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Il “re-do” di Nicolàu bastò ad aprirmi le ali e a farmi<br />
spiccare il volo. Abbandonai subito la carriola sul letame<br />
(sa carrètta subra eissu ladàmine) e in un baleno percorsi<br />
i duecento metri sull’erba bagnata e più alta di<br />
me. Saltai il muro della nostra tanca e sbucai sullo<br />
spiazzo dell’ovile di Nicolàu. Cantava col cuore, mentre<br />
con la mente sbrigava le sue faccende, come fanno i<br />
“buoni pastori”. Stava spostando il recinto della mungitura<br />
(sa mandra ’e mùlghere) e rinforzando la siepe<br />
dell’ovile (sa chesùbra de issu corràle).<br />
– Ciao, Gavinè! Come mai sei potuto venire qui?<br />
– Il babbo è andato via, a Sìligo. Oggi tocca a lui.<br />
– Ah... beh!... capisco....<br />
– Pòdese ingràta Glicèra<br />
su c’affìrmo deo negàre. 5<br />
Nicolàu, come d’abitudine, cantava e lavorava insieme.<br />
Sentirlo, ascoltare ed imparare il suo canto e i versi,<br />
era un piacere.<br />
– E tu non hai nulla da fare? Mi sembra strano che<br />
Abramo non ti abbia detto di fare qualcosa!<br />
– Sì. Debbo portar via un po’ di letame dae su corrale.<br />
– Eh, allora... non trattenerti molto.<br />
In su monte ’e Gennargéntu<br />
bogo sa robba a pàschere<br />
a sa asciàda ’e s’istèlla.<br />
5 Puoi ingrata Glicera / ciò che affermo io negare.<br />
100<br />
In su monte ’e Gennargéntu<br />
tra nois duos, bella,<br />
amòre deve nàschere<br />
dai custu moméntu... 6<br />
Per me non esisteva più nulla, né muriccioli né siepi:<br />
quel canto era tutto! Il letame poteva anche aspettare.<br />
Nella peggiore delle ipotesi avrei preso i soliti colpi.<br />
Temporale più temporale meno, ormai mi c’ero abituato.<br />
Meglio un piacere che cento malanni (mezzus unu<br />
gustu che chentu malànnos).<br />
La mattina così passò senza accorgermene, tra un<br />
canto e l’altro di Nicolàu.<br />
Sul tardi purtroppo mi venne un forte mal di testa.<br />
Gli ordini del babbo non li potei eseguire. Tentai di<br />
sforzarmi, ma le fitte alla testa mi toglievano ogni brio e<br />
dovetti accasciarmi sul letame. Quel giorno finì che<br />
avevo asportato solo cinque-sei carriole di letame. Verso<br />
le cinque del pomeriggio, il raglio poderoso di Pacifico,<br />
in lontananza, mi raggiunse agghiacciandomi e<br />
scaraventandomi nella disperazione. Cercai di reagire.<br />
Di recuperare almeno in quell’ultimo quarto d’ora. Le<br />
tempie mi stavano scoppiando. E inesorabilmente il<br />
<strong>padrone</strong> fece irruzione sullo spiazzo.<br />
Insistere era inutile. Mi trovò all’opera. Ma lavoro<br />
fatto non ce n’era.<br />
6 Sul monte Gennargentu / conduco il gregge a pascere / al sorgere<br />
della stella. // Sul monte Gennargentu / tra noi due, bella, /<br />
amore deve nascere / sin da questo momento...<br />
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