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Come ha contribuito Sergio Castellitto<br />
alla caratterizzazione di Mero?<br />
Il film è costruito su un unico personaggio,<br />
sul suo modo di vivere i rapporti e i<br />
sentimenti, e avere Sergio è stata la mia<br />
fortuna. Ho pensato a lui fin dall’inizio e lui<br />
ha accettato la parte ancora prima che fosse<br />
scritta la sceneggiatura. Ha colto subito<br />
l’essenza del personaggio ed è stato disposto<br />
ad arricchirlo di dettagli e suggestioni con un<br />
entusiasmo e una partecipazione<br />
meravigliosi. Ha praticamente scritto il film<br />
con la sua interpretazione: nell’arco di un’ora<br />
e mezzo riesce a far ridere, piangere,<br />
suscitare rabbia, cambiando continuamente<br />
registro di recitazione.<br />
Hai dichiarato di amare i “personaggi<br />
con la ruggine addosso”, come Mero e<br />
Luigi Sparti de L’aria salata.<br />
Cosa trovi in loro di<br />
interessante da<br />
raccontare?<br />
Mi piacciono perché sono<br />
persone indomite, che<br />
agiscono e non si<br />
fermano mai, pur<br />
commettendo<br />
molti errori.<br />
Sentono che<br />
l’ago della<br />
bilancia pende<br />
a loro sfavore,<br />
pensano di<br />
meritarsi di<br />
più dalla vita<br />
e di non avere più tempo. Allora provano a<br />
forzare la situazione e spesso passano il<br />
segno, facendo peggiorare le cose. Io ne ho<br />
conosciute tante di persone così, e la cosa che<br />
mi affascina di loro è che ci provano sempre,<br />
fino in fondo. Questo è il tratto<br />
fondamentale di Mero, che non capisce mai<br />
quando è ora di smettere, ma proprio per<br />
questo riesce sempre a ottenere qualcosa, a<br />
rimettersi in piedi. Nel pugilato, l’importante<br />
è rimanere in piedi anche se si prendono i<br />
pugni, e sapersi rialzare quando si cade. Allo<br />
stesso modo ciò che anima queste persone è<br />
la volontà di farcela, l‘idea che un giorno<br />
riusciranno ad ottenere quello che si<br />
meritano.<br />
Nel film precedente adottavi una<br />
costruzione molto rigorosa, quasi<br />
documentaristica. Qui la storia è più<br />
articolata e ricca di sorprese. In che<br />
modo sei intervenuto sul modo di<br />
raccontarla?<br />
Può sembrare che Alza la testa parta dalle<br />
stesse premesse de L’aria salata, ma non è<br />
così. Questo film mescola i generi<br />
continuamente con una grande libertà<br />
narrativa. Volevamo che la struttura fosse<br />
spiazzante, come le aspettative e le sorprese<br />
della vita, che ti butta all’aria un progetto,<br />
per il quale magari ti sei allenato a lungo, e ti<br />
costringe a ricominciare da capo o a<br />
cambiare strada. Inizia come una commedia<br />
anche un po’ sgangherata, poi diventa un<br />
romanzo di formazione, una storia d’amore,<br />
un dramma, per concludersi con un finale<br />
Castellitto con Laura Ilie<br />
surreale e quasi favolistico. C’è dentro tutto:<br />
l’idea di ridere, piangere e dare il classico<br />
colpo allo stomaco. Spero che arrivi allo<br />
spettatore così come è stato pensato.<br />
Ne L’aria salata c’era un attento studio<br />
di ambienti e di luci, un dialogo intenso<br />
fra il concetto di “apertura” e<br />
“chiusura”. Anche in questo caso le<br />
ambientazioni aggiungono significati<br />
ulteriori al percorso umano di Mero?<br />
Dovendo trattare la parabola di un uomo,<br />
siamo partiti da luoghi fermi e chiusi – il<br />
cantiere, la palestra, il quartiere popolare e<br />
duro, che sta asserragliato in difesa dei suoi<br />
abitanti – per concludere con il movimento e<br />
l’apertura del viaggio, che non è solo un<br />
viaggio geografico. Mero si ritrova ai confini<br />
dell’Italia, a Gorizia, in un luogo in cui è lui lo<br />
straniero. Va a conoscere qualcuno di cui non<br />
sa nulla, non sa cosa aspettarsi e non ha più<br />
alcun punto fermo. Mi piace pensare che<br />
anche in casi estremi come questo, quando si<br />
è perso tutto, c’è sempre la possibilità di<br />
compiere un gesto inatteso e – forse –<br />
pacificatorio per “rialzare la testa”. E qui<br />
vengo al titolo, Alza la testa, il consiglio che<br />
Mero dà sempre al figlio durante gli<br />
allenamenti di pugilato, esortandolo in<br />
questo modo anche a comportarsi con<br />
fierezza e a non aver paura di nessuno. Poi,<br />
nel cammino doloroso di Mero, questa frase<br />
diventa un monito a se stesso: “alza la testa”<br />
e guarda chi hai davanti. Riconosci l’altro,<br />
anche se è diverso da te.<br />
BARBARA CORSI<br />
VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
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