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I grandi temi del diritto e del processo penale<br />

Wolfgang Frisch<br />

privazione – o, a seconda dei casi, della limitazione – della libertà personale. Per valutare se<br />

tale privazione sia idonea e necessaria, sono disponibili sufficienti conoscenze empiriche. La<br />

questione della proporzionalità in senso stretto, invece, che da un legislatore approssimativo<br />

– ed è proprio questo il caso – viene formulata quale mera “assenza di sproporzionalità”, in<br />

linea di massima potrebbe anche essere risolta in tal senso: innanzitutto si valutano le misure<br />

adottate e gli scopi da raggiungere (ovvero l’impedire che determinate libertà e beni giuridici<br />

di terzi possano essere posti in pericolo da un determinato soggetto); tutto ciò viene poi messo<br />

in relazione con la misura della lesione della libertà da applicare al soggetto ritenuto pericoloso.<br />

Le questioni sulla durata necessaria della misura 17 , invece, appaiono difficilmente risolvibili<br />

in chiave empirica: la misura viene infatti determinata senza che venga fissato un termine, e<br />

rivista solo a seguito di controlli periodici. A tal proposito, pertanto, i criteri del principio di<br />

proporzionalità (in senso stretto) verranno in rilievo rispetto alla durata della misura 18 .<br />

3.3.<br />

Inutilizzabilità dei canoni dell’“idoneità” e “necessarietà” per la<br />

risoluzione del problema commisurativo – Eventuale utilizzabilità<br />

della proporzionalità in senso stretto.<br />

La prospettiva cambia radicalmente se dal campo delle misure di sicurezza, paragonabili<br />

sostanzialmente al diritto di polizia, si passa al terreno della pena vera e propria. Qui, infatti,<br />

appare subito evidente che certi requisiti del principio di proporzionalità, che nel diritto di<br />

polizia e nella disciplina delle misure di sicurezza contribuiscono a individuare e delimitare<br />

le misure stesse (come i criteri dell’idoneità e della necessità), con riferimento alla pena sono<br />

più difficilmente utilizzabili, stanti i postulati che regolano la pena stessa. Solo attraverso<br />

quei criteri, infatti, si può definire agevolmente quella pena che viene comunemente ritenuta<br />

conforme a Costituzione, ovvero la pena commisurata alla colpevolezza. Pertanto, sostituendo<br />

al principio di colpevolezza il principio di proporzionalità ed elevando quest’ultimo a fulcro e<br />

caposaldo della pena, questo principio presenterebbe quei connotati di vaghezza e scarsa razionalità,<br />

che oggi vengono riscontrati nel principio di proporzionalità in senso stretto 19 . Questo<br />

vale sia se si utilizzi il principio di proporzionalità (in senso ampio) quale principio-guida<br />

per la commisurazione della pena, sia se lo si intenda quale principio regolatore del giudizio di<br />

legittimità costituzionale delle pene.<br />

I problemi cominciano già con il concetto di pena in funzione special-preventiva, che,<br />

sotto l’aspetto delle finalità da perseguire, può essere paragonata alle misure di sicurezza. Ciò<br />

che manca del tutto è, infatti, una conoscenza empirica sufficiente ad individuare il quantum<br />

di pena necessario ad impedire che il condannato commetta altri reati in futuro 20 . Mancando<br />

ciò, manca anche una base solida per il giudizio di proporzionalità in senso stretto. Per quanto<br />

attiene alla pena fissata in sentenza, una commisurazione special-preventiva della pena, che<br />

sia rispettosa del principio di proporzionalità, verrà effettuata senza dover ricorrere a questo<br />

principio: infatti, le pene commisurate in chiave special-preventiva, che oltrepassano la misura<br />

della colpevolezza, sono già di per sé contra legem 21 e in quanto tali non possono rispondere<br />

più ad alcun fine specifico, né avrebbe senso esaminarle sotto l’aspetto della proporzionalità.<br />

Ancora più significativo è il fallimento delle categoria della idoneità e necessarietà (propri<br />

del giudizio di proporzionalità) nella determinazione della pena commisurata alla colpevolezza.<br />

Quale quantum di pena può essere considerato adeguato e necessario a compensare la<br />

colpevolezza dell’agente A questa domanda, a differenza di quanto avviene per le misure del<br />

diritto di polizia, non si può rispondere servendosi di dati empirici. La compensazione della<br />

colpevolezza attraverso una determinata pena è un concetto (o una conseguenza) ideale; men-<br />

17<br />

Su tali difficoltà cfr. Frisch, Prognoseentscheidungen im StrafR, 198, p. 37ss.<br />

18<br />

Cfr. la giurisprudenza sul punto: BVerfGE vol. 70 p. 312ss.; BVerfG NStZ 1992, 405, 406; si veda anche Frisch, ZStW 102 (1990), 702,<br />

766ss.<br />

19<br />

Cfr. ad es. Pieroth/Schlink, cit., num. a margine 303; Schlink in “FS 50 Jahre BVerfG“, 2001, vol. 2, p. 445, 460ss.; Gross, DÖV 2006,<br />

856, 858.<br />

20<br />

Cfr. tra gli altri Schöch in FS Schaffstein, 1975, p. 255, 262ss.; Kaiser, in FS Bockelman 1979, p. 923ss.<br />

21<br />

Cfr. §46 I StGB; la formula base viene solitamente interpretata così: anche in virtù di esigenze special-preventive, la misura della colpevolezza<br />

non può essere superata; cfr. ad es. BHSt vol. 20 p. 266; vol. 29 p. 320; dalla giurisprudenza del BVerfG cfr. BVerfGE vol. 86 p. 313.<br />

3 - 4/<strong>2014</strong> 168

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