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Padre padrone - Sardegna Cultura

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La cosa era bell’e riuscita, al giovanotto. Rusigabèdra<br />

però, che era legato ad un alberello sullo spiazzo,<br />

continuava ad abbaiare incessantemente in direzione<br />

del gregge. Sull’istante, io credetti che volesse essere<br />

soltanto slegato. E così lo sguinzagliai e lo misi in libertà.<br />

Ma nell’ovile chi aveva veramente capito quanto<br />

stava accadendo era proprio il cane che, una volta<br />

sguinzagliato, si proiettò velocemente verso il gregge.<br />

Come una palla di fucile, ululando a testa china tra i<br />

cespugli, con i peli irti sulla schiena. Con furiosi latrati<br />

si avventò contro altri due giovanotti che avevano già<br />

raggiunto le nostre pecore e riuscì a scacciarli via.<br />

– Ma guarda questa gente! Ti volevano fregare qualche<br />

capo (calchi fiàdu), – fece il giovane cacciatore. E<br />

scomparve fingendo di riprendere la sua caccia.<br />

Le pecore non erano molto distanti dalla capanna:<br />

erano sotto i miei occhi. E così ho potuto vedere questi<br />

banditelli che una volta smascherati dal cane non osarono<br />

più far preda nel “mio” gregge e scomparvero anche<br />

loro dietro le querce. Certo per procurarsi una pecora<br />

da un’altra parte presso qualche ovile dove c’era<br />

un altro pastorello come me, che, forse, non aveva la<br />

fortuna di avere un cane come Rusigabèdra.<br />

Di solito banditelli di tal fatta erano servi pastori mal<br />

nutriti, a pane e acqua e raramente formaggio, brodaglie<br />

varie e latte, che in assenza del loro <strong>padrone</strong> si industriavano<br />

a procacciarsi una pecora tra i pastori del<br />

vicinato, a rotazione, per alternare il loro cibo abituale<br />

con una bella scorpacciata di carne arrosto. Il tutto dovevano<br />

fare con molta cautela. Questi servi pastori (custos<br />

teràccos pastòres), non potevano permettersi di es-<br />

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sere scoperti. La cosa avrebbe messo in cattiva luce l’onore<br />

del <strong>padrone</strong> di fronte alla gente, e avrebbe suonato<br />

come una inconfutabile testimonianza del fatto che<br />

li nutriva male. Spesso era proprio la condotta irreprensibile<br />

dei servi, a garantire al <strong>padrone</strong> il proprio<br />

prestigio sociale, che poi lui sfruttava come “copertura”<br />

quando compiva qualche grassazione. Inoltre i servi<br />

che venivano “scoperti” venivano “licenziati” e messi<br />

al bando dal loro <strong>padrone</strong>.<br />

L’episodio mi scosse. E in cerca di compagnia, una<br />

volta che il giovane “cacciatore” si dileguò anche lui<br />

dietro i cespugli, chiamai il cane che accorse veloce leccandomi<br />

le mani. Mi saltò addosso. E rizzatosi sulle<br />

gambe posteriori, mi avvinghiò e mi abbracciò con<br />

quelle anteriori. Mi leccò la faccia e le orecchie in segno<br />

di contentezza. Non riuscii però a reggere il suo peso e<br />

le sue impennate, sicché mi rovesciò a terra sull’erba.<br />

Andammo insieme quindi a fare un giro per il campo.<br />

Rusigabèdra ustava per i sentieri e i cespugli bagnati. Io<br />

lo seguivo. Di tanto in tanto gettavo un urlo nel silenzio<br />

interminabile e pauroso del bosco. Le mie urla e il fischio<br />

che modulavo, incitavano il cane a scovare le volpi<br />

dalle grotte, dalle forre e dalle macchie. Poi di quel<br />

silenzio, allora, avevo paura e il fatto che lo rompessi io<br />

stesso, anche se lo rompevo con un urlo in parte prodotto<br />

dalla paura, mi metteva coraggio. Così accadeva<br />

che la stessa paura che avevo di quel silenzio generava<br />

tramite le urla una costante di coraggio con cui riuscivo<br />

a vincere il terrore che quel silenzio mi incuteva con la<br />

sua interminabile monotonia.<br />

Ora ho appreso, per averlo vissuto, che un simile<br />

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