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Storia e Idealità Laico Socialiste Riformiste - Uil

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ampiamente e vorrei dire che qualunque racconto rischia di essere molto misero rispetto a quello che<br />

stato letto con così grande commozione da Marisa e da Leandro. È stato misero per chi è sopravvissuto<br />

e, devo dire, del tutto casualmente, perché onestamente a decidere se sopravvivevi o non sopravvivevi<br />

è stato essenzialmente il caso.<br />

Vorrei cercare soprattutto di dare il senso di quello che abbiamo fatto, e vorrei dire prima di tutto che<br />

il lavoro della staffetta è stato un lavoro molto pericoloso, perché è stato essenzialmente un lavoro<br />

solitario. Voglio dire che la staffetta non aveva praticamente nessuna copertura alle spalle, era sola, gli<br />

veniva dato un ordine e andava a realizzare questo ordine. Naturalmente, da quel momento in poi tutto<br />

dipendeva da te, dalla tua lucidità, dal tuo coraggio, dalla tua prontezza di spirito nel capire che cosa<br />

era più giusto fare, e questo non era semplice. E posso dire che non avevi dietro alle spalle chi ti<br />

consigliasse, il distaccamento minimamente organizzato, in cui vi fosse un comandante al quale, anche<br />

se aveva soltanto la tua età, 19-20 anni, erano state impartite le istruzioni, per cui aveva comunque<br />

un'idea su come comportarsi; tu non sapevi niente di niente e dovevi immaginare, inventare<br />

velocemente qual era la cosa più giusta da fare. Più giusta nel senso che poteva salvare la tua vita e<br />

quella della formazione che ti aveva chiesto di andare a fare questa esplorazione, questa missione.<br />

Devo dire che in quei momenti tu ti misuravi con te stessa e, di colpo, da ragazzina diventavi persona<br />

adulta, imparavi il senso di responsabilità. Ecco, il senso di responsabilità è stata la cosa più<br />

importante che abbiamo imparato nella guerra di liberazione ed è quello che almeno personalmente mi<br />

ha guidato in tutte le fasi successive della mia vita, in cui ho continuato a fare politica con le donne,<br />

politica per le donne. Senso di responsabilità personale e senso di responsabilità verso gli altri, verso il<br />

mondo, vorrei dire, con una parola che forse è troppo grande ma che riassume bene quello che noi<br />

sentivamo.<br />

Devo dire quindi che proprio per quello che abbiamo sentito, per il senso di responsabilità che<br />

abbiamo avuto e per il coraggio, la guerra di liberazione non avrebbe potuto essere – ha ragione Piero<br />

Boni – senza la presenza delle donne, senza questa possibilità di collegamenti, senza questa possibilità<br />

di attraversare posti di blocco che naturalmente i partigiani non avrebbero potuto attraversare, cosa che<br />

soltanto la capacità diplomatica delle donne, la capacità di invenzione delle donne riusciva a fare,<br />

perché lì veramente ti inventavi delle piccole scene, dei piccoli racconti che cercavano di essere il più<br />

possibile credibili, perché fossero accettati per buoni dai tedeschi o dai<br />

brigatisti neri, e quindi potevi passare.<br />

Perché non si poteva fare la guerra partigiana senza le donne? Perché –<br />

questo lo ricordo soprattutto alle ragazze di 19-20 che sono qui presenti,<br />

mentre i più adulti hanno sicuramente sentito parlare da padri, fratelli, nonni<br />

in che cosa è consistita la guerriglia - perché questa era la qualità della<br />

guerra partigiana, era una guerriglia, per cui le formazioni continuamente si<br />

componevano e si disperdevano. Perché le zone, per esempio le Langhe e il Monferrato, dove io<br />

operavo, erano circondate costantemente da tedeschi e brigate nere, che continuamente entravano<br />

muniti di carte molto raffinate e rastrellavano cascina per cascina, sentiero per sentiero. Ovviamente,<br />

c'erano momenti in cui i partigiani erano in grado di dare battaglia, facevano la scaramuccia e poi si<br />

ritiravano, e c'erano momenti in cui l'unica possibilità era nascondersi per ricomporsi. Voi capite che<br />

in questa situazione, se non c'era chi ricercava, rimetteva in contatto, ricollegava, contribuiva a<br />

riformare le formazioni, nessuna guerriglia avrebbe potuto essere.<br />

È per questo che noi abbiamo avuto una testimonianza di grande riconoscimento molto prima che gli<br />

storici lo facessero e riconoscessero il nostro come protagonismo, e non solo come contributo. Il primo<br />

riconoscimento l'abbiamo avuto proprio dai partigiani con i quali vivevamo, perché loro tra l'altro<br />

sapevano in ogni momento che noi non eravamo obbligate ad andare a fare la guerra. I ragazzi erano<br />

obbligati, in qualche modo, perché c'erano i bandi dei tedeschi, dei repubblichini, e se non si<br />

presentavano venivano dichiarati disertori, e i disertori venivano naturalmente fucilati, o deportati. Per<br />

noi non c'erano stati bandi, l'abbiamo fatto per tutte le motivazioni che qui sono state lette.<br />

Io credo che riconoscevano che era la prima volta che le donne come massa entravano in guerra, e ci<br />

entravano in quel modo, in prima fila; uscivano dal ruolo famigliare e si assumevano responsabilità<br />

militari, politiche, sociali fondamentali. È la prima volta che le donne entrano effettivamente nella<br />

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