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Padre padrone - Sardegna Cultura

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l’improvviso dal suo chiuso sulla strada balzò un pastore.<br />

Era Tonni. Mi sbarrò la strada. Fermò il mio somaro<br />

e mi portò nella sua capanna. Mi fece scaldare a distanza.<br />

Gradatamente. Mi offrì un bicchiere di latte tiepido<br />

con un po’ di sale. – Non avvicinare molto le mani e i<br />

piedi gelati al fuoco, se no sentirai un dolore tremendo...<br />

Bisogna disgelarli pian piano, anzi... anzi, infila le<br />

mani dentro il paiuolo, nel siero (intro su labiólu, in sa<br />

jotta). Stavo proprio facendo la ricotta quando ti ho<br />

sentito ululare come un cane smarrito... Come te le senti?<br />

– Ora ho caldo alle mani, ma, i piedi...<br />

– Tra un po’ non sentirai più nulla. Mah!... Non poteva<br />

andarci tuo padre a portare il latte? – mi disse chino<br />

attizzando il fuoco.<br />

– Sta potando la vigna e deve lavorare all’oliveto (est<br />

illistrènde sa inza e dèvede trabagliàre in issu oliàriu), –<br />

feci io rinvenendo dal freddo.<br />

– E già! Dèvede illistrìre sa inza! – continuò muovendosi<br />

per la capanna. Ben riscaldato, Tonni mi rimise in<br />

groppa sulla strada per Sìligo, mentre dalla bocca sbuffavo<br />

una striscia di vapore quasi palpabile. Questo per<br />

me fu un giorno fortunato. Quasi sempre mi toccava<br />

fare tutta una tappa. Arrivavo al caseificio congelato,<br />

tutto di un pezzo. Non ero in grado nemmeno di scivolare<br />

giù di groppa. I pastori lo sapevano. E appena arrivavo<br />

mi scendevano e mi portavano al fuoco dove si<br />

scaldavano le caldaie del latte (a issa furràzza).<br />

Spesso il viaggio andava anche peggio. Al congelamento<br />

in groppa, si aggiungevano altre complicazioni:<br />

le bizzarrie della vecchiaia della bestia. Il somaro era<br />

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“vizioso” e con me ne approfittava. Per sbarazzarsi del<br />

carico sfregava i cespugli e le piante dove passava.<br />

Spesso si coricava per terra nonostante mi aggrappassi<br />

disperatamente al basto e alla cavezza, o cadeva apposta<br />

per liberarsi del mio gelido peso. Io allora ruzzolavo<br />

per la strada e non mi restava che rimettermi in piedi.<br />

Piangere e urlare nella speranza che mi sentisse<br />

qualcuno. In tali circostanze, mentre la bestia si riposava<br />

sdraiata per la strada, ad aiutarmi era thiu Zirómine,<br />

il cantoniere. Per me allora era divenuto un protettore.<br />

Sulla strada lo incontravo sempre e mi aiutava<br />

per qualsiasi cosa.<br />

Un giorno sul rettilineo di Capiàna mi capitò una cosa<br />

di cui avevo avuto sempre paura. I carabinieri a cavallo<br />

che mi venivano incontro. La bestia andava piano<br />

piano di contro al ritmo sfrenato dei loro cavalli. Colto<br />

all’improvviso mi sentii come qualcosa che dovevo essere<br />

necessariamente catturato e preso da loro. Sulla<br />

groppa della bestia mi venne in mente un episodio di<br />

cui mi ero dimenticato o credevo di aver dimenticato.<br />

E quasi non fossi più sul somaro, le immagini di quel ricordo<br />

che andava affiorando mi assalirono. Durante la<br />

guerra, quando non avevo più di quattro anni, in base a<br />

un ordine di requisizione, i carabinieri irruppero in casa<br />

e senza chiedere né permesso né niente si misero a<br />

perquisire la casa.<br />

– Dove tiene le provviste, signora? – chiese il brigadiere.<br />

– Nel solaio, – rispose la mamma.<br />

Il brigadiere salì con i gendarmi e guardò la roba.<br />

– Prendete mezzo maiale. Qui ce n’è uno intero.<br />

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