32550 La Pianura 02/05 - Camera di Commercio di Ferrara
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CULTURA 107<br />
Il <strong>di</strong>pinto era ancora nell’ancona <strong>di</strong><br />
mezzo dell’Altar Maggiore della piccola<br />
chiesa, come conferma un altro ine<strong>di</strong>to<br />
inventario del 1671 nel riportare la citazione<br />
della tavola del “Signor Garofoli”<br />
(<strong>Ferrara</strong>, Archivio <strong>di</strong> Stato, Archivio<br />
Notarile Antico, Notaio D. Nalli, matr.<br />
1066, pacco 5).<br />
Nel frattempo Lorenzo Consumati, che<br />
risiedeva nella vicina Strada <strong>di</strong><br />
Belvedere o <strong>di</strong> S. Francesco (oggi via<br />
Savonarola) aveva lasciato, morendo<br />
nel 1633, una cospicua ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> 6000<br />
lire al convento: e dopo aver superato<br />
una serie <strong>di</strong> controversie legali con i<br />
suoi familiari, che si trascinarono per<br />
decenni, nell’acquisire finalmente l’ere<strong>di</strong>tà<br />
i Carmelitani decisero <strong>di</strong> investire il<br />
denaro ricevuto costruendo ex-novo<br />
una chiesa (quella quattrocentesca era<br />
considerata angusta) su un’area quasi<br />
prospiciente il palazzo dei Consumati,<br />
nell’angolo <strong>di</strong> via Praisolo e dove si trovavano<br />
le stalle <strong>di</strong> Casa Strozzi.<br />
Quin<strong>di</strong> la nuova struttura fu collegata, in<br />
un vasto quadrilatero, al retrostante exconvento<br />
<strong>di</strong> Gesuati, anche se venne<br />
del tutto rivoltato l’ingresso dell’antica<br />
chiesa, che non fu <strong>di</strong>strutta ma solo<br />
murata (oggi funge da sala da pranzo <strong>di</strong><br />
un albergo).<br />
<strong>La</strong> costruzione del nuovo tempio procedette<br />
laboriosa, su progetto del capomastro<br />
Giulio Panizza: nel <strong>di</strong>cembre<br />
1695 i Carmelitani acquistarono le pietre<br />
del palazzo Tassoni, appena atterrato,<br />
per riutilizzarle nella chiesa, che fu<br />
consacrata solo nel 1712 (in una lapide<br />
della controfacciata è un riferimento<br />
esplicito ai Consumati: “D.O.M. Templo<br />
<strong>La</strong>urentii De Consumatis Aere Constructo”).<br />
Nella nuova chiesa furono trasportati<br />
(oltre al corpo del Beato Giovanni) vari<br />
quadri dal precedente oratorio, fra cui la<br />
pala dell’altar maggiore, posta forse nel<br />
coro interno.<br />
Al <strong>di</strong>pinto del Garofalo dovette essere<br />
assai affezionata la famiglia Consumati,<br />
per una particolarissima forma <strong>di</strong> devozione:<br />
nell’inventario dell’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />
Giovan Francesco Consumati (1641),<br />
parente del succitato “benefattore”<br />
Lorenzo, risulta infatti “una copia <strong>di</strong> pittura<br />
del quadro dell’Altar magiore de’<br />
Padri <strong>di</strong> Santo Girolamo” (4).<br />
Ma nel 1728 i Carmelitani si videro<br />
costretti a vendere la pala del Garofalo,<br />
come risulta da un documento reperito<br />
qualche anno fa presso l’Archivio Storico<br />
Diocesano <strong>di</strong> <strong>Ferrara</strong> (Fondo S. Girolamo,<br />
4/T).<br />
Si tratta <strong>di</strong> un fascicolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci facciate,<br />
che precisa in modo inoppugnabile i<br />
termini della ven<strong>di</strong>ta del quadro, dagli<br />
storici sinora datata genericamente “a<br />
prima del 1750” e il prezzo esatto, che<br />
una nota scandalizzata delle famose<br />
“Vite de’ pittori... ferraresi” <strong>di</strong> Girolamo<br />
Baruffal<strong>di</strong> (nel I volume, alla pagina<br />
346) riconosceva erroneamente nel<br />
“vilissimo prezzo <strong>di</strong> otto scu<strong>di</strong>” (in realtà<br />
furono 75).<br />
I Carmelitani, forse a causa della costruzione<br />
ed abbellimento della nuova chiesa,<br />
avevano infatti accumulato vari debiti<br />
ed è proprio per “estinguere una parte<br />
<strong>di</strong> censo passivo” che chiesero al<br />
Vescovo <strong>di</strong> <strong>Ferrara</strong>, Tommaso Ruffo,<br />
l’autorizzazione a poter vendere il quadro<br />
del Garofalo, il quale si stava deteriorando<br />
e andava perdendo il gesso<br />
dell’imprimitura.<br />
Fu quin<strong>di</strong> pubblicato un e<strong>di</strong>tto il 6 ottobre<br />
1728 e in quasi due mesi l’unico<br />
acquirente che si fece avanti fu Lorenzo<br />
Rossi, pittore dalmata il quale viveva a<br />
Dresda, dove morirà nel 1731 e che era<br />
uno dei tanti consulenti artistici<br />
dell’Elettore <strong>di</strong> Sassonia.<br />
<strong>La</strong> sontuosa città tedesca sull’Elba era<br />
infatti la sede del principato sassone dal<br />
1485 e si arricchiva continuamente <strong>di</strong><br />
opere d’arte: per quanto riguarda l’aspetto<br />
“architettonico”, basti solo pensare<br />
alle bellissime vedute settecentesche<br />
lì realizzate dal veneziano Bernardo<br />
Bellotto.<br />
Per la pala <strong>di</strong> Garofalo il Rossi si <strong>di</strong>mostrò<br />
<strong>di</strong>sposto a versare 75 scu<strong>di</strong>, come<br />
rivela una sua <strong>di</strong>chiarazione autografa,<br />
datata 10 ottobre e allegata agli atti <strong>di</strong><br />
ven<strong>di</strong>ta.<br />
Il beato Giovanni da<br />
Tossignano con quattro<br />
Gesuati. <strong>Ferrara</strong>, Biblioteca<br />
Comunale Ariostea, Classe I,<br />
306.