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Il suicidio della Destra - Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse

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IL FRATELLO “MANGIA E RIDI”<br />

Siamo a Milano, all'inizio degli anni '90. Dalle parti <strong>di</strong> Piazza <strong>della</strong> Repubblica, in una trasversale <strong>di</strong><br />

via Vittor Pisani, apre un nuovo locale. Si chiama “Mangia e ri<strong>di</strong>”. E’ un ristorante con un bar dove<br />

si può andare anche dopo cena per bere qualcosa, incontrare amici, ammirare qualche bella ragazza<br />

forse <strong>di</strong>sponibile o, più semplicemente, per trascorrere qualche momento rilassante. <strong>Il</strong> cibo é buono,<br />

il risotto alla milanese ottimo, il vino, sapendolo scegliere, speciale. Lo aprono due amici: il primo<br />

con esperienza nel settore dei locali notturni, mentre il secondo, Maurino De Francesco,<br />

appartenente alla scuderia Me<strong>di</strong>aset, ha acquisito un po’ <strong>di</strong> notorietà con i film <strong>della</strong> serie “Sapore<br />

<strong>di</strong> mare”. Locale piacevole insomma, atmosfera <strong>di</strong>stesa, luci soffuse, la musica in sottofondo,<br />

favorisce la conversazione e il dolce cazzeggio. Poi, una notte, il socio <strong>di</strong> Maurino si schianta con la<br />

moto e muore. De Francesco ha bisogno <strong>di</strong> un nuovo socio e infine lo trova in Paolo Berlusconi. Da<br />

qual momento Paolo é lì tutte le sere, con amici, calciatori del Milan e ragazze vistose che aspettano<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare veline. Sta seduto al tavolo principale: doppiopetto scuro “gessato Palermo”, camicia<br />

blu, cravatta bianca e enorme sigaro cubano in bocca. Sembra “Al Capone”: invece é solo il fratello.<br />

(5 febbraio 2011)<br />

CARO SILVIO "CUORE D'ORO",<br />

PER FAVORE AIUTI ANCHE ME….<br />

Caro Silvio, mi perdoni se mi rivolgo a Lei in modo informale e confidenziale. No, non scrivo al<br />

Presidente del Consiglio, ma all’uomo Berlusconi, al grande “Tycoon”, al celebre cavaliere del<br />

lavoro, all’eccelso impren<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> successo, a uno degli uomini più ricchi del mondo, al citta<strong>di</strong>no<br />

dalle mille ville sparse ovunque, al raffinato esteta dalle impeccabili maniere. Voglio parlare al Suo<br />

cuore che é, <strong>di</strong>cono tutti, gran<strong>di</strong>ssimo e sempre particolarmente <strong>di</strong>sponibile. Almeno stando alle<br />

cronache <strong>di</strong> queste ultime settimane. Mi presento. Sono <strong>Tomaso</strong> <strong>Staiti</strong> <strong>di</strong> Cud<strong>di</strong>a <strong>delle</strong> <strong>Chiuse</strong>; ho<br />

appena compiuto 78 anni e, tutto sommato, sono in <strong>di</strong>screta salute anche se, quattro anni fa, ho<br />

subito una importante operazione al polmone. Sono stato in Parlamento per tre legislature tra il<br />

1979 e il 1992; ho fatto il Consigliere Comunale <strong>di</strong> Milano per venti anni e ho attraversato, nel<br />

corso <strong>della</strong> mia vita avvenimenti che sono finiti o finiranno nella storia. Purtroppo, per mia<br />

esclusiva colpa, in politica non sono riuscito a entrare in nessuna cricca e non ho potuto<br />

“monetizzare” la mia posizione. Me ne sono andato dal mio partito - vede la mia incapacità! -<br />

proprio alla vigilia <strong>della</strong> prima vittoria del centrodestra, dovuta alla Sua memorabile e mitica<br />

<strong>di</strong>scesa in campo in <strong>di</strong>fesa degli italiani onesti e contro quei barbari <strong>della</strong> sinistra e non ho pertanto<br />

potuto beneficiare dei vantaggi (ovviamente solo morali) <strong>di</strong> cui hanno invece copiosamente<br />

usufruito i miei ex camerati. Per giunta, quando ero in Parlamento, le donne erano pochine e non<br />

particolarmente attraenti, giovani e <strong>di</strong>sponibili. Ho letto negli ultimi tempi cose veramente cattive e<br />

indecenti su <strong>di</strong> Lei. I giornali <strong>della</strong> sinistra comunista: il “Corriere”, “Repubblica”, “il Fatto”, “il<br />

Sole-24 Ore”, “la Stampa”, “il Messaggero” e, ultimamente, persino “Libero” e le reti televisive del<br />

monopolio sovietico, L’hanno descritta come un vecchio partousaro bavoso che organizzava<br />

festarelle porno nelle Sue ville; uno che pagava ragazzine per non dover stare solo con quella perla<br />

d’uomo <strong>di</strong> Emilio Fede e con quell’autentico “Lord Brummel” che risponde al bellissimo nome <strong>di</strong><br />

Lele Mora. Sono persino arrivati a sostenere che Lei non ha classe, misura, stile, che si veste<br />

malissimo, che racconta barzellette vecchie <strong>di</strong> mezzo secolo, che esibisce ville, elicotteri, aerei e<br />

ricchezza con una pacchianeria degna <strong>di</strong> un parvenu brianzolo. Hanno ad<strong>di</strong>rittura ricordato che il<br />

Suo cognome compare per la prima volta nel romanzo <strong>di</strong> Piero Chiara (“La stanza del vescovo”)<br />

attribuito ad un personaggio, detto “Spadone” perché in Africa aveva subito l’evirazione ad opera <strong>di</strong><br />

selvaggi, e che suscitava (il cognome e il personaggio) irresistibile ilarità. Tutto falso naturalmente;<br />

messo probabilmente in giro da quella virago rossa <strong>della</strong> Boccassini. Io intuisco, so che Lei é un<br />

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