Strada Maestra n.33 - Raffaele Pettazzoni
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<strong>Raffaele</strong> <strong>Pettazzoni</strong>. «Lo stile tradisce l'uomo» esordisce don Trombelli; ma<br />
proprio lo stile, il periodare, il vocabolario di quelle righe non ci sembrano<br />
di <strong>Pettazzoni</strong>; tra l'altro esse non recano una firma, mentre <strong>Pettazzoni</strong>, di<br />
solito, si firma con nome e cognome.<br />
Quando sabato 11 gennaio i persicetani leggono le parole irate di don<br />
Trombelli (ricordano quelle di mons. Tabellini), <strong>Pettazzoni</strong> si sta preparando<br />
per intraprendere il viaggio in Grecia; anche per questo motivo,<br />
probabilmente, non lo degna di una risposta.<br />
Amesaspentas e Adityas (1907-1908)<br />
Pur impegnato nell'attività di promozione culturale dei persicetani,<br />
<strong>Raffaele</strong> <strong>Pettazzoni</strong> non trascura i suoi studi preferiti.<br />
Già durante gli anni universitari, alla scuola del Pullé, <strong>Raffaele</strong><br />
<strong>Pettazzoni</strong> ha studiato, oltre alla lingua sanscrita, la letteratura e la religione<br />
dell'antica India; forse allora ha incontrato per la prima volta tra gli dei<br />
vedici gli Adityas.<br />
Applicandosi all'indoeuropeistica ha esteso lo studio all'antica religione<br />
persiana (lo zoroastrismo e i suoi precedenti), ha letto dei passi dell'Avesta<br />
ed ha incontrato i santi immortali, gli Ameša-Spentas.<br />
Ora ripesca alcuni vecchi appunti e si propone di approfondire la<br />
questione dei rapporti storici fra Ameša-Spentas ed Adityas; è conservato<br />
l'appunto che trascriviamo:<br />
La traccia<br />
Aspetti degli Adityas<br />
Opinioni diverse Obiezioni<br />
Altra possibilità = questa è nel senso e nella tendenza degli influssi babilonesi + rapporti<br />
con gli Adityas.<br />
Per la letteratura avestica si avvale soprattutto del secondo volume di<br />
una storia della religione nell'antichità di C.P. Tiele tradotta dall'olandese in<br />
tedesco (Geschichte der Religion bis auf Alexander den Grossen, Gotha, 2,<br />
1903) e di scritti di L.H. Gray (in particolare del saggio The double nature of<br />
the Iranian Archangels, Archiv für Religionswissenschaft, 7 (1904), 345-<br />
372).<br />
Esaminata (o, almeno in parte, riesaminata) la letteratura sull'argomento<br />
(Hillebrandt, Pischel, Schröder, Roth, Darmesteter, Oldenberg, Barth,<br />
Gruppe...), si convince che alla base di queste figure mitiche vediche e<br />
iraniche stanno i pianeti (fa pensare ai pianeti anche il loro numero: 7); «e i<br />
pianeti fanno pensare a Babilonia» (è un'idea babilonese quella<br />
«dell'influsso astrale, dei corpi celesti influenti su l'andamento delle cose<br />
terrene»).<br />
Ammessa una trasmissione di elementi estranei o presso gli<br />
Indoirani non ancora divisi o presso gli Indi e gli Irani<br />
successivamente, <strong>Pettazzoni</strong> indaga «il processo storico che dovè<br />
presiedere al divenire degli Amesaspentas e degli Adityas» e<br />
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