Il suicidio della Destra - Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse
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EPILOGO<br />
Di solito questo è il momento dei ringraziamenti. Li farò a modo mio.<br />
Un libro, bello o brutto, nasce da un insieme <strong>di</strong> impulsi. <strong>Il</strong> desiderio <strong>di</strong> <strong>di</strong>re quello che si pensa. Un<br />
pizzico <strong>di</strong> ambizione personale. La tenerezza verso i ricor<strong>di</strong> <strong>della</strong> propria vita. La nostalgia<br />
struggente per gli amici scomparsi. La voglia <strong>di</strong> mostrare nella loro vera luce persone camuffate da<br />
personaggio e fatti ignorati nella loro verità. <strong>Il</strong> tutto con<strong>di</strong>to, in maniera sacrosanta e umana, da<br />
risentimenti e umanissima cattiveria.<br />
La cattiveria! Fondamentale, essenziale per vivere, per amare e per o<strong>di</strong>are. E’ il pepe nella pietanza<br />
dell’esistenza.<br />
Come fai a non essere cattivo nei confronti <strong>di</strong> quelli che hai conosciuto e che vogliono sembrare<br />
<strong>di</strong>versi anche quando non sono altro che cialtroni? La loro finta pensosità nasconde il vuoto. <strong>Il</strong> loro<br />
attivismo maschera la loro stupi<strong>di</strong>tà. La proclamazione solenne <strong>di</strong> “valori”, ai quali per primi non<br />
credono, copre la loro meschinità.<br />
Abbiamo vissuto un lungo periodo durante il quale sbia<strong>di</strong>te comparse sono <strong>di</strong>ventate protagoniste.<br />
Non solo in politica. Ex-bari al tavolo da gioco (quello vero e quello <strong>della</strong> vita), elevati al ruolo <strong>di</strong><br />
giganti <strong>della</strong> finanza e del bon ton. Sciacquette da <strong>di</strong>scoteca trasformate in “pulzelle d’Orleans”.<br />
“Cacciaballe” <strong>di</strong>ventati, non si sa some, ricchissimi e, per <strong>di</strong> più, leader ascoltati come oracoli.<br />
<strong>Il</strong> paese (chiamarlo Patria o Nazione mi sembra francamente eccessivo) ha vissuto dentro una<br />
sbornia collettiva durata venti anni e dalla quale non si è ancora ripreso. Gli spacciatori <strong>di</strong> alcool<br />
adulterato girano ancora tra noi, si affacciano dagli schermi televisivi, blaterano dal parlamento,<br />
insinuano la loro nullaggine nelle coscienze.<br />
<strong>Il</strong> fatto decisivo è che li ho conosciuti personalmente quasi tutti e quin<strong>di</strong> ho avuto modo <strong>di</strong><br />
verificarne il vuoto morale. Li trovo dei remisiers <strong>di</strong> affari <strong>di</strong> cui raccolgono briciole appetitose, gli<br />
autocertificatori <strong>di</strong> una loro impossibile onestà.<br />
Della mia esperienza politica, <strong>di</strong>co <strong>di</strong> quella del MSI - autoproclamatosi destra e che, più o meno<br />
consapevolmente ha così aperto la strada al berlusconismo bottegaio, cialtrone e volgare - riesco a<br />
salvare solo alcuni personaggi. Autentici giganti, se confrontati con gli altri.<br />
Pino Romual<strong>di</strong>, sempre troppo solo e autonomo per <strong>di</strong>ventare segretario. Franco Petronio,<br />
intelligente e preparato, dotato del “phisique du role”, futuro segretario ideale ma vittima <strong>di</strong> se<br />
stesso e dell’alcool. Enzo Erra, un uomo tutto d’un pezzo dall’acume politico incre<strong>di</strong>bile. Beppe<br />
Niccolai, umanissima coscienza critica ed espressione <strong>di</strong> quello che con notevole approssimazione<br />
veniva sbrigativamente definito “fascismo <strong>di</strong> sinistra”.<br />
Nessun altro. O, meglio, solo alcuni, allora non <strong>di</strong> primissimo piano, che mi sono rimasti amici<br />
anche dopo la mia uscita dal partito: Umberto Croppi, Fabio Granata, Flavia Perina, Peppe Nanni,<br />
tutti coinvolti nella <strong>di</strong>sastrosa avventura <strong>di</strong> FLI. E poi, Duilio Vitali e Gianluca Bonazzi, i quali<br />
nutrono ancora la speranza <strong>di</strong> recuperare un clima politico che non c’è più e mai più potrà esserci.<br />
<strong>Il</strong> “berlusconismo”, prontamente accettato da quelli che si definivano fascisti duri e puri o da “terzo<br />
millennio”, in nome del potere e dei posti ha offerto un modello <strong>di</strong> vita, prima antropologico e poi<br />
politico, al quale costoro si sono adeguati con felina prontezza. Solo chi non li conosceva bene ha<br />
potuto pensare che potessero essere <strong>di</strong>versi e meravigliarsi oggi per quello che le cronache, più<br />
giu<strong>di</strong>ziarie e <strong>di</strong> costume che politiche, raccontano ogni giorno.<br />
<strong>Il</strong> fatto è che questi, al <strong>di</strong> là dei sol<strong>di</strong> e dello stile <strong>di</strong> vita, sono rimasti dei morti <strong>di</strong> fame nell’animo.<br />
Puoi non avere una lira ed essere un gran signore. Oppure avere una montagna <strong>di</strong> quattrini e<br />
rimanere un pezzente.<br />
E’ cambiata l’antropologia italiana. L’ha cambiata Berlusconi prima attraverso i suoi modelli<br />
televisivi e poi con la sua politica. Pacchiana, volgare, urlata, esibizionista, sloganata, epidermica,<br />
verbosa, furfantesca, furbesca, smodata e, sostanzialmente, ributtante.<br />
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