ITALIA JUDAICA. Atti del I Convegno internazionale. Bari 18-22 ...
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in chiave fideistica fu interpretata la Guida da Anatoli, da Mosè da Salerno e,<br />
poco dopo, da Hillèl ben Semu'èl da Verona) non esprimeva soltanto le<br />
direttive <strong>del</strong>la corte fridericiana, ma veniva a coincidere con la propaganda<br />
ideologico-dottrinale, svolta dall'Ordine domenicano in Italia. Qui i domenicani,<br />
a differenza di quanto intesero fare per diffondere la fede tra gli ebrei di<br />
Spagna, trovarono proprio nella Guida <strong>del</strong> Maimonide e proprio nei suoi<br />
discepoli italiani, un alleato e dei collaboratori. La tendenza razionalisticomoderata,<br />
la volontà di conciliare fede e ragione, di contrapporsi ai nemici<br />
<strong>del</strong>la filosofia e di Aristotele e, nello stesso tempo, di accettare parzialmente<br />
l'averroismo, in quanto si considera possibile seguire l'interpretazione che Aver<br />
roè dava alla filosofia di Aristotele, senza che ciò fosse nocivo per le verità<br />
rivelate - in quell'epoca sono caratteristiche, a un tempo, dei maestri <strong>del</strong>l'ordine<br />
domenicano (primo tra tutti il massimo loro esponente, frà Tommaso<br />
d'Aquino) e dei seguaci <strong>del</strong>la scuola maimonidea in Italia. Visti in questa<br />
prospettiva si spiegano perfettamente gli indirizzi filosoficodottrinali, 0, meglio,<br />
propagandistico-ideologici di Mosè da Salerno intorno alla metà <strong>del</strong> Duecento<br />
e, poco più tardi, di Hillèl ben Semu'èl da Verona. Mosè da Salerno (m. 1279),<br />
alunno di Anatoli, commenta la Guida con intenti logico-nominalistici, e ne<br />
mette a raffronto la terminologia con quella degli scolastici cristiani. Il lavoro<br />
esegetico sulla Guida viene svolto in collaborazione col domenicano Nicolò<br />
da Giovinazzo, e con i maestri che erano attivi nello Sbudium napoletano;<br />
tra gli altri 'suoi interlocutori troveremo Pietro d'Ibernia, il maestro di ,logica<br />
di Tommaso d'Aquino. Lo scopo di questa collaborazione, che è favorita dalla<br />
corte, ma che, poco dopo, all'epoca di Hillèl, sarà favorita anche dalla Curia,<br />
è ben chiaro: si ricercano nella Guida spunti, soluzioni e soprattutto una<br />
metodica esegetica da applicare alla Scrittura, soluzioni e metodica capaci di<br />
promuovere nei circoli dei clerici e nell'ambito <strong>del</strong>le Università, un aristotelismo<br />
moderato e, per così dire, fideistico, equidistante dal rifiuto totale <strong>del</strong>la filosofia<br />
o dall'accettazione <strong>del</strong>le conseguenze estreme che avrebbe imposto un'aver<br />
roismo ortodosso e consequente.<br />
Chi rappresenterà nella forma più piena questo indirizzo e ne accentuerà<br />
il camttere moderato {si badi bene un indirizzo chiaramente italiano) sarà<br />
Hillèl ben Semu'èl da Verona, che nelle sue Retribuzioni <strong>del</strong>/'anima (Tagmulè<br />
ha-nèfeJ) inserirà ampi brani <strong>del</strong> De Unitate Intellectus contra Averroistas di<br />
Tommaso. Hillèl, nell'interpretare la Bibbia, userà soluzioni tomistiche, e si<br />
servirà <strong>del</strong>la dottrina <strong>del</strong>l'anima tomistica per aggiornare e controbattere le<br />
tesi averroistiche che, postulando un unico Intelletto, possibile e separato, Uno<br />
e universale per l'umanità tutta, venivano a negare la sopravvivenza <strong>del</strong>l'anima<br />
individuale dopo la morte. Trasferitosi da Capua a Forlì nell'ultimo scorcio <strong>del</strong><br />
secolo- Hillèl che lo, paradossalmente, il primo tomista ebreo, combatte, sul<br />
piano ideologico-politico, a favore di Mosè Maimonide, pur intendendo smor<br />
zare alcune conclusioni eccessivamente razionalistiche a cui era giunto il Maestro.<br />
Così si troverà a dover fronteggiare tanto -l'estremismo anti-filosofico<br />
dei circoli ortodossi francesi che facevano capo a Salomone Petit, quanto gli<br />
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averroisti estremisti ed ortodossi, ebrei e non ebrei, che tra il 1270 e il 1280<br />
avevano portato lo scompiglio ideologico nelle Università e nei circoli clericali.<br />
* * *<br />
Sempre nell'ultimo scorcio <strong>del</strong> tredicesimo secolo nasceva la scuola romana,<br />
che, ai suoi inizi, si trovò in polemica con Rabbì Hillèl. Scuola che ebbe<br />
come fondatore e maestro Zerahijàh ben Sealti'èl Hen, attivo a Roma dopo<br />
il 1280; qui egli fondò una scuola maimonidea. La tradizione ideologico-culturale<br />
degli ebrei di Roma, fino a quel momento·, aveva mantenuto un carattere<br />
nettamente italiano; ruotante intorno alla famiglia degli 'Anavìm (<strong>del</strong>li Mansi),<br />
l'élite culturale romana si era occupata soprattutto di esegesi talmudica e di<br />
poesia liturgica. Per i ricchi banchieri romani la filosofia, lo studio sistematico<br />
<strong>del</strong> Trivio e <strong>del</strong> Quadrivio, erano una novità. Per costoro Zerabijàh, emigrato<br />
a Roma dalla Spagna, traduce buona parte dei commenti di Averroè al Corpus<br />
aristotelico, e da Zerahijàh i giovani alunni romani <strong>del</strong> Maimonide impareranno<br />
a commentare la Bibbia in chiave filosofica" secondo la tradizione e i metodi<br />
che erano già stati di Semu'èl lbn Tibbòn, di Anatoli e di Mosè da Salerno.<br />
Ma - data l'educazione speculativa ricevuta in Spagna - essendo meno<br />
vincolato a un'aristotelismo scolastico di quanto lo fosse il suo antagonista e<br />
interlocutore Hillèl, Zeral;ijàh, nei suoi commenti filosofici al Iibro di Giobbe<br />
e ai Proverbi, pur aderendo a molte tesi averroistiche, ripropone senza appa<br />
rente contr.asto i vecchi motivi <strong>del</strong>la metafisica neoplatonica ed emanatistica,<br />
quali l'ipostasi di una Scienza Divina, tramite la quale Dio creò il mondo,<br />
e una concezione <strong>del</strong> tempo che non sarà la misura <strong>del</strong> moto secondo il prima<br />
e il poi, come voleva Aristotele, ma che, neo-platonicamente, verrà definito<br />
il riflesso mobile <strong>del</strong>l' eternità immobile.<br />
Siamo ora testimoni <strong>del</strong> definitivo inserimento <strong>del</strong> gruppo più dichiara<br />
tamente italiano degli ebrei <strong>del</strong>la Penisola nella tradizione filosofica maimonidea,<br />
in un contesto capace di unire insieme, senza confini troppo netti e<br />
senza una perfetta consequenzialità, tomismo e aristotelismo moderato, averroismo<br />
e emanazionismo neoplatonico. Jehudàh e Immanuèl Romano e i<br />
loro immediati discepoli, adatteranno questa tradizione filosofica composita<br />
alle esigenze ideologiche <strong>del</strong>l'ambiente culturale italiano, entro cui operano.<br />
Soprattutto il primo - filosofo e soltanto filosofo - sembra ricostruire e<br />
ripetere il triangolo corte) clerici scolastici} ebrei dotti e traduttori, che aveva<br />
caratterizzato l'operare di Mosè da Salerno e di Anatoli, sul piano <strong>del</strong>le scienze<br />
fisiche, <strong>del</strong>la logica, <strong>del</strong>la speculazione astratta e <strong>del</strong>la propaganda ideologica.<br />
Se questi ultimi avevano trovato in Federico e in Manfredi dei patroni interessati<br />
alla realizzazione di una politica culturale ben precisa, e in Michele Scoto<br />
e in Nicolò da Giovinazzo dei collaboratori o dei partners che si servivano<br />
dei loro medesimi testi per diffondere una ideologia comune, sarà ora Jehudàh<br />
Romano a trovare un patrono in Roberto d'Anjou, re di Napoli, e una colla<br />
borazione ideologica e dottrinale con gli scolastici <strong>del</strong> XIV secolo operanti in<br />
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