Il suicidio della Destra - Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse
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Pappa e ciccia con il CAV (cialtrone ad alta velocità), e non ci tiene più a passare per l’erede<br />
politico e morale <strong>di</strong> Beppe. Per fortuna!<br />
Sarebbe davvero interessante scrivere la storia del MSI, <strong>di</strong> AN e del Pdl attraverso le mogli, i<br />
fratelli, i figli, i cognati, gli amanti e le amanti.<br />
Una storia minore dell’Italia parallela e imparentata.<br />
Forse un giorno, agli dei piacendo, mi verrà voglia <strong>di</strong> scriverla.<br />
Tutta, ma proprio tutta, con le rispettive "quote". (14 agosto 2010)<br />
“DONNA ASSUNTA”, INTRIGANTE E VOLGARUCCIA,<br />
LA SANTANCHE’ E QUELL’ACCORDO CON ‘GNAZIO<br />
Puntuali come i funghi dopo una giornata <strong>di</strong> pioggia ferragostana, ecco riapparire sulle pagine dei<br />
giornali, le due semi-icone <strong>di</strong> quella che oggi si autodefinisce destra. Raffaella Straman<strong>di</strong>noli, in<br />
arte “donna Assunta”, e Daniela Garnero, in arte “Santanché”. Per carità, contro Fini vanno bene<br />
tutti (e tutte), per il cavaliere con macchia e con paura (<strong>di</strong> finire in galera), e, naturalmente, per i<br />
suoi giannizzeri Feltri e Belpietro. Con contorno <strong>di</strong> Sallusti e Veneziani; quello che scriveva i<br />
<strong>di</strong>scorsi <strong>di</strong> Servello. Non che Fini non si meriti quanto gli sta capitando. Si é consegnato legato<br />
mani e pie<strong>di</strong> per troppi anni alla confortevole con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> signorsì, lodato, premiato e, nel<br />
frattempo, dossierato perché con B. vale solo il ricatto, quello subito e quello fatto. Ha compiuto<br />
sicuramente atti (politici) non commendevoli e commesso <strong>di</strong>sinvolte leggerezze che deve pagare,<br />
ma, Dio mio, da che pulpiti vengono le pre<strong>di</strong>che.... Raffaella Straman<strong>di</strong>noli é una vecchietta<br />
intrigante, petulante e volgaruccia che, a furia <strong>di</strong> sentirsi chiamare “donna Assunta”, a furia <strong>di</strong><br />
venire invitata in tv a <strong>di</strong>re banalità penose, ha finito veramente per credere <strong>di</strong> essere una gran dama.<br />
Eppure...... eppure, esiste anche un’altra storia <strong>della</strong> sua vita. Ci sono scritti, testimonianze, persino<br />
libri ormai quasi introvabili che ne descrivono un <strong>di</strong>verso passato. Secondo queste storie, per carità,<br />
tutte da provare, non sarebbe stata la moglie <strong>di</strong> un ricco nobile calabrese, come lei ha sempre<br />
sostenuto. Al contrario, il meschino, sarebbe morto povero in canna nella corsia <strong>di</strong> un ospedale <strong>di</strong><br />
Reggio. Non avrebbe ere<strong>di</strong>tato quin<strong>di</strong>, cospicue fortune con le quali acquisire la bella casa <strong>di</strong> via IV<br />
Fontane, la villa <strong>di</strong> Levico, quella <strong>di</strong> Baia Domizia e le altre cosucce per i figli del primo<br />
matrimonio, “amati” come propri da Giorgio Almirante. Ecco, appunto, Giorgio Almirante. Lo<br />
conobbe, secondo la versione ufficiale, dopo un comizio a Reggio Calabria e non lo avrebbe più<br />
abbandonato. Secondo la versione malevola, lo raggiunse invece a Roma, andando ad occupare un<br />
modesto appartamentino <strong>della</strong> Garbatella. Giorgio era già sposato e aveva una figlia. Una costante<br />
per i leader <strong>della</strong> destra: tutti casa e famiglia. Tanto é vero che il MSI si schierò ufficialmente<br />
contro il <strong>di</strong>vorzio......! Sta <strong>di</strong> fatto, che Giorgio, il quale fino al fatale incontro era il “profeta<br />
macilento”, sempre con la barba lunga, l’abito stazzonato e il colletto <strong>delle</strong> camicie liso e sporchino,<br />
si trasformò in un autentico damerino. Una vita costosa. Non poteva certamente bastare l’indennità<br />
parlamentare, che, oltretutto, a quei tempi, era alquanto modesta. Neppure i proventi dei <strong>di</strong>ritti<br />
d’autore sui suoi libri potevano essere cosi elevati. Io non lo so: posso soltanto ricordare un paio <strong>di</strong><br />
episo<strong>di</strong> che ho vissuto <strong>di</strong>rettamente. <strong>Il</strong> primo. Intorno al 1980, dopo la sciagurata scissione <strong>di</strong><br />
“Democrazia Nazionale” e dopo la sua <strong>di</strong>sfatta elettorale nel 1979, mi trovai per caso seduto<br />
sull’aereo che mi portava a Roma da Milano, accanto al senatore Gastone Nencioni, uno dei capi<br />
dei demonazionali. Non avevo mai avuto particolari rapporti <strong>di</strong> amicizia con lui, non ne<br />
con<strong>di</strong>videvo le posizioni politiche e, anzi, anni prima, in occasione <strong>della</strong> ribellione <strong>di</strong> Praga, avevo<br />
<strong>di</strong>retto una specie <strong>di</strong> assalto al palco del MSI, duranti una manifestazione, al grido <strong>di</strong> “Nencioni,<br />
Servello, borghesi da macello”, uno slogan parasessantottino adattato per la bisogna dalla destra<br />
giovanile ribellistica missina. Nencioni sembrava ansioso <strong>di</strong> sfogarsi, <strong>di</strong> giustificare il suo<br />
comportamento. Mi raccontò le fasi politiche che avevano preceduto e seguito la scissione e, dopo<br />
le spiegazioni alte, aggiunse quelle, per così <strong>di</strong>re, finanziarie. Almirante aveva voluto per sé anche<br />
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