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Padre padrone - Sardegna Cultura

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allora, non avevo avuto familiarità. Lui abitava a Sìligo.<br />

Lo salutavo seccamente quando mi capitava di incontrarlo<br />

sulla strada bianca, come fosse un estraneo.<br />

Ora, però, che mi avevano messo la pulce nell’orecchio,<br />

mi sembrava una carta da giocare. Un bel giorno,<br />

così, la curiosità mi portò a casa sua. Stava ascoltando<br />

la radio.<br />

– Buon giorno, zio Gellòn.<br />

– Oh! Chi si vede! Come mai qui?<br />

– Mi hanno detto che conoscete la musica.<br />

– Beh, la musica la conosco. Una volta la conoscevo benissimo.<br />

Suonavo nella banda di Porto Torres. Poi ho<br />

conosciuto tua zia e Sìligo è diventata la mia residenza.<br />

Qui non ho più praticato.<br />

– Allora me la insegnate? A me piace suonare la fisarmonica.<br />

– È una cosa difficile. Ci vuole molta pazienza, molto<br />

tempo. Non è cosa da apprendere così per passatempo,<br />

dietro le pecore o lavorando, caro ragazzo. Non è uno<br />

scherzo. A imparare si soffre.<br />

– Ma a me piace molto. Il tempo lo troverò, a costo di<br />

studiarla di notte.<br />

– Non basta piacere! Ci vuole disposizione, costanza,<br />

ambiente. E molto tempo. E tu, tu devi lavorare. Vai,<br />

vai a lavorare. Tuo padre ti starà aspettando.<br />

Zio Gellòn mi congedò bruscamente. Non mi dette<br />

soddisfazione. Ne uscii demoralizzato, ripetendomi le<br />

sue parole: – Difficile, – Devi lavorare, – Disposizione.<br />

Quando mi comprai la nuova armonica a bocca, ci ritornai.<br />

Mi dissi:<br />

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– Voglio vedere che mi dice. Io gli suono quello che<br />

so.<br />

– Buongiorno zio.<br />

– Oh, salve! Siediti. Mi sto ascoltando la nazionale:<br />

Italia-Austria.<br />

– Che cos’è la nazionale?<br />

– È la squadra di calcio, formata dai giocatori più<br />

forti d’Italia. Sta giocando con la nazionale austriaca,<br />

ma non stiamo andando tanto bene. Sta pareggiando<br />

l’Italia. Ehh...<br />

– Sono venuto...<br />

– Sta finendo, aspetta.<br />

– Sì.<br />

– Allora??<br />

– Sono venuto a farvi sentire il ballo sardo che ho<br />

imparato proprio dietro le pecore. Quello che suono<br />

durante le pause del lavoro.<br />

– Beh! Beh! Fammi sentire.<br />

– Mfù, mfù, mfù, mfù, mfù / Mfù, mfù, mfù, mfù,<br />

mfù.<br />

– Ah ah aha! Bravo! E dove lo hai sentito?<br />

– La “fortuna”.<br />

– Ah!<br />

– Suono anche il piffero. Ce l’ho in tasca!<br />

– Suona, suona.<br />

– Pibiri, bibiri, bibiri, bibiribì / pibiri, bibiri, bibiri,<br />

biribì!<br />

– L’altra volta sono stato un po’ severo. Volevo vedere<br />

se la tua era un’intenzione seria. Molti ragazzi sono<br />

venuti qui con tanto entusiasmo, ma dopo due lezioni<br />

di solfeggio, non li ho più rivisti.<br />

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