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Padre padrone - Sardegna Cultura

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“Ma allora quella legge ora sono anch’io. Ho giurato<br />

di difenderla. Sono come gli ufficiali. Anche loro hanno<br />

fatto lo stesso giuramento.<br />

L’esercito difende quella legge. Dunque quella legge<br />

è anche l’esercito. Ma allora io sono un boia sociale.<br />

Debbo uccidere chiunque violi quella legge. Ecco che<br />

cosa sono diventato.” Diedi uno sguardo alla mia divisa,<br />

a quei galloni. Mi scossi, ma non potevo più togliermeli.<br />

Erano cuciti bene. Avessi potuto trasformarmi in<br />

servo pastore, in quel momento, lo avrei fatto subito.<br />

Mi sembrava che l’unica cosa più umana fosse quella di<br />

morire di fame e uscire al più presto da quella divisa.<br />

“Accettare la pagnotta per essere il servo di quella legge.<br />

Io non lo sapevo. Gli anziani... Bei consigli mi hanno<br />

dato. Ormai è troppo tardi. D’ora in poi, farò in modo<br />

di servirla il meno possibile, solo il tanto per non farmi<br />

sbattere dentro. La vita militare non mi interessa. Di ritorno<br />

a Sìligo, ora, non posso fare il radiotecnico. Il corso<br />

che ho fatto è una teoria e per imparare un mestiere ci<br />

vuole altro. I superiori ci dissero che l’avremmo imparato.<br />

Propaganda. La mia strada per diventare un uomo<br />

la troverò nello studio. E uscirò al più presto da questa<br />

palude di sangue venduto dove noi siamo le rane e i canti<br />

sono gli ordini ululati qua e là: concerti di pazzia.<br />

I miei compagni sono felici di essere dentro questa<br />

divisa. E qui tutti ti dicono: io sono un sergente, io sono<br />

un capitano. Va bene. Io strumentalizzerò questa divisa.<br />

Mi pagano e avrò i mezzi per studiare.”<br />

Tuttavia per me l’esercito rappresentò la prima fase<br />

di socializzazione. La vita con gli altri la conobbi lì e l’italiano<br />

ho incominciato a parlarlo come lingua dell’ar-<br />

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ma: come strumento per impormi alla truppa dando<br />

ordini e per eseguirli sottoposto ai superiori. Ora però<br />

il giuramento, la sua formula, mi squarciarono il velo:<br />

mi ero allontanato dai campi anche per divenire libero,<br />

per non sottostare più all’autorità di mio padre, e non<br />

per sottomettermi a un’altra autorità.<br />

E mentre questo strano processo di socializzazione<br />

per gli altri compagni non fu altro che un passaggio di<br />

subordinazione e di nuova sottomissione, per me ora<br />

che avevo già preso coscienza di poter divenire ancora<br />

diverso, quella socializzazione embrionale fu la scintilla<br />

della mia “rivoluzione”.<br />

Gli studi fatti con Ottavio e quelle nozioni che apprendevo<br />

piratescamente dai soldati per la caserma,<br />

sbloccarono una situazione che negli altri rimase avvolta<br />

dai gradi e dalle relative comodità che i gradi offrivano.<br />

La fortuna di incontrare soldati laureati e amici risvegliarono<br />

in me il desiderio di apprendere: i galloni<br />

non mi fagocitarono.<br />

Mi comprai i libri per la terza media e continuai a studiare<br />

sempre nel mio deposito, quando di notte tutta la<br />

caserma dormiva nella sua ignoranza sociale, quando<br />

la boria dei superiori era assopita, innocua come la fame<br />

delle cavallette sul pascolo che non possono mangiare.<br />

Di giorno, se non ero di servizio, rincorrevo qualche<br />

soldato “letterato”. Mi facevo spiegare la sintassi,<br />

la grammatica, la matematica: tutto quello che non capivo.<br />

Spesso queste reclute si scocciavano per la mia invadenza.<br />

Ero sempre un sergente, portavo un grado che<br />

alla truppa non va molto a genio. Alla fine, però, riusci-<br />

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