Il suicidio della Destra - Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse
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PARTE III<br />
DESTRA, OLTRE IL CAPOLINEA<br />
QUALCHE RIFLESSIONE (CATTIVA)<br />
SU UN ARTICOLO DI BUTTAFUOCO<br />
Pietrangelo Buttafuoco, il 29 marzo 2010, pubblica sul quoti<strong>di</strong>ano “<strong>Il</strong> Foglio” un<br />
articolo intitolato: “<strong>Destra</strong>, ultima fermata”. <strong>Il</strong> sottotitolo <strong>di</strong>ce: “L’impossibilità <strong>di</strong> fare<br />
futuro oltre il berlusconismo. Mentre la Lega vince imponendo la sua prassi”. L’articolo<br />
crea un grande <strong>di</strong>battito in rete, e mi induce a scrivere una risposta, che”<strong>Il</strong> Foglio”<br />
pubblica tre giorni dopo, il primo aprile. Cominciamo dall’articolo <strong>di</strong> Buttafuoco.<br />
“DESTRA, ULTIMA FERMATA”<br />
In principio fu la scoperta degli Hobbit, dopo <strong>di</strong> che gli altri cominciarono a scoprire “il noi”<br />
contenuto nella parte <strong>di</strong> mondo chiamata “destra”. Un modo <strong>di</strong> stare insieme secondo un alfabeto<br />
fatto <strong>di</strong> saghe, epiche, maghi, minuscoli guerrieri, foreste infestate <strong>di</strong> orchi e fiammeggianti sovrani<br />
<strong>della</strong> luce. Stupidaggini, forse. Proiezioni adolescenziali, magari. E tutto ciò fu rubato dalle pagine<br />
<strong>di</strong> Tolkien pur <strong>di</strong> non perpetuare il rancore <strong>di</strong> una pesante ere<strong>di</strong>tà: la sconfitta militare e un<br />
Dopoguerra eterno annodato al collo peggio <strong>di</strong> un cappio da cui penzolare nella certezza<br />
inamovibile dell’inutilità <strong>di</strong> stare al mondo. Figurarsi quanto utile, invece, per la destra, era quel<br />
tentativo <strong>di</strong> stare nella scena politica. Qualcuno ci lasciava la pelle. Era ancora il tempo in cui c’era<br />
il regime e l’arco costituzionale. Si faceva la lotta al sistema. Non era più sufficiente risolverla con<br />
la colla e il secchio dell’attacchinaggio. Bussava alle spalle <strong>della</strong> giovinezza – Giovinezza! – il mito<br />
più che capacitante <strong>di</strong> farla finalmente estetica, la battaglia politica: e giù con i Campi Hobbit,<br />
allora.<br />
Sono i raduni <strong>di</strong> una destra “anni Settanta”, non propriamente una replica <strong>di</strong> Parco Lambro, neppure<br />
una presa <strong>di</strong> Fiume, piuttosto un esperimento riuscito <strong>di</strong> “destra”: omunitari sti e non democratica,<br />
libertaria e non liberale, militante e non militarista, plurale e non occidentale, creativa e non<br />
museale e perfino anche musicale. Succedeva questo in Italia quando tutti, con faciloneria,<br />
pensavano fossero solo addestramenti paramilitari quelli dei Campi Hobbit dove, in luogo <strong>di</strong><br />
confrontarsi “con l’egemonia degli altrui para<strong>di</strong>gmi culturali”, poter sfoggiare Ray-Ban e scarpe a<br />
punta. Furono – insieme a tanti convegni e al proliferare <strong>di</strong> riviste intellettuali tra le quali Elementi e<br />
Diorama Letterario – l’apice <strong>della</strong> Nuova <strong>Destra</strong>. E qualcosa <strong>di</strong> ancora più nuovo, a destra, dopo<br />
quell’esperimento che vide in Marco Tarchi l’animatore e il leader, non c’è più stato. Fu l’unico<br />
momento in cui la destra entrò in un mondo dal quale si era da sempre “autoesclusa”.<br />
A maggior ragione con una “destra” al governo. Esclusa comunque. Nulla è mutato rispetto al<br />
passato. Per <strong>di</strong>rla con Tarchi, “la destra non sapeva partorire niente che andasse al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> una<br />
produzione intellettuale <strong>di</strong> seconda scelta, una sub-cultura (in termini gerarchici), come qualcosa<br />
che si collocava sotto il livello <strong>della</strong> cultura vera”. E ancora adesso, malgrado il governo del paese,<br />
è così.<br />
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