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Diritti umani e giustizia penale<br />

Salvatore Tesoriero<br />

Non così nel caso opposto. Ritenuta la prova dichiarativa non rinnovata rilevante ai fini<br />

della decisione, la motivazione del rigetto tratteggiata in sede di ri-ammissione è automaticamente<br />

confinata nell’alveo del contrasto logico interno. Alla Corte di cassazione non rimarrebbe<br />

che rilevare la contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e)<br />

poiché non potrà certamente dirsi dotata della necessaria coerenza interna l’argomentazione<br />

che, da un lato, neghi la decisività della prova al fine di precluderne la rinnovazione, dall’altro,<br />

tale ruolo decisivo riconosca ponendola a fondamento della decisione di merito.<br />

La Corte di cassazione sarà, pertanto, chiamata a vigilare sulla coerenza, nell’ambito della<br />

sentenza d’appello, tra la motivazione dell’ordinanza che esclude la rinnovazione dell’istruttoria<br />

e la motivazione della decisione sulla responsabilità dell’imputato: il vaglio del giudice<br />

di legittimità – si badi – non potrà essere vincolato dalle etichette formali sulla rilevanza della<br />

prova attribuite nella sentenza di secondo grado, pena l’irrazionale neutralizzazione del sindacato<br />

stesso. Spetterà alla Cassazione, quindi, vagliare l’apporto causale effettivo della prova<br />

dichiarativa non rinnovata nell’economia della decisione impugnata, senza sconfinare in un<br />

giudizio di valore sull’atto e il risultato di prova.<br />

Al sindacato di legittimità, ovviamente, non si sottraggono le ipotesi in cui addirittura<br />

l’ordinanza di rigetto manchi, sia radicalmente priva di motivazione o si risolva in scorciatoie<br />

argomentative (cripto-motivazioni, motivazione implicite): situazioni che, nella cognizione<br />

tipica del giudizio di legittimità, sono attratte nell’orbita del controllo sulla completezza della<br />

argomentazione. In tali patologiche ipotesi, in luogo della contraddittorietà, s’integrerebbe il<br />

vizio di mancanza della motivazione su un autonomo punto della sentenza, quale la statuizione<br />

incidentale sulla rinnovazione della prova da ritenersi doverosa in quanto funzionale<br />

all’accertamento di un enunciato di fatto decisivo.<br />

Insomma, sembrerebbe potersi dire viziata da contraddittorietà ai sensi dell’art. 606 comma<br />

1 lett. e) c.p.p. – quando non addirittura priva di motivazione – ogni sentenza d’appello<br />

che ribalti il giudizio di assoluzione in assenza di una nuova audizione della fonte dichiarativa<br />

decisiva ai fini della condanna, dal momento che risulterebbero in insanabile contraddizione la<br />

motivazione sulla responsabilità penale dell’imputato e quella sulla rinnovazione della prova.<br />

6.1.<br />

Il regime di rilevabilità del vizio nel giudizio di cassazione.<br />

Residua un ultimo interrogativo, accennato in precedenza: la violazione del diritto alla<br />

rinnovazione della prova è rilevabile d’ufficio dalla Corte di cassazione<br />

In giurisprudenza, ad un orientamento che nega esplicitamente ogni potere officioso 135 , si<br />

contrappone un novero di decisioni in cui la Cassazione, pur in assenza di motivi concernenti<br />

direttamente l’omessa rinnovazione, si ritiene investita della questione derivandola da un<br />

diverso vizio di motivazione dedotto 136 ; soluzione interpretativa – quest’ultima – che aggira,<br />

inopportunamente, la questione ineludibile relativa al regime di rilevabilità del vizio in esame.<br />

Ora, il quesito va analizzato a partire da due rilievi.<br />

Da un lato, il carattere officioso della garanzia, delineato dalla giurisprudenza della Corte<br />

di Strasburgo, sembra investire ogni organo giurisdizionale chiamato a presidiarne l’attuazione,<br />

indipendentemente dalla tipologia o collocazione nell’ordinamento interno: «the Court<br />

reiterates that the domestic courts are under an obligation to take positive measures to such an end,<br />

even if the applicant has not requested it» 137 .<br />

Dall’altro, nell’area “supplementare” dei poteri di cognizione della Cassazione disegnata<br />

135<br />

Sez. V, Basile, cit.; il quesito in ordine alla rilevabilità d’ufficio, nell’ambito del giudizio di legittimità, dell’omessa rinnovazione probatoria<br />

viene posto esplicitamente anche da Sez. II, 25 febbraio <strong>2014</strong>, n. 13233, Trupiano, in www.cortedicassazione.it ma superato, senza una presa<br />

di posizione, attraverso la pronuncia di inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza dei motivi, che preclude la cognizione di ogni<br />

questione officiosa.<br />

136<br />

Il vizio di motivazione – si legge nella sentenza Donato e altri (Sez. V, Donato, cit.) – è dedotto «con riferimento alla ritenuta sussistenza<br />

di elementi di prova»; nello stesso senso, v., Sez. II, Corigliano, cit.<br />

137<br />

Così, testualmente, Corte EDU, Hanu c. Romania, cit., § 38; la Corte europea ha in più occasioni respinto l’eccezione formulata dai governi<br />

in ordine al mancato esaurimento delle vie interne di ricorso a fronte della omessa indicazione, nei motivi di impugnazione, di richieste e/o<br />

censure relative alla mancata rinnovazione della prova rilevando come sussista in capo al giudice dell’impugnazione l’obbligo di adottare<br />

d’ufficio misure positive in tal senso; scarsamente sensibile all’argomento appare, nella giurisprudenza interna, Sez. V, Basile, cit.: l’imputato si<br />

trova «nella condizione di non poter attivare il rimedio CEDU il quale presuppone la consumazione di tutti i rimedi del sistema processuale<br />

domestico sulla questione stessa».<br />

3 - 4/<strong>2014</strong> 272

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