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<strong>il</strong> taglio dell’erba e della legna e la torta fatta in casa: pane<br />

vecchio a bagno nel latte, farina, raccolta dei frutti. Di tutto<br />

si faceva conto; tutto si ut<strong>il</strong>izzava con religiosa parsimonia.<br />

L’avarizia della terra veniva vinta dalla caparbia laboriosità.<br />

La tavola era quanto di più frugale si possa immaginare,<br />

quando naturalmente, vi era qualcosa da mangiare: la carne<br />

era un lusso, <strong>il</strong> pane bianco una rarità, <strong>il</strong> brodo un desiderio,<br />

la minestra di brodo un priv<strong>il</strong>egio riservato agli ammalati.<br />

Non c’è perciò da meravigliarsi se c’era un piatto, assai in<br />

voga, chiamato macafame: pane grattugiato, farina e sale<br />

impastati con 1’unto ricavato facendo cuocere le ossa del<br />

maiale e del cotechino. Il piatto, di alto contenuto calorico,<br />

veniva preparato in quantità tale da poterne offrire anche a<br />

persone al di fuori della famiglia che lo gradivano sempre.<br />

Che fosse particolarmente unto ce lo svela <strong>il</strong> ritornello con<br />

cui si soleva indicare <strong>il</strong> macafame: Onto, bisonto, sotto terra<br />

sconto, bon da magnare, cattivo da indovinare.<br />

In ricorrenze speciali si poteva assaporare la torta fatta<br />

in casa: pane vecchio a bagno nel latte, farina bianca,<br />

cannella, sale zucchero e lievito. Anche per questo piatto vi<br />

era un indovinello: Fogo sotto, fogo sora e in meso ‘na<br />

siora, cosa selo?.<br />

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