Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Diritti umani e giustizia penale<br />
Salvatore Tesoriero<br />
neutralizzata dalla frapposizione di artificiali distinzioni tra il caso interno e quello oggetto<br />
delle decisioni della Corte di Strasburgo; distinzioni che – specularmente – si proiettano sul<br />
principio “convenzionale”, circoscrivendone indebitamente la portata.<br />
Così avviene nella tematica che ci occupa.<br />
Chiamata a misurarsi con l’eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 603 c.p.p., per<br />
contrasto con l’art. 117 Cost. e con l’art. 6 par. 1 CEDU nella parte in cui non prevede l’obbligo<br />
di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale nell’ipotesi di ribaltamento in appello della<br />
sentenza di assoluzione in condanna, la Cassazione ha, in più occasioni, ritenuto la questione<br />
manifestamente infondata, subordinando l’operatività delle rationes decidendi “convenzionali”<br />
ad un duplice requisito, distillato dalla casistica della Corte europea e considerato insussistente<br />
nei casi di specie: la decisività della prova non rinnovata, da un lato; la rivalutazione della prova<br />
(non rinnovata) in termini di attendibilità, dall’altro 45 .<br />
I due presupposti disegnerebbero la linea di confine tra i casi affrontati dalla Corte di Strasburgo<br />
e dai giudici interni: l’analogia tra le fattispecie presuppone la sussistenza di entrambi;<br />
in assenza, i casi sono diversi e, per l’effetto, lo “statuto convenzionale” è devitalizzato.<br />
In altri termini, l’obbligo di rinnovazione scatterebbe esclusivamente di fronte ad una prova<br />
dichiarativa 46 decisiva della quale il giudice d’appello intende fornire un diverso apprezzamento<br />
in termini di attendibilità.<br />
I due criteri – decisività e diversa valutazione in ordine all’attendibilità della prova – sollevano<br />
problematiche intimamente connesse che vanno tuttavia analizzate partitamente.<br />
In primo luogo, il vaglio di decisività delle prove da rinnovare – inizialmente ai margini del<br />
ragionamento dei giudici di Strasburgo 47 – si è progressivamente affacciato nelle maglie delle<br />
decisioni europee, in parallelo con la crescente attenzione al rapporto tra il mezzo di prova<br />
omesso e l’enunciato fattuale devoluto al giudice dell’impugnazione 48 .<br />
A ben vedere, tuttavia, la ragione profonda dell’adozione nell’ordinamento interno del parametro<br />
della decisività travalica gli angusti confini della tematica in questione e le esaminate<br />
decisioni della Corte EDU. Con esso la giurisprudenza di legittimità importa un canone<br />
connaturato alla stessa ratio della giurisdizione della Corte di Strasburgo, antiformalistica<br />
e funzionale all’accertamento di pregiudizi effettivamente patiti dai ricorrenti 49 : un criterio,<br />
quindi, dotato di un significato generale ed espansivo che replica nell’ordinamento nazionale<br />
la medesima ratio selettiva fondata sull’effettività del pregiudizio, configurandosi come condizione<br />
generale di causalità tra la violazione dichiarata a livello europeo e la qualità dell’accertamento<br />
penale interno e, in definitiva, della rilevabilità stessa della violazione nell’ordinamento<br />
45<br />
Così, Sez. V, 5 luglio 2012, n. 38085, Luperi e altri, in C.E.D. Cass. n. 253543, in cui si legge testualmente: «La Corte Europea, pertanto,<br />
àncora la violazione, con riferimento al giudizio di appello, dell’art. 6, par. 1, Cedu, al duplice requisito della decisività della prova testimoniale<br />
e della rivalutazione di essa da parte della Corte di appello, in termini di attendibilità, in assenza di nuovo esame dei testimoni dell’accusa<br />
per essere la diversa valutazione di attendibilità stata eseguita non direttamente, ma solo sulla base della lettura dei verbali delle dichiarazioni<br />
da essi rese»; in senso conforme, Sez. VI, 26 febbraio 2013, n. 16566, Morzenti, in C.E.D. Cass., n. 254623 e, in estratto, su Dir pen. proc., n.<br />
2/<strong>2014</strong>, p. 191 s. con commento di Comi, ivi, p. 195 s.; Sez. II, 8 novembre 2012, n. 254726, Consagra, in C.E.D. Cass. n. 254726; Sez. V, 11<br />
gennaio 2013, n. 10965, Cava e altro, in www.archiviopenale.it, con nota di Scaccianoce, Riforma in peius della sentenza di assoluzione senza<br />
rinnovare la prova orale: una decisione che fa discutere, in Arch. pen., 2013, III, p. 1047 s.<br />
46<br />
Rimangono, pertanto, fuori dall’obbligo di rinnovazione “convenzionale” le prove documentali; cfr., Sez. II, 17 maggio 2013, n. 29452, Marchi<br />
e altri, in C.E.D. Cass. n. 256467 in cui la Corte ha escluso l’applicabilità alle intercettazioni dei principi tratteggiati dalla giurisprudenza di<br />
Strasburgo.<br />
47<br />
Come visto (infra, par. 2), il vaglio di decisività risulta – nella maggior parte dei casi affrontati dalla Corte EDU – implicito a fronte di una<br />
panorama probatorio di matrice dichiarativa la cui rinnovazione risultava integralmente omessa.<br />
48<br />
In quest’ottica, nella famosa pronuncia Dan c. Moldavia, la Corte ricorre alle nozioni di “main evidence” e “indirect evidence” per connotare il<br />
peso degli elementi probatori nell’economia della decisione, e così – indirettamente – il perimetro dell’obbligo di rinnovazione, riservato alla<br />
prova cd. principale (“main”).<br />
49<br />
Un criterio che, come notato in dottrina, costituisce «una sorta di filo rosso capace di legare ogni questione su cui la Corte EDU venga<br />
chiamata a pronunciarsi» e che oggi, dopo l’entrata in vigore del XIV Protocollo costituisce la condizione preliminare della cognizione stessa<br />
dei ricorsi, dal momento che, ai sensi dell’art. 35 CEDU, la domanda deve essere dichiarata inammissibile quando il ricorrente «has not suffered<br />
a significant disadvantage»; per tali rilievi e in generale per un inquadramento dei rapporti tra la CEDU e il parametro del pregiudizio effettivo,<br />
v. Caianiello, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle invalidità processuali penali, Bologna, 2012, p. 144 s.<br />
3 - 4/<strong>2014</strong> 250