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FABRIZIO COSTANZO WORK IN PROGRESS 1

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TRACCE CHE NON SI CANCELLANO<br />

Quello che rimane indelebile nella memoria dell’anima è l’idea che i sogni e la realtà, i rumori ed il silenzio, l’ordine ed il<br />

disordine possono convivere, al di là della storia e della “Storia”, e dare un senso a questi attimi – ora forti ora deboli –<br />

che si susseguono e che sono il noi che rimane. Sono queste le tracce che le opere di Costanzo e Pintaudi hanno lasciato<br />

dentro di me. Ed è un bene che tutto ciò nasca dalla perplessità, anzi con la perplessità, di due stili, dei relativi<br />

temi, che non si assomigliano, che si respingono quasi. Perché, dopo, ti accorgi che non è così, che una “traccia” non<br />

cancella l’altra, che la forza del loro insieme – non nel senso della commistione, ma della comunione – sta in quello<br />

che non si vede, nella epochè che permette il raccoglimento e suggerisce alla mente.<br />

Entrare nella pittura di Costanzo è come fare un sogno ad occhi aperti, trovarsi in un passato che è anche presente e,<br />

insieme, proiezione mitopoietica: la disciplina dei colori (non il blu della notte, non il giallo del sole, ma quel blu, quel<br />

giallo), l’ordine apparente degli oggetti (case, alberi, fogli di carta, vivi come solo ciò che “comunica”), la simbolicità<br />

evidente dei piccoli dettagli ricorrenti (un segno, oserei dire, montaliano dell’esistenza) danno la sensazione del viaggio<br />

ideale che non riesce a (non vuole) rinunciare del tutto alla realtà, ai sentimenti – percorso metafisico intriso di fisicità.<br />

Nell’arte di Costanzo nulla è gridato, ma come sussurrato e, per questo, lontana dall’oggi più volgare; nulla è freddo,<br />

ma, al contrario, tutto è pieno di amore: amore per ciò che rimane, ancora, nel naufragio del nostro tempo; amore per<br />

un passato che può essere di nuovo presente; amore per l’arte, infine, come ultimo baluardo, arma invisibile, agape. E<br />

così, l’arte di Pintaudi, nella sua estrema, violenta, fisicità, si integra con quella di Costanzo per il suo disperato tentativo<br />

di fissare l’hic et nunc, e di fissarlo con ironia, con il sorriso distaccato dell’occhio di un dio che crea e si diverte della<br />

sua creatura. Qui non ci sono colori pieni, linee ordinate, oggetti simbolici, eppure tutto quello che c’è, e che ha forma,<br />

parla una lingua vera, perché è tutto quello che viviamo, di cui siamo impastati, che ci piaccia o meno, “polvere fango<br />

olio acqua catrame fumo sangue (…)”, anch’esso traccia fissata in eterno dentro di noi.<br />

Francesco Scrima / Tracce - Sanpaolo Palace Hotel – Palermo, giugno 2008

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