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Padre padrone - Sardegna Cultura

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Dentro il siero ancora bollente mise le scodelle del formaggio<br />

già pressato bene dalle sue mani e dalle apposite<br />

pietre. A turbargli la concentrazione fu una gallina<br />

invadente. Da prima si limitò a cacciarla via (a la isuliàre,<br />

a la giagaràre) urlando e sbuffandole contro. Agitava<br />

i piedi seduto sullo sgabello e scuoteva le braccia<br />

senza togliere le mani dalla pezza del formaggio. Alla<br />

fine si mise in piedi con le mani sempre sulla pezza e<br />

tra uno – sciù sa bù! Siuuuu!! HUUU! Huaaa! – e l’altro<br />

si contorceva tutto. Si sfogava parlando alla gallina:<br />

– Te ne abusi perché ho il formaggio tra le mani: brutta<br />

bestia infame.<br />

La gallina dei suoi – sciù; sc, sc! – se ne fregava, nonostante<br />

fossero frequenti e concitati. Si allontanava, faceva<br />

un giro fuori dalla porta e ricompariva.<br />

– Maledetta bestia! Uààà! Sciuuuu! Puààà! prrrrr!<br />

rrrrr! sc, sssc! È per questa pezza. Altrimenti ti tirerei il<br />

collo. – Lui si dimenava in una ginnastica concitata con<br />

la bocca e il corpo, ma non c’era nulla da fare. La gallina<br />

era padrona della situazione. La sua invadenza lo urtò<br />

al massimo quando nonostante egli agitasse i piedi<br />

facendo acrobazie con il culo sullo sgabello di sughero<br />

e le sbuffasse contro il suo fiele e la sparasse con i suoi<br />

furiosi – sciù, sciuà, – si avvicinò al paiuolo e tra una<br />

beccata e l’altra si aprì nelle sue penne come un mantice.<br />

La gallina allora si scosse tutta starnazzando, sollevando<br />

un nembo di polvere: il nembo del temporale.<br />

Lui non si contenne più, la sua ira dilagò. Anche la pezza<br />

del formaggio rimase travolta e sepolta da quel nembo.<br />

Il <strong>padrone</strong> partì all’assalto.<br />

– Sciù sa bù. Una puddha cazzu. Sciù gallì (una gal-<br />

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lina, cazzo). Huuu! ti fóscigo su tuju (ti torco il collo).<br />

Furente uscì dalla capanna avvelenato come una belva:<br />

cane dietro la selvaggina.<br />

Alla gallina non restò che cercare scampo nella fuga:<br />

nella corsa per il prato esprimendovi i suoi disperati<br />

coccococcodèè! coccodè. Il babbo non la perse di vista<br />

e la rincorse armatosi fortuitamente di un bastone. La<br />

isolò dalle altre e nella corsa ansimante continuò la sua<br />

maratona senza tregua. Dopo qualche minuto il fiato<br />

incominciò a mancargli e le sue bestemmie, che inizialmente<br />

intronarono tutto, ora si stavano smorzando. La<br />

corsa però, era sempre accanita: una gara. Il babbo dietro<br />

e la gallina davanti starnazzando con le sue ali e levandosi<br />

in un volo incerto e vano, emettendo continuamente<br />

dal suo collo implume i suoi concitati coccococcodè.<br />

Per qualche minuto il bipede ebbe la meglio.<br />

Alla fine, però, le forze cominciarono a tradirla. La sua<br />

corsa divenne marcia stanca, avanzava a zig-zag sgusciando<br />

malamente tra i cespugli. Il babbo ora sembrava<br />

rinvenire e, anche se era stanchissimo, aveva energie<br />

bastanti per la cattura. Stava per prenderla. La gallina<br />

allora spinta dall’istinto di conservazione, giocò l’ultima<br />

carta: la sua stupidità senza senso. Tentò ancora gli<br />

ultimi passi sull’erba e, stanca e spossata, emise le sue<br />

ultime “grida”, come per crearsi un riparo e infilò il<br />

collo implume in un cespuglio, senza curarsi di nascondere<br />

il resto. Mio padre ansimante, ma inferocito più<br />

che mai, celebrò la sua vittoria raggiungendola. – Huuu!<br />

Huuuuu! Anima fea (ànima mala). – Così la calciò<br />

arrabbiato: un rigore mortale. La gallina cadde stramortita<br />

in mezzo all’erba. Lui le premeva il piede de-<br />

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