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schede critiche<br />
GOOD MORNING AMAN<br />
di Claudio Noce<br />
Sceneggiatura: Elisa Amoruso, Claudio Noce, Diego<br />
Ribon, Heidrun Schleef ...Fotografia: Michele D’Attanasio<br />
…Montaggio: Andrea Maguolo …Musiche:<br />
Valerio Vigliar …Interpreti: Valerio Mastandrea, Said<br />
Sabrie, Anita Caprioli …Produzione: DNA Cinematografica<br />
con RAI Cinema …Distribuzione: Cinecittà<br />
Luce …Italia 20<strong>09</strong> …colore 105’<br />
DUE UOMINI smarriti a<br />
confronto, alla faticosa ricerca<br />
della propria identità e di un<br />
equilibrio rasserenante di<br />
sopravvivenza nel riuscito esordio<br />
di Claudio Noce, vincitore del<br />
David di Donatello e del Nastro<br />
d’Argento con il corto Aria e già a<br />
Venezia col corto Adil e Yusuf.<br />
Good morning Aman è un<br />
romanzo di formazione che<br />
celebra il valore dell’amicizia e<br />
l’ordinario peso della solitudine,<br />
filmato con semplicità e freschezza<br />
e l’entusiasmo della poesia<br />
metropolitana.<br />
Aman è un italiano di origine<br />
somala, arrivato in Italia a quattro<br />
anni in fuga dalla guerra in<br />
Somalia; Teodoro è un ex pugile,<br />
intrappolato e vinto da colpe e<br />
rimpianti: i due si incontrano sulle<br />
terrazze dell’Esquilino, uniti<br />
dall’insonnia che li perseguita. Due<br />
solitari che, confrontandosi,<br />
ritrovano le piccole certezze<br />
42 VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong><br />
dell’esistenza e la voglia di<br />
superare traumi e sconfitte. Non è<br />
la scontata e retorica storia di<br />
faticosa e violenta integrazione<br />
razziale ma, nelle intenzioni, un<br />
omaggio alle atmosfere del cinema<br />
americano degli anni Settanta e<br />
alle storie di Hal Ashby, curioso<br />
narratore di inquietudini e incontri<br />
tra personalità opposte che si<br />
scoprono lentamente<br />
complementari, sempre percorsi da<br />
una vena malinconica e<br />
dolceamara. Con una regia<br />
attenta, che privilegia la sofferenza<br />
dei volti e degli sguardi, Noce<br />
schiva il ricatto della commozione<br />
ed usa in modo intelligente e<br />
misurato la voce fuori campo,<br />
mostrando una Roma multietnica<br />
in eterna evoluzione, con l’aiuto di<br />
DI ME COSA NE SAI<br />
di Valerio Jalongo<br />
Sceneggiatura: Valerio Jalongo, Giulio Manfredonia,<br />
Felice Farina …Montaggio: Mirco Garrone …Produzione:<br />
Ameuropa International, Cinecittà Luce …Distribuzione:<br />
Cinecittà Luce …Italia 20<strong>09</strong> …colore 78’<br />
DI ME COSA ne sai di Valerio<br />
Jalongo, con quel titolo così<br />
allusivo, sembra fatto apposta per<br />
rispondere al vaniloquio del<br />
ministro Renato Brunetta, che non<br />
perde occasione di inveire contro le<br />
élite parassitarie del cinema<br />
italiano. Cosa ne sa il ministro<br />
Brunetta della cultura (non<br />
“culturame”) cinematografica<br />
italiana che ha reso grande il<br />
nostro paese nel mondo, degli<br />
uomini coraggiosi (i De Laurentiis, i<br />
Grimaldi…) che hanno osato sfidare<br />
le regole commerciali e il “comune<br />
senso del pudore”; di quanta fatica<br />
e quante amarezze costi oggi<br />
realizzare un film che<br />
probabilmente verrà distribuito<br />
poco e male, finendo per far da<br />
riempitivo a un palinsesto<br />
notturno? Sa invece molto bene,<br />
probabilmente, il ministro, cosa<br />
passa fra le glorie passate e le<br />
odierne miserie del cinema<br />
nazionale: l’avvento di quell’impero<br />
televisivo che ha vampirizzato il<br />
cinema minandone l’autonomia.<br />
una sceneggiatura che delinea la<br />
forza e la fragilità dei caratteri, in<br />
una dimensione sospesa tra realtà<br />
ed immaginazione.<br />
Good morning Aman,<br />
presentato alla Settimana della<br />
Critica dell’ultima Mostra di<br />
Venezia, narra difficoltà e<br />
problemi di anime indecise,<br />
incapaci di adattarsi ai ritmi ed alla<br />
complessità di un quotidiano che<br />
non riconoscono e preferiscono<br />
osservare dall’alto. Vite intrecciate<br />
dal destino ma filmate con pudore<br />
e gentilezza, senza aggressività, in<br />
un personale percorso di<br />
conoscenza; un film costruito su<br />
dialoghi e confessioni, sulla forza<br />
terapeutica e salvifica del mettersi<br />
a nudo, senza difese. È un’opera<br />
intima ed essenziale, pensata<br />
Valerio Jalongo (Messaggi quasi<br />
segreti, Sulla mia pelle) è<br />
portavoce del movimento<br />
Centoautori, formatosi<br />
spontaneamente alcuni anni fa per<br />
la difesa del cinema italiano e<br />
l’elaborazione di proposte sui<br />
problemi dell’industria<br />
cinematografica. Anche Di me<br />
cosa ne sai, presentato a Venezia<br />
alle Giornate degli autori, nasce<br />
dalle riflessioni del gruppo e dalla<br />
necessità, avvertita da molti autori,<br />
di ripercorrere la storia del cinema<br />
italiano per capirne i motivi della<br />
crisi. Il quadro che esce da questo<br />
montaggio stringente di sequenze<br />
e interviste di repertorio, dati<br />
sull’industria e frammenti di vita<br />
politica, culturale e televisiva degli<br />
ultimi trent’anni, è sconfortante e<br />
non solo per il cinema. Lo stato di<br />
salute del cinema – inteso anche<br />
come spettacolo condiviso in sala –<br />
e la considerazione che oggi gode<br />
nell’immaginario collettivo<br />
diventano il simbolo di<br />
un’agghiacciante decadenza<br />
culturale che ha il suo contraltare in<br />
Videocracy, e la sua sintesi<br />
nell’ignoranza dei ragazzini in coda<br />
per le selezioni di un reality.<br />
Fortunatamente a opporre<br />
resistenza ci sono ancora pochi ma<br />
sull’identificazione emotiva con lo<br />
spettatore, con stile rarefatto e<br />
simbolico per riprodurre i flussi e i<br />
disagi della fantasia. In un incontro<br />
di corpi e parole, l’autore ritrae il<br />
malessere narrando l’amicizia<br />
virile, per un viaggio interiore di<br />
ricerca ed approfondimento. Noce<br />
usa un approccio realista, in un<br />
cinema sincero ed ottimista che<br />
ritrova il piacere della narrazione<br />
ma riesce anche a far riflettere<br />
cercando nuove impressioni. Con le<br />
incertezze e le ingenuità<br />
dell’opera prima e l’impazienza di<br />
mostrare abilità e capacità<br />
registica, è una pellicola divisa in<br />
capitoli, con un approccio<br />
originale, composta da altri<br />
sguardi sull’irrinunciabile<br />
mutazione culturale ed etnica che<br />
modella la struttura della<br />
commedia e del dramma in un<br />
percorso individuale dentro<br />
coscienze e conoscenze.<br />
DOMENICO BARONE<br />
ostinati “donchisciotte”, come<br />
alcuni agguerriti esercenti d’essai,<br />
ma la crisi avanza e non solo – come<br />
pensa Brunetta – perché il governo<br />
ha tagliato gran parte dei<br />
finanziamenti.<br />
I motivi, complessi e strettamente<br />
collegati a un perverso – e unico in<br />
Europa – sistema degli audiovisivi,<br />
sono analizzati con lucidità e<br />
chiarezza da Jalongo, che non<br />
risparmia di interrogarsi anche sulle<br />
responsabilità interne all’ambiente<br />
del cinema. Ecco allora il regista<br />
Felice Farina recitare sullo schermo<br />
la sua storia, in una docu-fiction<br />
semiseria che fa da filo conduttore e<br />
contrappunto grottesco a tutto il<br />
film. La storia, che Farina condivide<br />
con molti suoi colleghi, è quella del<br />
difficile recupero del suo ultimo<br />
lavoro dal fallimento della società<br />
produttrice – una società fittizia – e<br />
delle energie spese per terminare il<br />
film con le proprie mani,<br />
letteralmente, e per presentarlo di<br />
persona al pubblico, in giro per<br />
l’Italia. Più che alle élite radicalchic –<br />
caro ministro – questi cento e più<br />
autori del cinema assomigliano a<br />
dei precari testardi, in lotta per la<br />
difesa del proprio lavoro.<br />
BARBARA CORSI