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sessione 2.3 - Ogs

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GNGTS 2009 SESSIONE <strong>2.3</strong><br />

Fig. 3. Tomografia geoelettrica a San Gregorio. La anomalia a bassa resistività si trova al di sotto dell’edificio crollato.<br />

La netta zona ad alta resistività presso l’edificio è un muro di sostegno.<br />

superficie in corrispondenza del suolo naturale hanno subito un rapido degrado, fino a risultare difficilmente<br />

individuabili cinque mesi dopo l’evento sismico principale. La tomografia geolettrica ha<br />

mostrato una inattesa, forte discontinuità proprio al di sotto dell’edificio (Fig. 3).<br />

Per quanto riguarda il comportamento strutturale è stato condotto un rilievo geometrico dell’edificio<br />

e sono state condotte alcune indagini in situ al fine di caratterizzare il calcestruzzo strutturale.<br />

In particolare sono state estratte tre carote, sugli elementi strutturali disponibili ed raggiungibili in<br />

condizioni di sicurezza. I risultati di tali attività, ancora in corso insieme alla caratterizzazione dei<br />

dettagli costruttivi, sono in fase di elaborazione ma, sulla base dei sopralluoghi condotti e delle<br />

valutazioni esperte fin qui condotte, l’edificio non si presenta dissimile dalla media, per età e tipologia,<br />

delle altre costruzioni rivelando anzi in alcuni dettagli una buona cura costruttiva. A seguito<br />

delle indagini condotte in situ, le cause del rovinoso collasso sembrano da ricercare in un peculiare<br />

effetto di sito, ma la grande complessità dei problemi rapidamente esposti e la corretta interpretazione<br />

di tutti i dati acquisiti richiedono, oltre che l’esecuzione a completamento dei rilievi di un<br />

sondaggio geognostico lungo la discontinuità osservata, la predisposizione di un accurato modello<br />

numerico del sistema suolo-edificio prima di giungere ad una corretta interpretazione del collasso.<br />

ANALISI DI CROLLI PARZIALI PER MECCANISMO DI PIANO SOFFICE<br />

ATTRAVERSO L’USO DI DATI SISMICI ACQUISITI IN FREE FIELD E SU EDIFICI<br />

G. Milana 1 , F. Benedettini 2 , A. De Sortis 3 , R.M. Azzara 4 , F. Bergamaschi 4 , P. Bordoni 1 , F. Cara 1 ,<br />

R. Cogliano 5 , G. Cultrera 1 , G. Di Giulio 1 , A. Fodarella 5 , S. Marcucci 3 , G. Milana 3 , S.Pucillo 5 ,<br />

G. Riccio 5<br />

1 Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Roma<br />

2 DISAT - Università dell’Aquila<br />

3 Dipartimento della Protezione Civile, Roma<br />

4 Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Arezzo<br />

5 Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Grottaminarda<br />

Il danneggiamento indotto dal terremoto del 6 aprile 2009 (Mw 6.3) che ha colpito la zona de<br />

L’Aquila e provincia mostra caratteristiche di estrema variabilità spaziale. Non è infatti infrequente<br />

constatare come edifici adiacenti ed apparentemente simili come tipologia costruttiva presentino<br />

livelli di danno molto differenti. Un esempio significativo di tale circostanza si riscontra nella frazione<br />

di Pettino, comune de L’Aquila, dove un gruppo di sette edifici in calcestruzzo costruiti nello<br />

stesso periodo con caratteristiche simili mostrano danni in alcuni casi lievi ed in altri gravissimi<br />

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