Vecchio - 2011 - Il paesaggio nell'era della globalizzazione
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che opera sul <strong>paesaggio</strong>, ovvero il gruppo <strong>della</strong> Art in Nature che<br />
realizza le proprie opere prevalentemente in Europa. Questi artisti non<br />
solo agiscono senza macchine ma solo con il corpo, apportando<br />
interventi lievi sul <strong>paesaggio</strong>, ai limiti dell’invisibilità e in alcuni casi<br />
assimilabili addirittura a delle performances, ma si servono anche di<br />
materiali del luogo presenti nel periodo <strong>della</strong> realizzazione. Fra gli artisti<br />
più famosi ci sono, per esempio, l’inglese Richard Long, Hamish Fulton<br />
e Andy Goldsmith.<br />
Un altro paradosso <strong>della</strong> Land Art consiste nel fatto che queste opere,<br />
proprio per il fatto di essere precarie e di essere collocate in luoghi non<br />
facilmente accessibili sono visitate da pochi e necessitano, quindi,<br />
dell’arte <strong>della</strong> fotografia per essere conservate, trasformandosi così in<br />
immagini e subendo lo stesso degrado a cui è esposta la fotografia. Per<br />
questa ragione Paolo D’Angelo dopo essersi posto il problema <strong>della</strong> loro<br />
fruibilità afferma: «Un’arte che può concepirsi come esperienza, e non<br />
come immagine, può essere fruita esclusivamente come immagine, e non<br />
come esperienza» (D’Angelo P., 2001, p. 204). La Art in Nature, di cui<br />
la Harvest Art è una tipologia, comunque, nelle opere più recenti, per<br />
ovviare a questo problema ha cercato di concentrare i propri interventi<br />
all’interno di spazi più circoscritti e visitabili ricongiungedosi in un certo<br />
senso all’arte del giardino.<br />
Quello che in ogni caso emerge dalla Land Art o Art in Nature è la<br />
somiglianza di quest’arte <strong>della</strong> post-modernità alle prime opere<br />
dell’umanità, quasi come se la Land Art con le sue costruzioni<br />
gigantesche volesse riproporre il senso cosmologico delle antiche<br />
costruzioni megalitiche.<br />
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