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Il suicidio della Destra - Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse

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Posso <strong>di</strong>re che Tatarella non aveva il feticcio del partito e dei simboli e che la famiglia Tatarella, nel<br />

senso dei suoi superstiti, ha seguito Fini dopo la rottura con Berlusconi.<br />

Pinuccio non amava sicuramente Berlusconi e, quando poteva, lo faceva anche capire. Essendo un<br />

politico puro non poteva <strong>di</strong> sicuro apprezzare l’antipolitica <strong>di</strong> B. Era un conservatore <strong>di</strong> matrice<br />

culturale meri<strong>di</strong>onale e immaginava che, se qualcosa doveva cambiare, ciò dovesse avvenire molto<br />

lentamente e, naturalmente, a vantaggio suo e <strong>della</strong> sua visione politica. Meri<strong>di</strong>onale e<br />

conservatrice.<br />

Tatarella era un politico puro. “Intellettuale <strong>della</strong> Magna Grecia”, secondo la famosa definizione<br />

che Gianni Agnelli <strong>di</strong>ede <strong>di</strong> Ciriaco De Mita, Pinuccio, o “Pinù” come lo chiamavano dalle sue parti<br />

in Puglia, all’inizio era stato seguace <strong>di</strong> Ernesto De Marzio. <strong>Il</strong> quale, a mano a mano che quel suo<br />

“poulain” salire i gra<strong>di</strong>ni <strong>della</strong> politica, malignamente ricordava a tutti: “Quello era il ragazzino che<br />

nella Federazione <strong>di</strong> Bari mi andava a comperare le sigarette”.<br />

Sotto la guida e l’ala protettrice <strong>di</strong> De Marzio – classe 1910, tra i fondatori del Movimento Sociale,<br />

vicesegretario del partito, per <strong>di</strong>eci anni capogruppo alla Camera dal 1969 al 1979, personalità <strong>di</strong><br />

spicco fino alla nascita <strong>di</strong> Democrazia Nazionale, sei volte deputato nel collegio Bari-Foggia -,<br />

Tatarella aveva percorso tutte le tappe dell’attivismo e <strong>della</strong> militanza missina. Era <strong>di</strong>ventato<br />

consigliere regionale e poi, com’è naturale, aveva pensato <strong>di</strong> compiere il salto verso Montecitorio<br />

conquistando un seggio alla Camera dei Deputati. Era il 1976. Per la campagna elettorale aveva<br />

inventato un colpo a sorpresa convinto che quella mossa lo avrebbe aiutato a vincere con quasi<br />

assoluta certezza la concorrenza <strong>di</strong> altri potenti can<strong>di</strong>dati. Si era fatto sponsor <strong>della</strong> can<strong>di</strong>datura <strong>di</strong><br />

un sacerdote, don Olindo Del Donno, un prete che per tutta la vita era stato fedele mussoliniano e<br />

<strong>di</strong>fensore <strong>della</strong> memoria <strong>della</strong> destra dopo “lo scempio <strong>di</strong> Piazzale Loreto”. Nella seconda guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale, come cappellano militare, Del Donno fu presente sui fronti <strong>di</strong> Albania, Jugoslavia e<br />

Russia. Venne decorato con la medaglia d’argento al valore militare sul campo nel fronte dell’Est,<br />

la croce <strong>di</strong> guerra al valor militare in Albania e tre encomi dal Comando d’armata. Dopo l’8<br />

settembre aveva aderito alla RSI e nel dopoguerra fu tra i primi sostenitori del nascente Msi.<br />

La scelta <strong>di</strong> can<strong>di</strong>dare quel sacerdote, ma più ancora la sua decisione <strong>di</strong> accettare <strong>di</strong> mettersi in lista,<br />

fece scalpore, proprio perché si trattava del Msi. “Aldo Moro - raccontò lo stesso Del Donno nel<br />

suo libro “Tre peccati e un deputato” - mi <strong>di</strong>sse: ‘Perché non vieni nella Dc? Diventi il don Sturzo<br />

secondo’. E io gli risposi: “Guar<strong>di</strong> che io sono nato così”. Era nato fascista, lo era rimasto, non<br />

aveva rinnegato la sua ideologia e il suo credo politco.<br />

Per quanto riguarda il clamore me<strong>di</strong>atico, Tatarella aveva visto giusto. Ad ampliare l’eco <strong>della</strong><br />

notizia arrivò la sospensione “a <strong>di</strong>vinis” del Vaticano contro don Olindo. Anche per questo la gente<br />

riempiva le piazze incuriosita, per vederlo e ascoltarlo. Tatarella si portava appresso in tutti i comizi<br />

quel “prete nero”, come lo avevano ribattezzato i giornali, ed era convinto che molta <strong>di</strong> quella eco si<br />

riverberasse su <strong>di</strong> sé. Risultato? <strong>Il</strong> sacerdote fu eletto - e restò deputato per un<strong>di</strong>ci anni, per quattro<br />

legislature -, Tatarella no. Ma si trattò solo <strong>di</strong> una pausa.<br />

In quello stesso 1976, in occasione <strong>delle</strong> elezioni anticipate, Pinù – dopo aver sbagliato i calcoli su<br />

Del Donno – <strong>di</strong>ede prova <strong>della</strong> sua intatta intelligenza, evitando saggiamente <strong>di</strong> suicidarsi con<br />

l’avventura <strong>di</strong> “Democrazia nazionale”. Fu la prima volta in cui “<strong>di</strong>subbi<strong>di</strong>” a De Marzio, il quale<br />

invece era uscito dal Msi insieme ad Alfredo Covelli, Raffaele Delfino, Mario Tedeschi, Enzo<br />

Giacchero, Giulio Cesare Graziani e Pietro Cerullo. Fu proprio De Marzio a capeggiare la scissione:<br />

giustificò quella scelta <strong>di</strong>cendo che era sempre stato “sostenitore <strong>di</strong> una destra democratica”.<br />

Tatarella, pur essendo perfettamente in linea con le posizioni <strong>di</strong> “Democrazia nazionale”, aveva<br />

capito che quella volta il suo “padrino” e referente politico stava commettendo un grave errore e si<br />

sganciò. L’allievo aveva visto giusto: l’esperienza <strong>di</strong> “Democrazia nazionale” si chiuse meno <strong>di</strong> tre<br />

anni dopo, nel 1979. Inevitabilmente quei “fuorusciti” confluirono nella DC e sparirono <strong>di</strong> scena.<br />

Tatarella, intelligenza politica a parte, aveva una grande dote: era un profondo conoscitore <strong>di</strong> tutta<br />

la geografia politica italiana del vecchio Msi. Abilissimo, non tralasciava alcun dettaglio per<br />

continuare a far accrescere in ogni angolo del partito simpatia e consenso nei suoi confronti. Ad<br />

esempio, quando interveniva a un convegno <strong>di</strong> questa o quella corrente, estraeva dalla borsa<br />

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