MAP - Magazine Alumni Politecnico di Milano #13
Il Magazine dei Designer, Architetti, Ingegneri del Politecnico di Milano - Numero 13
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RICERCA 37<br />
A sinistra, Attilio Frangi<br />
Alumnus Ingegneria Aeronautica<br />
Direttore del DICA (Dipartimento <strong>di</strong><br />
Ingegneria Civile e Ambientale).<br />
Quali sono le fragilità dell’ambiente<br />
naturale e <strong>di</strong> quello costruito, e che<br />
interventi questi laboratori mettono<br />
letteralmente in campo? « In molte<br />
situazioni – risponde Frangi – per la<br />
natura dei materiali impiegati e per<br />
i limiti dei meto<strong>di</strong> costruttivi adottati,<br />
le infrastrutture dei trasporti,<br />
dell’energia, dell’acqua sono nella<br />
fase finale della loro vita utile. Sono<br />
nate cinquanta, cento anni fa e hanno<br />
bisogno <strong>di</strong> un rilancio che copra<br />
altri cinquanta, cento anni. Si parla<br />
<strong>di</strong> una vera e propria rigenerazione.<br />
Inevitabilmente le dobbiamo ammodernare<br />
o ad<strong>di</strong>rittura sostituire mentre<br />
le usiamo, poiché hanno una tale<br />
centralità nella nostra vita che non ci<br />
è possibile interromperne l’esercizio<br />
senza colpire la stabilità degli inse<strong>di</strong>amenti<br />
umani che ormai ne <strong>di</strong>pendono.<br />
A questa sfida impegnativa per<br />
gli ingegneri civili e ambientali se ne<br />
aggiunge un’altra: dobbiamo rigenerare<br />
gli asset infrastrutturali ricor<strong>di</strong>amoci<br />
che il mondo delle costruzioni<br />
è responsabile per circa il 40% delle<br />
emissioni complessive <strong>di</strong> gas serra.<br />
Le infrastrutture, non devono solo<br />
assolvere a un compito, ma devono<br />
essere sostenibili, e quin<strong>di</strong> integrate<br />
con le esigenze della comunità e del<br />
territorio sul quale insistono ».<br />
Visitando i laboratori si ha la sensazione<br />
che in queste sale si lavori al<br />
presente e al futuro panorama italiano,<br />
che si stu<strong>di</strong>no e si mettano alla<br />
prova scenari. « Un tempo si finanziava<br />
la costruzione <strong>di</strong> un’infrastruttura<br />
<strong>di</strong>menticandosi <strong>di</strong> prevedere cosa<br />
sarebbe potuto accadere al fine vita<br />
<strong>di</strong> questa – riflette Frangi – ed è il<br />
motivo per il quale oggi il nostro<br />
territorio è costellato <strong>di</strong> eco-mostri.<br />
Fino a poco tempo fa c’era chi progettava<br />
e chi protestava, e a una prima<br />
occhiata il nostro <strong>di</strong>partimento<br />
potrebbe contenere due anime <strong>di</strong>verse:<br />
da una parte i progettisti che<br />
sviluppano le strutture dall’altra l’anima<br />
ambientale, come fossero in<br />
contrapposizione. L’approccio oggi<br />
è cambiato anche a causa <strong>di</strong> tutte le<br />
trage<strong>di</strong>e vissute sulle nostre infrastrutture<br />
e queste due anime hanno<br />
collaborato fin dall’inizio in modo da<br />
rendere le infrastrutture, che sono<br />
necessarie e imprescin<strong>di</strong>bili, compa-<br />
tibili con l’ambiente naturale in cui<br />
viviamo ». Gli chie<strong>di</strong>amo un esempio<br />
concreto <strong>di</strong> queste sinergie: « Oggi un<br />
ingegnere civile non può non essere<br />
anche ambientale, o meglio, un<br />
team <strong>di</strong> ingegneria civile non può<br />
non includere tutte e due le presenze<br />
e lavorare collettivamente per la<br />
sostenibilità dell’infrastruttura secondo<br />
una logica <strong>di</strong> life cycle thinking.<br />
Si deve progettare una infrastruttura<br />
prevedendo sin dall’inizio tutte le<br />
fasi: costruzione, servizio, refitting,<br />
<strong>di</strong>smissione. Strettamente connesso<br />
a questo vi è il tema del life cycle assessment,<br />
che è una metodologia per<br />
valutare l’impronta ambientale <strong>di</strong> un<br />
intervento lungo il suo intero ciclo <strong>di</strong><br />
vita. A partire dalle fasi <strong>di</strong> estrazione<br />
delle materie prime costituenti<br />
il prodotto, alla sua produzione, <strong>di</strong>stribuzione,<br />
uso e sua <strong>di</strong>smissione<br />
finale, includendo la possibilità <strong>di</strong><br />
riciclo. Per citare uno dei tanti nostri<br />
progetti in corso, alcuni nostri gruppi<br />
<strong>di</strong> ricerca propongono il riuso <strong>di</strong><br />
fanghi da inceneritore che dopo un<br />
processo <strong>di</strong> inertizzazione e frantumazione<br />
possono essere riutilizzati<br />
in sostituzione degli aggregati e del<br />
cemento nel calcestruzzo, riducendo<br />
il consumo <strong>di</strong> risorse naturali e<br />
<strong>di</strong> cemento. E questo non solo per<br />
le infrastrutture civili ma anche per<br />
le reti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione delle risorse<br />
e nell’ambente naturale. Come<br />
esempi possiamo citare il riuso <strong>di</strong><br />
acque <strong>di</strong> irrigazione, o il recupero <strong>di</strong><br />
nutrienti da acque reflue. Un lavoro<br />
<strong>di</strong> questo tipo coinvolge competenze<br />
ambientali, competenze legate alla<br />
caratterizzazione geomeccanica del<br />
materiale inertizzato e competenze<br />
della meccanica dei materiali e delle<br />
strutture, nel momento in cui si<br />
valuta la fattibilità del loro riutilizzo<br />
come materiale da costruzione ».<br />
Chie<strong>di</strong>amo all’Alumnus Frangi <strong>di</strong><br />
delineare il tratto comune, che non<br />
solo fisicamente ma anche idealmente,<br />
avvicini tutte le figure presenti<br />
nei <strong>di</strong>versi laboratori. « Direi<br />
che il tratto comune è un tratto propriamente<br />
politecnico: l’ingegnere<br />
è poliedrico, e in questi laboratori<br />
emerge una fortissima multi<strong>di</strong>sciplinarietà,<br />
fondamentale per affrontare<br />
tematiche e problematiche altrettanto<br />
multi<strong>di</strong>sciplinari ».