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schede critiche<br />

LO SPAZIO BIANCO<br />

di Francesca Comencini<br />

Sceneggiatura: Francesca Comencini, Federica Pontremoli<br />

dal romanzo di Valeria Parrella …Fotografia:<br />

Luca Bigazzi …Montaggio: Massimo Fiocchi …Interpreti:<br />

Margherita Buy, Giovanni Ludeno, Antonia<br />

Truppo, Salvatore Cantalupo, Guido Caprino, Gaetano<br />

Bruno, Maria Pajato …Produzione: Fandango, Rai<br />

Cinema …Distribuzione: 01 …Italia 20<strong>09</strong> …colore 96’<br />

LO SPAZIO BIANCO è una pausa<br />

della scrittura che permette di<br />

andare avanti con un nuovo<br />

racconto, senza usare il futuro,<br />

senza strappi col presente, senza<br />

perdere il filo della storia. È come<br />

mettere un punto, ma la pausa<br />

così è più ampia e distesa, è come<br />

un silenzio che ci fa raccogliere le<br />

idee e ci introduce in un territorio<br />

nuovo della parola e del pensiero.<br />

Lo spazio bianco è anche il limbo<br />

dove respirano solo attaccati<br />

all’ossigeno esserini venuti al<br />

mondo prima del tempo. Lo<br />

spazio bianco è il bel film di<br />

Francesca Comencini (Mobbing,<br />

Carlo Giuliani ragazzo), un po’<br />

sottovalutato nel concorso<br />

veneziano, forse perché questo<br />

racconto femminile e intimo,<br />

visionario e musicale, che parla di<br />

maternità come di qualcosa di<br />

misterioso e unico, qualcosa che si<br />

tramanda da una donna all’altra e<br />

che ha a che fare col simbolico<br />

oltre che con la biologia, ha<br />

bisogno di uno spazio bianco,<br />

LA DOPPIA ORA<br />

di Giuseppe Capotondi<br />

Sceneggiatura: Alessandro Fabbri, Ludovica Rampolli,<br />

Stefano Sardo …Fotografia: Tat Radcliffe<br />

…Montaggio: Guido Notari …Musiche: Pasquale<br />

Catalano …Interpreti: Ksenia Rappoport, Filippo<br />

Timi, Antonia Truppo, Gaetano Bruno, Giorgio<br />

Colangeli …Produzione: Indigo Film, Medusa Film<br />

…Distribuzione: Medusa …Italia 20<strong>09</strong> …colore 95’<br />

GIALLO esistenziale<br />

sull’insicurezza e la fragilità di due<br />

anime smarrite e solitarie, incrocio<br />

tra horror, cronaca romantica e<br />

melodramma, La doppia ora è<br />

l’opera prima di Capotondi:<br />

un’ambiziosa pellicola di genere,<br />

citazionista ma divertente e<br />

straniante. Realizzata con le<br />

migliori intenzioni, la pellicola resta<br />

sospesa tra realtà ed<br />

immaginazione, in una dimensione<br />

impalpabile che mette a fuoco<br />

l’isolamento e lo straniamento di<br />

due personaggi lontani dal<br />

presente e dal quotidiano,<br />

prigionieri di un’illusione d’amore,<br />

protesi alla conquista di un’idea<br />

personale di armonia e di equilibrio<br />

sentimentale, da trovare dentro un<br />

doloroso percorso interiore.<br />

Sonia, cameriera in un hotel e<br />

testimone di un tragico suicidio<br />

dalla finestra, incontra Guido,<br />

custode di una villa sulla collina. In<br />

38 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />

ovvero di un ascolto più attento e<br />

sottile di quello che un grande<br />

festival di cinema può prestare.<br />

Maria, la protagonista di questa<br />

storia ispirata al romanzo di Valeria<br />

Parrella edito da Einaudi, è una<br />

donna molto contemporanea, una<br />

che fa tutto da sola, che decide e<br />

“non sa aspettare”. Ha 42 anni e<br />

improvvisamente,<br />

inaspettatamente, si ritrova incinta,<br />

il suo partner si <strong>def</strong>ila, la bimba<br />

nasce prematura e rimane per<br />

lunghi giorni in un limbo in cui non<br />

è ancora nata o non è ancora<br />

morta. La dura, solitaria Maria in<br />

quei giorni di veglia accanto<br />

all’incubatrice, nel reparto<br />

neonatale di un grande ospedale<br />

pochi giorni, i due imparano a<br />

comprendersi, conoscersi ed amarsi<br />

rivelando piccole debolezze e<br />

timori; durante una rapina in villa,<br />

l’uomo viene colpito a morte e la<br />

ragazza, sospettata di complicità<br />

dalla polizia, si ritrova prigioniera<br />

dei fantasmi del passato.<br />

In un racconto congegnato<br />

sull’ambiguità, sul potere evocativo<br />

e disturbante dell’aldilà e<br />

sull’incertezza di comportamenti e<br />

azioni, il regista riesce a modellare<br />

lo stile ed il linguaggio essenziale<br />

del thriller – i sospiri, il rumore e le<br />

attese della tensione –<br />

concentrandosi su trappole, artifici<br />

e raggiri di maniera che<br />

dove devi lavarti le braccia fino al<br />

gomito e indossare un camice<br />

verde, scopre una rete di donne di<br />

diversa età, estrazione e cultura di<br />

cui si assume in qualche modo la<br />

responsabilità, che sente come<br />

sorelle e figlie.<br />

Ma non subito. All’inizio vive tutta<br />

concentrata nella sua gestazione<br />

ormai solo mentale, come se il<br />

potere del controllo potesse<br />

davvero salvare e guarire: lascia la<br />

scuola serale dove insegna,<br />

mangia le cose comprate al take<br />

away, sta sveglia di notte e il suo<br />

unico contatto con gli altri è la<br />

gente spiata nelle case dal vagone<br />

della funicolare, in una Napoli<br />

piccolo borghese e qualsiasi come<br />

rimandano, senza ironia, ai corpi<br />

doppi e al rapporto tra apparenza<br />

e verità narrato da De Palma. Con<br />

una sceneggiatura che, analizzata<br />

a mente fredda, evidenzia segni e<br />

circostanze, il regista, nella sua<br />

personale rivisitazione dei generi,<br />

tende a mischiare le carte e resta<br />

vittima consapevole dell’esercizio<br />

di stile; tuttavia, firma un’opera<br />

imperfetta ed atipica sul rapporto<br />

attrazione-repulsione di due<br />

individui impauriti, raccontata con<br />

precisione ed essenzialità nei ritmi<br />

e rituali degli speed date.<br />

Cercando di riprodurre le speranze<br />

tradite di una vita metodica e<br />

opaca, in fuga da impegni, vincoli<br />

mai prima. Poi però Maria si apre<br />

agli altri: agli allievi stropicciati che<br />

faticano per conquistare la terza<br />

media; a Mina, altra mamma di un<br />

prematuro, che non può smettere<br />

di lavorare perché non le bastano i<br />

soldi; al dottorino con cui ha una<br />

storia; al suo ex, un musicista anche<br />

lui padre da poco; alla vicina di<br />

casa magistrato che ha lasciato i<br />

figli per affrontare un caso difficile,<br />

personaggio molto bello, ispirato<br />

alla figura di Ilda Boccassini e<br />

interpretato in modo stringato ed<br />

efficace da un’attrice di teatro<br />

bravissima come Maria Pajato che<br />

abbiamo appena visto anche nel<br />

film di Luca Guadagnino.<br />

Margherita Buy, è quasi inutile<br />

dirlo, si prende un bel pezzo della<br />

scena, con quel suo dolore represso<br />

e quel muoversi come uno spettro<br />

tra i vivi. Ma lascia anche tanto<br />

spazio agli altri attori, che sono<br />

spesso molto bravi: tra tutti<br />

segnaliamo Antonia Truppo (Mina)<br />

e Salvatore Cantalupo (l’allievo<br />

operaio).<br />

Infine una precisazione che ci sta a<br />

cuore: Lo spazio bianco non è,<br />

come ha detto qualcuno, un film<br />

sull’inutilità dei maschi, ma la<br />

proposta, come dice la regista, di<br />

un nuovo patto di amicizia tra i<br />

due sessi.<br />

CRISTIANA PATERNÒ<br />

amorosi, ambizioni professionali,<br />

l’autore cerca un’altra umanità,<br />

invisibile e sempre indecisa.<br />

La doppia ora, proiettato in<br />

concorso alla Mostra di Venezia e<br />

Coppa Volpi per la migliore attrice,<br />

è un film sulla ricerca dell’altro, su<br />

sensazioni e percezioni alterate;<br />

un’amara riflessione sull’inganno<br />

dei sentimenti, fotografata con una<br />

luce vivida che amplifica dubbi ed<br />

esitazioni nella comprensione di<br />

fatti e avvenimenti. In un<br />

compiaciuto e razionale gioco di<br />

equivoci e malintesi, in una Torino<br />

angosciante e indifferente,<br />

attraverso un ribaltamento<br />

continuo di prospettive ed attese il<br />

film indaga sulla perdita di fiducia,<br />

rispecchia titubanze e perplessità<br />

nel concedersi senza riserva ed il<br />

terrore nel vivere emozioni e<br />

tormenti. Ricco di tracce, simboli e<br />

rimozioni, il film rende omaggio al<br />

genio di Hitchcock, restandone<br />

vittima: non rispetta le regole, gioca<br />

con la struttura dello psico noir ed i<br />

salti spazio temporali ma spiazza lo<br />

spettatore, con suoni e apparizioni,<br />

in un divertimento ambiguo di<br />

ricordi e rimandi.<br />

DOMENICO BARONE

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