02.04.2013 Views

Padre padrone - Sardegna Cultura

Padre padrone - Sardegna Cultura

Padre padrone - Sardegna Cultura

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Tutta la realtà, dagli alberi ai picchi delle montagne,<br />

dalle rocce alle grotte, dalle pecore alle bestie, la rassomigliavo<br />

a persone o cose che io, occasionalmente, avevo<br />

visto altrove. A causa della solitudine, la natura per<br />

me rappresentava un “tu” indefinito: l’unico “tu” amico<br />

con cui poter comunicare senza vergogna né soggezione.<br />

Ogni particolare della realtà circostante mi evocava<br />

un nome che la animava e me la rendeva parlante.<br />

Thiu Pulinàri (un vecchio pastore del vicinato che vedevo<br />

occasionalmente mentre si abbeverava le pecore)<br />

era una roccia lontana che spiccava all’orizzonte su un<br />

monte. Su Gobbe (un povero gobbo che avevo conosciuto<br />

nella mia infanzia di Sìligo e che era divenuto tale<br />

sin da bambino a causa di una incornata di un montone)<br />

ora per me era un albero gobbo del nostro campo.<br />

Questa lingua intima tra me e la natura che, in fondo,<br />

era la lingua del silenzio, mi era divenuta naturale e<br />

familiare quasi la realtà fosse il silenzio e le cose fossero<br />

le sue parole. I nomignoli ed il “taglio” della realtà che<br />

io creavo o facevo all’unisono con quel silenzio, li usavo<br />

anche quando parlavo con mio padre. Gli denominavo<br />

le nostre bestie e le cose come esse parlavano a me<br />

nel loro silenzio.<br />

Così mio padre nei nostri discorsi si immedesimava<br />

nella mia fantasia creatrice senza difficoltà. Non aveva<br />

ancora dimenticato quella della sua infanzia solitaria<br />

vissuta negli stessi luoghi e nelle stesse condizioni. Anche<br />

lui forse aveva denominato persone e cose a furia di<br />

guardarle, ascoltandone il silenzio. La facilità con cui<br />

recepiva i nomignoli che io ingenuamente davo alle cose<br />

ed il modo con cui poi anche lui li usava con me, era-<br />

68<br />

no il segno di come aveva trascorso una infanzia simile<br />

alla mia e che ancora si trascinava nel suo intimo, nella<br />

sua mentalità di pastore temprato.<br />

Spesso facevo dei soliloqui. E a furia di star solo e di<br />

parlare con il mio intimo o con la natura tramite il silenzio,<br />

la parola per me stava perdendo importanza. La<br />

lingua e la gola (sa limba e sa ula), il fiato e le corde vocali,<br />

le usavo solo per emettere gridi ed urla contro le<br />

volpi. Così se all’improvviso mi capitava di dovermi<br />

esprimere nella “lingua sociale” con mio padre e peggio<br />

ancora con altri, mi trovavo impacciato. Non parlavo<br />

quasi mai. E anche se nelle vicinanze c’erano altre<br />

capanne ed altri ovili con i rispettivi pastorelli, non ci<br />

potevo andare. Mio padre me lo impediva. La tradizione<br />

lo proibiva. I padri non permettevano che i loro figli<br />

si incontrassero tra di loro. Avevano paura che si scambiassero<br />

i vizi e si distraessero lasciando il gregge incustodito.<br />

Se talvolta accadeva che noi pastorelli ci si incontrasse<br />

tramite sotterfugi o per caso e i genitori venivano a<br />

saperlo, erano botte furiose. Si aveva paura di incontrarci.<br />

E se casualmente l’uno doveva cadere sotto l’occhio<br />

dell’altro ci si metteva in fuga scappando lungo i<br />

muri di confine.<br />

La paura dell’incontro veniva alimentata anche dal<br />

fatto che quasi sempre tra i pastori del vicinato non<br />

correva buon sangue. Per un motivo o per un altro, si<br />

era sempre in briga. Di solito il motivo principale che<br />

ci inaspriva era il fatto che le pecore di uno sconfinavano<br />

o saltavano nel chiuso dell’altro (in su cunzàdu de<br />

s’àtteru). E per paura dei grandi, i piccoli dovevano<br />

69

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!