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GNGTS 2009 SESSIONE <strong>2.3</strong><br />
Nell’Eq. (2) è evidenziata la dipendenza dell’indice di rischio dal tempo t, in quanto, in funzione<br />
degli investimenti che la pubblica amministrazione potrà effettuare, si potrà intervenire su un<br />
certo numero di edifici e ridurre il rischio sismico globale in un dato periodo di tempo t. Per poter<br />
valutare l’effetto di un determinato investimento sulla riduzione del rischio sismico è necessario<br />
definire una relazione tra il parametro α u2 ed il costo da sostenere per portare in sicurezza l’edificio.<br />
A tal fine sono stati messi a punto alcuni modelli di costo che considerano diverse modalità e<br />
scelte di intervento. In Fig. 1 è mostrato uno dei modelli di costo (denominato N1) proposti per gli<br />
edifici in c.a., in cui la relazione tra α u2 ed il costo è differenziata a seconda che si tratti di edifici<br />
progettati prima o dopo il 1972, in quanto in tale anno entrarono in vigore le norme tecniche di cui<br />
alla Legge 1086/71 che determinarono un significativo cambiamento alle modalità di progettazione<br />
e realizzazione delle strutture in c.a. Il modello prevede in ordinata il costo C i relativo all’intervento<br />
strutturale ed al ripristino delle parti non strutturali (impianti compresi) strettamente connesse,<br />
rapportato al costo di ricostruzione C max .<br />
Nella definizione del modello dei costi si è ritenuto di assumere che esistano delle soglie di α u2<br />
al di sotto delle quali non convenga rafforzare l’edificio, in quanto, oltre ad alcune riserve sull’esito<br />
a lungo termine dell’intervento, il costo richiesto risulterebbe troppo vicino a quello della ricostruzione<br />
(α u2 < 0.2). Inoltre, quando a u2 supera il valore di soglia 0.2, per gli edifici post 1972 si<br />
ipotizza un brusco calo del rapporto C i /C max a causa della probabile ridotta diffusione dell’intervento<br />
dovuta alla migliore qualità dei materiali (linea grigia), mentre la curva relativa agli edifici ante<br />
1972 non presenta discontinuità, decrescendo in maniera lineare al crescere di α u2 . Si sono messi a<br />
punto in totale 4 modelli di costo, denominati N1 (prima descritto), N2, N3 e N4 dettagliatamente<br />
descritti in (Masi et al., 2009). In sintesi, il modello N2 prevede che gli edifici post 1972 con α u2 ><br />
0.8 non vengano adeguati assumendo che siano sufficientemente “sicuri” per la durata della loro<br />
vista utile residua, il modello N3 prevede che tutti gli edifici con α u2 > 0.8 non vengano adeguati,<br />
mentre il modello N4 prevede un miglioramento sismico per tutti gli edifici con α u2 < 0.7 (in questo<br />
caso si è considerato un costo unitario di intervento pari al 60% di quello previsto per l’adeguamento).<br />
Conosciuta la distribuzione degli α u2 relativi agli edifici di un dato campione ed ipotizzando<br />
una certa disponibilità economica annua, in base al modello di costo è possibile determinare il<br />
numero di edifici che possono essere adeguati in un dato periodo di tempo, al termine del quale si<br />
avrà una differente distribuzione degli α u2 , dunque un differente valore di e dell’indice di rischio<br />
globale del campione di edifici e la sua variazione nel tempo, ovvero la curva di rischio. L’andamento<br />
delle curve di rischio dipende dal modello di costo adottato, dal costo unitario medio di<br />
costruzione C max , dalla disponibilità economica annua D delle pubbliche amministrazioni coinvolte<br />
nel programma di interventi e dal tasso annuo medio di inflazione I. Per quanto riguarda C max , in<br />
assenza di dati specifici relativi<br />
alla regione Basilicata, si è<br />
assunto un valore omnicomprensivo<br />
pari a 2250 euro/mq. Il tasso<br />
di inflazione I è stato assunto<br />
pari a 2.14% per tutta la durata<br />
del programma di interventi,<br />
valore ottenuto come media dei<br />
tassi di inflazione nel periodo<br />
2003-2007.<br />
Fig. 1 - Modello di costo N1 per edifici in c.a.<br />
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