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ITALIA JUDAICA. Atti del I Convegno internazionale. Bari 18-22 ...

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col greco, facendogli difetto una terminologia ebraica corrispondente. Non mi<br />

tratterrò ora su altri particolari, e accennerò soltanto a un personaggio che<br />

merita di essere ricordato per una caratteristica, quella di aver impiegato molti<br />

termini astrologici in italiano. Si tratta di Tanhum b. M6,eh da Beaucaire che<br />

traduce nel 1406, appunto in Italia, un diffso manualetto medico-astrologi-<br />

00 23 attribuito a Galeno, dove la prognosi viene fatta basandosi sulle sta­<br />

ziom <strong>del</strong>la luna nei segni zodiacali. Poiché l'originale era in possesso di un<br />

giovane medico cristiano di Castel Durante è probabile che la terminologia<br />

italiana nascesse dalla oollaborazione dei due personaggi, proprietario e tra­<br />

duttore. Due mss. vaticani infine, segnalati dallo Steinschneider, contengono<br />

opere di italiani: un trattatello sugli aspetti dei pianeti tradotto a Roma, nel<br />

1280, da Natan ha-Meati 24 e un trattato astronomico comnosto nel 1486 da<br />

Geremia K6hen da Palermo 25 .<br />

Che tra gli ebrei italiani vi fosse un interesse diffuso per l'astrologia,<br />

anche se questo raramente portò alla composizione di opere originali, può deM<br />

dursi dal fatto che !'importante opera Theorica plane/arum di Gherardo da<br />

Sabbioneta fu tradotta a metà <strong>del</strong> '400 da un medico Yi'hiidah ben Si'­<br />

mu'el Sal6m, su ordinazione dei due studiosi di astrologia Sabbi'tay b. Mor­<br />

di'kay da Sulmona e RHa'el ben Yil;aq da Faenza ", quest'ultimo forse in<br />

continuità con le tradizioni ' astrologiche <strong>del</strong>la sua terra, che era stata patria<br />

dei famoso Guido Bonatti, più volte nominato anche in scritti astrologici<br />

ebraici 27.<br />

* * *<br />

Lasciamo ora l'astrologia e rivolgiamo la nostra attenzione ad Abrahàm Abu­<br />

lafia, che, nonostante l'origine spagnola, possiamo considerare non estranea<br />

aH'I talia, non soltanto per avervi soggiornato a lungo e a più riprese e per­<br />

avervi composto varie <strong>del</strong>le sue opere, le non soltanto perché in Italia compì<br />

['atto coraggioso e spregiudicato, che lo ha reso famoso anche al di fuori<br />

<strong>del</strong>l'ambiente ebraico, di tentare la conversione di Niccolò III, ma soprattutto<br />

perché in Sicilia svolse la sua opera profetica e messianica che lo portò<br />

allo scontro polemico con Sel6m6h ben Adret. Vorrei parlare qui di due<br />

par-ticolari minori <strong>del</strong>la sua dottrina, che hanno un certo interesse per Je<br />

connessioni che presentano, rispettivamente, con dottrine cronologicamente preM<br />

cedenti e successive. Il primo riguarda la tecnica <strong>del</strong>la hazkiiriih, di cui mi sono<br />

2l Ibid., p. 666.<br />

24 Ibid.) p. 595 e anche p. 79 S5. V. inoltre C. BERNHEIMER, Catalogo dei manoscritti<br />

orientali <strong>del</strong>la Biblioteca Estense, Roma 1960, p. 42.<br />

25 STEINSCHNEIDER, Hebr. tJbersetzungen, cit., p. 542.<br />

26 Ibid., p. 632. Cfr. U. CASSUTO, Gli ebrei a Firenze nell'età <strong>del</strong> Rinascimento 2, Fi.<br />

renze 19<strong>18</strong>, rist. 1965, p. 263.<br />

'il M. STEINSCRNEIDER, Uber die Mondstationen (Naxatra) und das Buch Arcandam, in<br />

ZDMG, XVIII (1964), p. 195.<br />

292<br />

già occupato alcuni anni fa 28, consistente nei pronunciare il nome divino<br />

lettera per lettera, con tutte le vocalizzazioni possibili, e intercalando tra un<br />

suono e l'altro un numero fisso di respiri. Lo scopo comune a tutte le tecniche<br />

abulafiane, compresa quella più famosa detta Hokmat haMeruf J consistente<br />

nella permutazione grafica <strong>del</strong>le lettere <strong>del</strong> tetragramma, era quello di indurre<br />

nel praticante uno stato estatico in cui poteva manifestarsi, con la liberazione<br />

dalle catene corporee, il dono <strong>del</strong>la profezia. La tecnica suggerita da Abulafia<br />

per la hazkiirah si basa sulle alterazioni di carattere psico-nervoso che sono sem­<br />

pre connesse con le modificazioni prolungate <strong>del</strong> ritmo respiratorio e con la<br />

ripetizione continuata di un suono, di una parola 0- di una breve formula di<br />

preghiera. Interventi volontari di questo tipo su ritmi biologici che per loro<br />

natura sono 'automatici, favoriscono nei praticanti stati di essere anormali o<br />

alterazioni <strong>del</strong>la coscienza che possono andare da forme semiMipnotiche a stati<br />

di estasi. Si comprende perciò che un fatto <strong>del</strong> genere non è di per sé peculiare<br />

<strong>del</strong>l'ebraismo, o un'invenzione di Abulafia, ma si iscrive in un più ampio con­<br />

testo religioso-comparativo. A parte riferimenti di carattere puramente mortO' ..<br />

logico a tecniche orientali e ben note come il pranayama indiano, non c'è<br />

dubbio che un confronto con la preghiera esicastica e ancor più col q.;kr<br />

praticato nelle confraternite sunche mostra somiglianze molto precise e tali<br />

da far pensare che proprio ad esso si sia ispirato Abulafia durante i suoi viaggi<br />

in oriente. L'esame di alcune rispondenze particolari mi indusse a ritenere che<br />

Abulafia si fosse ispirato precisamente al metodo in uso presso la confraternita<br />

hallagiyya, così chiamata <strong>del</strong> nome <strong>del</strong> suo famoso fondatore <strong>del</strong> sec. XI, il<br />

mistico al - I:Iallàg. Se ciò sembra corretto da un punto di vista formale, resta<br />

tuttavia irrisolto il problema <strong>del</strong>l'intima relazione <strong>del</strong>la hazkiiriih con la tra­<br />

dizione mistica interna al giudaismo. Per Abulafia le lettere ebraiche, secondo<br />

una tradizione che risale almeno al Seler Yesiriih, sono gli strumenti di cui<br />

Dio si è servito per la creazione e pronunciando le lettere il cabalista fa dunque<br />

opera divina, anzi l'opera divina per eccellenza, compiendo, col ripetere questo<br />

atto primordiale, un'opera di autocreazione. Se a questo si aggiunge lo specifico<br />

valore magico connesso in generale ai nomi divini e in -modo <strong>del</strong> tutto partiM<br />

colare alle lettere <strong>del</strong> tetragramma, per cui il vero mago è colui che conosce<br />

la vocalizzazione segreta <strong>del</strong> Nome e sa servirsene, si vede come tutto ciò<br />

sia tipicamente e solamente ebraico. Purtroppo, però, i dati che abbiamo su<br />

tecniche di respirazione praticate nel giudaismo prima di Abulafia sono presM<br />

soché inesistenti. L'unico riferimento, piuttO'sto vago in verità, è ai testi <strong>del</strong>la<br />

gnosi ebraica e <strong>del</strong>la mistica <strong>del</strong>la Merkiibiih. Scholem riferisce di « pratiche »,<br />

non meglio identificate, grazie alle quali i mistici scendevano nella propria<br />

"interiorità e percepivano le dimore celesti come se le vedessero coi loro<br />

occhi" 29 e una testimonianza tarda <strong>del</strong> Gaon Bay ben Serira' (X sec.), sempre<br />

28 Annali di Ca' Foscari, Serie Orientale" VI (1975), pp. <strong>22</strong>1 .. 236.<br />

29 Major Tfends in ]ewish Mysticism, New York 1961 3, p. 49.<br />

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