Il suicidio della Destra - Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse
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5 - QUELLA VOLTA CHE INCONTRAI<br />
GORIA E GLI DIEDI DUE CEFFONI<br />
La lettera <strong>di</strong> Goria sul <strong>Il</strong> Giorno <strong>di</strong> quel 19 luglio 1989 non l’avevo ancora letta. Fu un giornalista ad<br />
avvisarmi che c’era quella lettera nella quale il signor Nessuno con la barba, mi definiva<br />
“denigratore” e “<strong>di</strong>ffamatore” (e non era vero), e “soggetto da clinica psichiatrica”, giu<strong>di</strong>zio questo<br />
con<strong>di</strong>viso anche da colleghi del mio stesso Gruppo (e questo invece era vero). Letto il pezzo decisi<br />
<strong>di</strong> passare ad imme<strong>di</strong>ate vie <strong>di</strong> fatto non appena lo avessi incontrato.<br />
La sorte volle che l’incontro avvenisse <strong>di</strong> lì a poco, nel Transatlantico <strong>di</strong> Montecitorio. Lo vi<strong>di</strong><br />
attraversare il salone. Lo affrontai, e dopo essermi tolto l’anello con lo stemma <strong>della</strong> mia famiglia<br />
per non arrecargli danni fisici, ed apostrofandolo come “bancarottiere, peculatore, massone e<br />
verme” (tutte cose vere) gli mollai due sonori ceffoni.<br />
Se li prese e se li tenne.<br />
L’episo<strong>di</strong>o traeva origine dalla complessa vicenda <strong>della</strong> Cassa <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> Asti risalente al 1976<br />
che, proprio in questi mesi è, finalmente, arrivata nelle aule del Palazzo <strong>di</strong> Giustizia <strong>di</strong> Milano.<br />
C’erano voluti anni ed anni, (eravamo in altri tempi ed in altro clima) per far riemergere quello<br />
scandalo dalle tonnellate <strong>di</strong> sabbia sotto le quali era stato seppellito con la colposa connivenza <strong>di</strong><br />
settori <strong>della</strong> magistratura astigiana e le avevo tentate tutte, ma proprio tutte: dalle interrogazioni alle<br />
conferenze stampa, dai volantinaggi a Milano e a Asti (mi ero persino trasformato in uomo<br />
sandwich davanti a Montecitorio), alle denunce e alle querele.<br />
Ora, quella sua lettera a <strong>Il</strong> Giorno mi forniva una ulteriore ghiotta occasione per non far <strong>di</strong>menticare<br />
quei fatti.<br />
La mia, lo confesso, fu una azione fredda, lucida e preme<strong>di</strong>tata. Sapevo benissimo che correvo il<br />
rischio <strong>di</strong> passare per un violento (ed infatti il mio amico Mughini mi bacchettò simpaticamente<br />
dalle colonne de <strong>Il</strong> Giornale), ma mi fu fin troppo facile ricordare tutti i nobili precedenti che lo<br />
schiaffo vanta nella storia.<br />
Forse, l’unica vera ed autentica obiezione al mio gesto è venuta molti anni dopo da Vittorio Sgarbi<br />
che, con il gusto del paradosso che lo contrad<strong>di</strong>stingue, mi ha rimproverato per aver nobilitato, con<br />
quei ceffoni, una faccia che non lo meritava.<br />
Adesso il ragionier Goria (quello dei bolli <strong>della</strong> patente, <strong>delle</strong> vacanze alle Comore, <strong>delle</strong> tasse per i<br />
poveretti che non possono evaderle, <strong>della</strong> bislacca idea <strong>di</strong> tassare le autovetture ferme in strada <strong>di</strong><br />
notte) se ne torna alla Camera <strong>di</strong> commercio <strong>di</strong> Asti dalla quale è in aspettativa dal 1976. Non<br />
infierirò su <strong>di</strong> lui, non noterò che le sue <strong>di</strong>missioni sono tar<strong>di</strong>ve ed in stretta vicinanza con un avviso<br />
<strong>di</strong> garanzia (o un arresto?) per la vicenda dell’Ospedale <strong>di</strong> Asti.<br />
Se è un ladro, lo è come tanti e la cosa non può destare stupore. <strong>Il</strong> grave consiste, invece, nel fatto<br />
che uno incapace come lui possa aver fatto il ministro del Tesoro e persino il presidente del<br />
Consiglio. Per questo dovrebbero essere processati e condannati tutti quelli che gli hanno consentito<br />
<strong>di</strong> gonfiarsi come la classica rana <strong>della</strong> favola.<br />
Gli italiani, dalle Alpi alla Sicilia, accoglieranno con applausi convinti la sua uscita <strong>di</strong> scena. Io<br />
guardo a lui con sincera e profonda pietà. Pensate un po’: quando si prese gli schiaffi non sapeva<br />
neppure perché li stava prendendo! La lettera a <strong>Il</strong> Giorno, infatti, l’aveva scritta il suo addetto<br />
stampa, Tiziano Garbo, e lui, il ragioniere <strong>di</strong> Asti, non l’aveva nemmeno letta. (20 febbraio 1993)<br />
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