Il suicidio della Destra - Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse
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GIULIANO FERRARA E IL RICORDO<br />
DI QUELLA GOLIARDICA SCOMMESSA<br />
DI BESTEMMIARE DAVANTI AL VESCOVO<br />
Giuliano Ferrara <strong>di</strong>verte e commuove nello stesso tempo. Non per la sua stazza (sarebbe una<br />
battutaccia scontata), non per il suo “Foglio” (sempre citatissimo perché fa fino), non per le sue<br />
bretelle rosse (bellissime) e neppure per le sue posizioni (capricciose ma legittime), ma perché da<br />
sempre la maledetta sensazione <strong>di</strong> prendere tutti per il culo. Vanitoso come una scimmia entra ed<br />
esce dalle <strong>di</strong>verse reti tv con la sapienza <strong>di</strong> chi sa dosare la propria immagine attizzando il senso<br />
dell’attesa.<br />
Si compiace <strong>della</strong> sua indubitabile intelligenza esibendo paradossi che sembrano <strong>di</strong>ventare scontati<br />
luoghi comuni. Ama rivolgersi a pochi ma pretende <strong>di</strong> essere capito da tutti e, se non lo capiscono, é<br />
colpa loro che non sono tanto bravi da cogliere le sue sublimi intuizioni. Chissà perché mi fa venire<br />
in mente un goliardo che nei primissimi anni cinquanta frequentava l’Università <strong>di</strong> Pavia. <strong>Il</strong> nome<br />
mi pare che fosse Marescotti, o Marescalchi, non ricordo bene. Originario <strong>di</strong> Sanremo, incallito<br />
fuoricorso, era noto per la sua inclinazione all’ateismo, alla bisboccia sfrenata e al libertinaggio<br />
praticato, per quel che consentivano quei tempi, fino all’ossessione. Un giorno si mise a letto nella<br />
sua stanzetta in affitto <strong>di</strong> studente e cominciò ad affermare che gli era apparsa la Madonna.<br />
Passavano i giorni e lui sempre lì, a letto, bianco e emaciato. In una piccola città <strong>di</strong> provincia quale<br />
allora era Pavia, la voce cominciò a <strong>di</strong>ffondersi e, <strong>di</strong> bocca in bocca, orecchio dopo orecchio, finì<br />
per arrivare anche al parroco <strong>della</strong> chiesa del rione dove stava. <strong>Il</strong> poverino lo andò a trovare e lui<br />
gli confermò le apparizioni. <strong>Il</strong> parroco riferì ai superiori e questi al vescovo <strong>di</strong> allora, chiamato<br />
“affettuosamente” dagli studenti molto irriverenti “più Carlo” per via <strong>della</strong> croce che precedeva il<br />
suo nome (Carlo, appunto) in calce ai manifesti <strong>della</strong> <strong>di</strong>ocesi. <strong>Il</strong> vescovo, dopo averci pensato su<br />
qualche giorno, decise <strong>di</strong> riceverlo. Lo prelevarono e lo portarono da Sua Eminenza che, con fare<br />
paterno e comprensivo, gli chiese <strong>delle</strong> apparizioni.<br />
“Quante volte ti é apparsa figliolo?”.<br />
“Sei o sette”.<br />
“Come era vestita?”.<br />
“Di bianco, con un mantello celeste, piena <strong>di</strong> luce”.<br />
“Ti sorrideva?”.<br />
“Sì”.<br />
“Ti ha mai detto qualcosa?”.<br />
“Sì, una volta”.<br />
“Che cosa ti ha detto?”.<br />
“Non so se posso. Non oso, Eminenza”.<br />
“Coraggio figliolo, dì pure”.<br />
“Non me la sento”.<br />
“Insisto!”.<br />
“.... Se lo <strong>di</strong>ce Lei....”.<br />
“Che cosa ti ha detto?”.<br />
E qui una brutta bestemmia. Insomma, aveva scommesso con gli amici che sarebbe riuscito a<br />
bestemmiare davanti al vescovo. Chissà perché, ma Giuliano Ferrara mi fa venire in mente quel<br />
Marescotti, o Marescalchi. (26 agosto 2011)<br />
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