30 RICERCA i punti che intercetta nell’ambiente ma anche i modelli tri<strong>di</strong>mensionali, acquisendo i dati della texture. Questo aspetto è fondamentale perché fa sì che venga restituito un valore materico, dato determinante per gli archeologi e gli antropologi che, grazie a un pdf in 3D e web-XR, potranno ruotare ad esempio le ossa, avere una visione a 360° e associarvi informazioni. L’osmosi tra la rappresentazione <strong>di</strong>gitale, l’antropologia, l’archeologia, la geomantica e l’integrazione dello sviluppo informatico, ci permettono <strong>di</strong> dar vita in ambiente immersivo VR-AR agli ambienti e resti <strong>di</strong>gitalizzati. Di associare ai modelli tri<strong>di</strong>mensionali <strong>di</strong>gitalizzati una serie <strong>di</strong> comportamenti ». Ovvero? « Quando parlo <strong>di</strong> oggetti interattivi virtuali, come ad esempio il femore, la vertebra o i se<strong>di</strong>menti, intendo che banalmente cliccandoci sopra potranno leggersi le informazioni su <strong>di</strong> essi. Potranno comprendersi anche le ricchezze dal punto <strong>di</strong> vista biologico e capire quello che c’era, che c’è e che poi non ci sarà. E fra <strong>di</strong>eci anni sarà importantissimo poter lavorare attraverso le stratigrafie e le <strong>di</strong>verse ere ». Tra i momenti che ricorda dell’ultimo rilievo laser, Banfi ne cita uno: « Per le operazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>gitalizzazione, ero l’unico che poteva stare dove sono ubicati i resti dell’uomo, il cosiddetto Abside dell’Uomo, un ambiente molto ristretto costellato da concrezioni calcaree, stallattiti e stalagmiti. Credo tra l’altro <strong>di</strong> essere la persona che – dati gli obiettivi <strong>di</strong> progetto – è stata più a contatto con l’uomo <strong>di</strong> Neanderthal. Mentre infilavo l’endoscopio nelle cavità oculari del cranio dovevo mantenere la mano la più ferma possibile senza entrare in contatto con i resti. L’obiettivo è applicare infatti un processo non invasivo: non ci sono carotaggi, prelievi, non intacchiamo in alcun modo i reperti ». Chie<strong>di</strong>amo a Banfi <strong>di</strong> raccontarci la sua prima <strong>di</strong>scesa nella grotta <strong>di</strong> Lamalunga: « La prima volta in cui mi sono calato, lungo buona parte del percorso, ero letteralmente circondato da quelli che, grazie a Elena Dellù, funzionario antropologo della SABAP <strong>di</strong> Bari e responsabile della tutela della grotta e del Neanderthal, ho scoperto essere resti faunistici datati a circa 40.000 anni fa. Si cammina sopra la Storia. La si attraversa. Sei in un’altra <strong>di</strong>mensione. Non hai percezione della realtà esterna, frenetica. A volte è buio, a volte c’è uno spiraglio <strong>di</strong> luce, percepisci i tuoi passi, ascolti la roccia o il se<strong>di</strong>mento che calpesti, ti muovi solo tra stalattiti e stalagmiti. In quel silenzio senti emergere il battito del tuo cuore ». A condurre in quel silenzio cavernoso Fabrizio Banfi, oltre al CARS (Centro Altamurano <strong>di</strong> Ricerche Speleologiche) è stata Elena Dellù della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio <strong>di</strong> Bari. Le chie<strong>di</strong>amo la genesi della collaborazione con il <strong>Politecnico</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong>. « Insieme alla <strong>di</strong>rigente Cacu<strong>di</strong> eravamo consapevoli del fatto che il progetto da portare avanti nella grotta <strong>di</strong> Lamalunga – ci <strong>di</strong>ce – richiedeva capacità molto elevate da mettere in campo, sia a livello <strong>di</strong> tecnologie richieste che <strong>di</strong> competenze scientifiche e <strong>di</strong> ricerca. A ciò, è da aggiungere la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> accesso alla grotta: non tutti se la sentono <strong>di</strong> entrare, quin<strong>di</strong> bisognava selezionare professionalità coraggiose in tutti i sensi, pronte a sperimentare. La grotta è unica al mondo perché è una sorta <strong>di</strong> contesto chiuso dal punto <strong>di</strong> vista archeologico e paleo-antropologico. Si conserva buona parte del corpo dell’uomo <strong>di</strong> Neanderthal e c’è poi una paleo-superficie con almeno 500 reperti faunistici, ma sono sicuramente <strong>di</strong> più ». L’approccio utilizzato è quello dell’archeologia globale, che estende lo sguardo alla grotta mettendola in <strong>di</strong>alogo con la superficie esterna grazie a rilievi con georadar, capaci <strong>di</strong> esplorare il terreno in profon<strong>di</strong>tà andando a rintracciare gli antichi accessi e raccontando come si siano chiusi nel tempo. « Potremo così capire da dove sia entrato l’uomo ma anche da dove sia entrata la fauna – spiega Dellù – e potremo scoprire in quali modalità gli uomini delle varie epoche hanno interagito con la grotta, utilizzando gli ambienti per scopi <strong>di</strong>fferenti. Sicuramente questa grotta, prima dei crolli e degli eventi naturali che l’hanno trasformata
RICERCA 31 PAOLO PETRIGNANI PER SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGIA, BELLE ARTI E PAESAGGIO PER LA CITTÀ METROPOLITANA DI BARI