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sentito come un caprifico che vidi un giorno costretto a<br />
vegetare malamente sulla cima del campanile di un paese,<br />
o come quelle piante che hanno avuto la sfortuna di<br />
nascere sui nuraghi in mezzo alle pietre senza terra. Le<br />
radici fuori, all’aria, distese in una lotta incessante per<br />
immergersi in terra o sotto qualche pietra. Le branche<br />
rugose e senza linfa che sopravvivono alla morte. Anch’io<br />
ero seme sfortunato che un vento aveva scaraventato<br />
in terreno sterile sulle pietre e avevo le radici fuori<br />
dalla società, fuori dalla vita. In quelle condizioni tu allora<br />
ti guardi e hai quasi paura di te stesso. Senti vergogna<br />
del tuo stato. Il tuo essere nudo, le tue radici fuori<br />
dalla terra, ti fanno ribrezzo e vuoi sotterrarti, ma non vi<br />
riesci come quelle piante sventurate. E l’unica fortuna<br />
che hai rispetto ad esse sono le tue gambe: la fuga. Emigrare<br />
e immergerti nel serpente nero delle miniere allora<br />
ti suona libertà. Emigrare, nella tua desolazione, ti sembra<br />
l’unica arma da rivolgere contro l’ambiente e coprirti<br />
le radici: l’unica roncola per aprirti un varco nella<br />
selva impenetrabile quando alle spalle avanza un incendio<br />
furioso che ti sta per ardere e ridurti in cenere. Darti<br />
alla fuga, scampare e salvare almeno lo scheletro della<br />
tua esistenza e cercare di rimpolparla altrove, diventa<br />
naturale e spontaneo. Allora imprechi contro chimere<br />
inesistenti. Ogni pastore si spiega i propri mali quasi in<br />
modo metafisico, da fatalista. Tu credi che la colpa sia<br />
solo della terra sarda, delle sue montagne con le loro<br />
pietre e le loro querce, delle sue bellezze insomma.<br />
Inoltre la curiosità di vedere finalmente città e altre<br />
terre ti assale e ti eccita come vento a fuoco. Vedere come<br />
è fatto il mondo diventa un’attrattiva. La smania di<br />
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vedere al di là dell’orizzonte del tuo campo ti piomba<br />
addosso. Vuoi fuggire da quella selva dove non hai mai<br />
potuto pensare al di sopra della tua fame e della tua miseria.<br />
Sai di dover andare sotto terra, come un lombrico,<br />
a scavare il carbone, sempre tra la vita e la morte, ma<br />
non te ne importa nulla.<br />
Così insieme all’amico Gigi presentai domanda all’ufficio<br />
collocamento di Sìligo per emigrare in Olanda.<br />
Senza attendere molto ci avviarono a Sassari per la<br />
visita di selezione. I medici olandesi ci sottoposero ad<br />
una visita fisica accuratissima. I nostri muscoli non delusero.<br />
I nostri polmoni non potevano non rispondere<br />
bene. Noi eravamo incalliti in ogni parte e provati ad<br />
ogni sforzo. Atleti della zappa e dell’aratro. Avevan voglia<br />
a visitarci! Il nostro fisico era una locomotiva perfetta.<br />
La notte pernottammo a Sassari in attesa di altre<br />
visite per il giorno seguente. Tutti buttati alla meglio<br />
per terra come fossimo bestiame alla fiera, si trascorse<br />
la notte parlottando sul nostro futuro.<br />
– Chissà se ci prendono. Hee! Se mi prendono me ne<br />
volo! Là in Olanda! Mi hanno detto che le ragazze ci<br />
stanno con noi italiani.<br />
– L’ho sentito anch’io. Me l’ha detto Peppe che è partito<br />
due anni fa. Quando era in ferie quest’estate mi ha<br />
detto che si fa a beffa.<br />
– Madonna, ragazzi, con la fame che ho me le mangio<br />
tutte quelle olandesine. Farei come il nostro montone.<br />
– E poi avete visto come sono educati quei dottori.<br />
Quando s’accendono il sigaro non ti buttano mai i<br />
fiammiferi per terra. Non fanno come facciamo noi,<br />
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