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A convincere <strong>il</strong> Beregan ad intervenire deve essere stata<br />
anche la condizione sociale della popolazione, che doveva<br />
essere particolarmente misera ed al limite della<br />
sopravvivenza come è possib<strong>il</strong>e r<strong>il</strong>evare dalle cronache e<br />
dalle suppliche che venivano inoltrate alle più alte cariche<br />
della Repubblica Veneta affinché esentasse gli abitanti delle<br />
colture dal pagamento dei tributi.<br />
Questa situazione era determinata dagli oneri imposti al<br />
territorio, dall’aumento costante e veloce della popolazione,<br />
dalla scarsa produttività della terra per cui ne conseguiva un<br />
calo sensib<strong>il</strong>e e fatale del tenore di vita e delle infrastrutture<br />
sociali. L’economia era esclusivamente agricola e tutto ciò<br />
che si produceva veniva trasformato ed ut<strong>il</strong>izzato in seno<br />
alla comunità. La famiglia di tipo patriarcale, era sempre<br />
numerosa sia per <strong>il</strong> numero della prole, sia perché i figli<br />
sposati convivevano con i genitori, a causa della estrema<br />
povertà, sopportando disagi notevoli con un grande spirito<br />
di adattamento.<br />
Si ricordano episodi in cui <strong>il</strong> genitore ha ceduto <strong>il</strong> proprio<br />
letto al figlio sposatosi, ritirandosi nel fien<strong>il</strong>e; o ancora<br />
persone che alloggiavano negli ov<strong>il</strong>i, non avendo altra<br />
sistemazione. Eppure, nonostante questo, tutto aveva un<br />
suo ruolo ed una sua giustificazione. La comune povertà<br />
rendeva più sopportab<strong>il</strong>e la dura condizione e potenziava le<br />
doti di umana vicinanza e di mutuo soccorso. In tutti vi era<br />
profonda religiosità e grande abbandono nella Provvidenza:<br />
vivevano in semplicità e possedevano una serenità oggi<br />
introvab<strong>il</strong>e. Il tempo era scandito dai solenni rintocchi delle<br />
campane che puntualizzavano i momenti più significativi<br />
della giornata regolando le attività campestri inserite nel<br />
mutare delle stagioni.<br />
L’uomo era un tutt’uno con la terra, abbondantemente<br />
bagnata dal suo sudore per strapparle di che vivere. Essa<br />
veniva sfruttata con un lavoro pesante e paziente che<br />
richiedeva tutta la numerosa manodopera senza distinzione<br />
di età. Ad ognuno era attribuito un compito: ai più giovani<br />
l’accudire <strong>il</strong> bestiame al pascolo, ai grandi i faticosi lavori dei<br />
campi: rivoltare la terra a mano e con rudimentali aratri<br />
trainati da buoi, falciare l’erba, tagliare la legna per potersi<br />
riscaldare durante i mesi freddi.<br />
Neppure nella stagione in cui la terra si riposa, la gente<br />
si concedeva tregua, poiché proprio in questo periodo<br />
riparavano e preparavano gli attrezzi che sarebbero serviti<br />
in primavera ed in estate soggiornando a lungo nelle stalle,<br />
anche per ripararsi dal freddo.<br />
Se le giornate erano scandite dai rintocchi delle<br />
campane, le stagioni erano caratterizzate dalle ricorrenze<br />
agricole quali la semina, la raccolta del frumento e del mais,<br />
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