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Dentro il siero ancora bollente mise le scodelle del formaggio<br />
già pressato bene dalle sue mani e dalle apposite<br />
pietre. A turbargli la concentrazione fu una gallina<br />
invadente. Da prima si limitò a cacciarla via (a la isuliàre,<br />
a la giagaràre) urlando e sbuffandole contro. Agitava<br />
i piedi seduto sullo sgabello e scuoteva le braccia<br />
senza togliere le mani dalla pezza del formaggio. Alla<br />
fine si mise in piedi con le mani sempre sulla pezza e<br />
tra uno – sciù sa bù! Siuuuu!! HUUU! Huaaa! – e l’altro<br />
si contorceva tutto. Si sfogava parlando alla gallina:<br />
– Te ne abusi perché ho il formaggio tra le mani: brutta<br />
bestia infame.<br />
La gallina dei suoi – sciù; sc, sc! – se ne fregava, nonostante<br />
fossero frequenti e concitati. Si allontanava, faceva<br />
un giro fuori dalla porta e ricompariva.<br />
– Maledetta bestia! Uààà! Sciuuuu! Puààà! prrrrr!<br />
rrrrr! sc, sssc! È per questa pezza. Altrimenti ti tirerei il<br />
collo. – Lui si dimenava in una ginnastica concitata con<br />
la bocca e il corpo, ma non c’era nulla da fare. La gallina<br />
era padrona della situazione. La sua invadenza lo urtò<br />
al massimo quando nonostante egli agitasse i piedi<br />
facendo acrobazie con il culo sullo sgabello di sughero<br />
e le sbuffasse contro il suo fiele e la sparasse con i suoi<br />
furiosi – sciù, sciuà, – si avvicinò al paiuolo e tra una<br />
beccata e l’altra si aprì nelle sue penne come un mantice.<br />
La gallina allora si scosse tutta starnazzando, sollevando<br />
un nembo di polvere: il nembo del temporale.<br />
Lui non si contenne più, la sua ira dilagò. Anche la pezza<br />
del formaggio rimase travolta e sepolta da quel nembo.<br />
Il <strong>padrone</strong> partì all’assalto.<br />
– Sciù sa bù. Una puddha cazzu. Sciù gallì (una gal-<br />
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lina, cazzo). Huuu! ti fóscigo su tuju (ti torco il collo).<br />
Furente uscì dalla capanna avvelenato come una belva:<br />
cane dietro la selvaggina.<br />
Alla gallina non restò che cercare scampo nella fuga:<br />
nella corsa per il prato esprimendovi i suoi disperati<br />
coccococcodèè! coccodè. Il babbo non la perse di vista<br />
e la rincorse armatosi fortuitamente di un bastone. La<br />
isolò dalle altre e nella corsa ansimante continuò la sua<br />
maratona senza tregua. Dopo qualche minuto il fiato<br />
incominciò a mancargli e le sue bestemmie, che inizialmente<br />
intronarono tutto, ora si stavano smorzando. La<br />
corsa però, era sempre accanita: una gara. Il babbo dietro<br />
e la gallina davanti starnazzando con le sue ali e levandosi<br />
in un volo incerto e vano, emettendo continuamente<br />
dal suo collo implume i suoi concitati coccococcodè.<br />
Per qualche minuto il bipede ebbe la meglio.<br />
Alla fine, però, le forze cominciarono a tradirla. La sua<br />
corsa divenne marcia stanca, avanzava a zig-zag sgusciando<br />
malamente tra i cespugli. Il babbo ora sembrava<br />
rinvenire e, anche se era stanchissimo, aveva energie<br />
bastanti per la cattura. Stava per prenderla. La gallina<br />
allora spinta dall’istinto di conservazione, giocò l’ultima<br />
carta: la sua stupidità senza senso. Tentò ancora gli<br />
ultimi passi sull’erba e, stanca e spossata, emise le sue<br />
ultime “grida”, come per crearsi un riparo e infilò il<br />
collo implume in un cespuglio, senza curarsi di nascondere<br />
il resto. Mio padre ansimante, ma inferocito più<br />
che mai, celebrò la sua vittoria raggiungendola. – Huuu!<br />
Huuuuu! Anima fea (ànima mala). – Così la calciò<br />
arrabbiato: un rigore mortale. La gallina cadde stramortita<br />
in mezzo all’erba. Lui le premeva il piede de-<br />
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