Strada Maestra n.33 - Raffaele Pettazzoni
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all'acropoli, presenta una disposizione complessiva ricordante quella dei santuari in talune<br />
città greche, per es. a Tanagra, isolati dall'abitato [Pausania].<br />
Osserva ancora «con viva curiosità lo strano gruppo di costruzioni<br />
venuto alla luce nella località detta La Gàggera, specialmente quella che ben<br />
potrebbe chiamarsi un telestérion di Demeter da confrontarsi con quello ad<br />
Eleusi».<br />
Si propone di ristudiare quanto prima le «grandiose rovine» di Segesta<br />
«con la scorta delle opere di Koldewey e Puchstein».<br />
Oltre alle rovine dei sette templi, visita l'Acropoli e le due necropoli.<br />
Da Selinunte ritorna a Palermo e da Palermo in quattro ore e tre quarti<br />
raggiunge in treno Girgenti; lungo il viaggio, dopo un centinaio di<br />
chilometri, vede in lontananza Sutera (l'antica Camicus?) in gran parte<br />
distrutta nel settembre 1905 da una frana.<br />
A Girgenti, l'Akragas dei Greci, l'Agrigentum dei Romani (diventerà<br />
Agrigento con r.d. 16 giugno 1927), <strong>Pettazzoni</strong> visita, nelle vicinanze di<br />
Piazza del Municipio, il Museo, nel quale esamina, tra gli altri oggetti,<br />
l'Apollo arcaico in marmo e «in special modo due vasi con la<br />
rappresentazione del riconducimento di Hephaistos all'Olympo per opera di<br />
Dionysos». Su questi vasi si propone di ritornare, se potrà averne una<br />
riproduzione (chiederà l'interessamento del prof. Orsi per ottenerne una<br />
fotografia).<br />
Percorre poi la Via dei Templi soffermandosi ad osservare le rovine dei<br />
templi di Giunone Lacinia (denominazione erronea), della Concordia,<br />
d'Ercole, di Zeus e del santuario di Demetra e Kore.<br />
Da Girgenti, in treno, per Canicattì e Licata viaggia verso Siracusa.<br />
Si ferma a Terranova di Sicilia (verso la fine degli anni Venti riprenderà<br />
l'antico nome di Gela) per visitare i resti della colonia greca del VII secolo<br />
a.C. (distrutta dai Cartaginesi, successivamente ricostruita e di nuovo<br />
distrutta nel III sec. a.C), in particolare sull'acropoli i ruderi di due templi<br />
dorici dedicati ad Athena, uno dei quali, quello arcaico, messo in luce da<br />
Paolo Orsi in tempi recentissimi (1906-1907).<br />
Da Terranova raggiunge direttamente Siracusa; si reca in piazza Duomo,<br />
dove ha sede il Museo archeologico, per la cui visita <strong>Pettazzoni</strong> ha la guida<br />
più preparata ch'egli possa desiderare: il direttore, cioè il prof. Paolo Orsi (2)<br />
in persona (dopo la sua morte il Museo sarà intitolato al suo nome).<br />
Il Museo è perfettamente organizzato: esso presenta agli occhi del<br />
visitatore «chiarissimo lo svolgersi delle primitive civiltà nella Sicilia, nelle<br />
sue fasi successive: litica ('aborigeni'); presicula ('Sicani'); sicula I; sicula II;<br />
sic. III e sic. IV».<br />
<strong>Pettazzoni</strong> osserva con attenzione particolare il capitello cubico<br />
bizantino al centro della prima sala al piano terra, nella quarta sala i<br />
sarcofagi e le casse funerarie di Siracusa, Megara Hyblaea, Centuripe e il<br />
grande sarcofago decorato del VI sec. a.C. («mihi», cioè per me, segna nel<br />
Baedeker), nella quinta, al centro, la parte superiore d'una stele funeraria in<br />
forma di tempio (ancora «mihi»), lungo il muro di sinistra un elegante<br />
capitello in pietra calcare di Megara Hyblaea...; nelle sale 14,<br />
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