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causa della mia espressione ferina quando mi si comandava<br />
di presentarmi, destavano le risate anche dei miei<br />
compagni sardi. Emozionato ed intontito, quelle frasi<br />
sulla mia bocca sembravano versi di animali. L’unica<br />
cosa che mi sosteneva, ora che avevo deciso di far fronte<br />
alla situazione, era l’ardore di non darmi mai per vinto,<br />
come il montone nella sua lotta cozza e ricozza, finché<br />
spesso vince proprio quello più piccolo e più testardo.<br />
E se i miei compagni sardi rispondevano meglio di<br />
me e si sapevano presentare meglio di me riuscendo ad<br />
evitare qualche risata da parte dei caporali, io sapevo<br />
che ciò dipendeva solo dal fatto che erano più socializzati<br />
di me. Io, come qualche altro (in genere analfabeti,<br />
sardi, calabresi e meridionali, ma anche veneti) dovevo<br />
fare il buffo della situazione. Spesso quando mi si richiamava<br />
mi impalavo ben composto sull’attenti esprimendo<br />
bene i gesti, ma mi toccava rimanere con la bocca<br />
spalancata senza parola con tanto fiato e tanta rabbia<br />
in corpo una volta che avevo dichiarato solo il mio<br />
nome. La formula magica scompariva. Allora dovevo<br />
subire la violenza verbale dei caporali:<br />
– Imbranato! Mambruco! Beduino!<br />
– Signorsì! – era la mia conclusione.<br />
Le giornate si facevano sempre più movimentate. Le<br />
corse e gli esercizi sempre più difficili. Dove non si doveva<br />
parlare però, io andavo bene. Vinsi addirittura la<br />
corsa di 10 Km con lo zaino. La corsa era per plotoni e<br />
io giunsi primo e solitario dopo aver doppiato tutti i<br />
plotoni che mi precedevano alla partenza.<br />
Il giorno più bello era quando si prendeva la decade.<br />
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Soldi da casa non ne ho mai ricevuto al di fuori di qualcosa<br />
che dentro le lettere mi mandava mia madre.<br />
Si faceva la fila, tutti impazienti. E spesso dovevo subirmi<br />
gli insulti dei compagni, perché per fare la firma<br />
impiegavo molto tempo: – Dài! Ledda, ma quanto ci<br />
metti a fare uno scarabocchio? Non sai fare nemmeno<br />
la tua firma? Imbranato!<br />
Con quei soldi riscossi sotto l’incalzare dei compagni<br />
uscivo in libera uscita con gli amici sardi e mi era possibile<br />
vedere un po’ come era fatto il mondo: La Piazza<br />
del Palio e tutte le bellezze di Siena mi attraevano molto.<br />
E a Siena per la prima volta guardai in faccia il mondo<br />
ufficiale con i soldi dell’esercito. E sempre con quei<br />
soldi a branchi ce ne andavamo al casino e spesso ci mungevano<br />
per bene. Donne prima di allora, a parte la volta<br />
che con amici, sfuggito a mio padre, ero andato a Sassari,<br />
non ne avevo mai toccato. E Siena per questo pagò<br />
gli arretrati: quando ero libero la prima tappa era il casino.<br />
Prima, altro non mi era possibile né di fare né di<br />
vedere. Spesso, da solo una volta sbucato fuori dalla<br />
porta della caserma, salutata la sentinella, raggiungevo<br />
il casino a trottone e, se la mia preferita la trovavo libera,<br />
me la facevo con il fiatone, focosamente, come facevano<br />
thiu Diddhìa e thiu Antonìccu con le loro mogli.<br />
Così il CAR di Siena fu l’inizio della socializzazione<br />
del mio io cavernicolo.<br />
Dopo la metà del mese di ottobre, tutti i volontari furono<br />
destinati a Roma, per il corso di specializzazione.<br />
Ero contento di capitare a Roma. La trovai piena di tutto:<br />
stupenda e meravigliosa.<br />
Le cose per me purtroppo si misero male. Tutti i com-<br />
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