo, contenuto<br />
virtuale, significante, forza manipolatrice. L’arte, in tale situazione, deve dimostrare la sua autonomia attraverso,<br />
punti, linee, texture ecc., e impadronirsi di una nuova spazialità e gestualità. Deve divincolarsi in un terreno difficile,<br />
manifestando un’esigenza esplorativa in quanto linguaggio avente la necessità di affidarsi al segno, al colore, alla grafia,<br />
come dimensione estrema di libertà: “In un tempo tragico come l’attuale in cui lo spazio del mondo è colmo di offese<br />
e di prevaricazioni dell’uomo sull’uomo e in cui il cerchio delle nostre idee s’impoverisce di nozioni e di convenzioni…<br />
il margine residuo della nostra libertà, in una dimensione da ultima spiaggia, è costituito dall’arte, come unico spazio<br />
vitale”. L’arte contemporanea, spia-testimone della situazione attuale esprime uno sconvolgimento strutturale di<br />
matrice psicologica e morfologica dove la frantumazione dell’essere, dell’unicum accademico, porta alla frantumazione<br />
del sapere, al caos, alla sfaccettatura culturale (e quindi storica)… alla psicanalisi, alla crisi odierna: l’uomo esplora il<br />
mondo interrogando se stesso, il proprio io, inerpicandosi verso ritmi sconosciuti.<br />
Giovanni Cappuzzo, uomo semplice, professionista scrupoloso, amante d’arte autorevole, coscienza critica e morale<br />
del nostro tempo, pur consapevole della crisi generazionale, non si arrendeva a tutto ciò e apriva sempre il suo cuore<br />
alla speranza, ai valori civili e spirituali…“Voglio sperare che i nostri sogni non diventino merce di scambio e che ci sia<br />
riservato uno spazio per vivere con la nostra fresca capacità di determinazione e d’eccitazione”.<br />
Fabrizio Costanzo / Galleria Il Cenacolo – Palermo, 22 gennaio 2004<br />
(da un intervento/relazione al simposio sul critico d’arte Giovanni Cappuzzo)