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LA MAGNIFICA<br />

INVENZIONE<br />

Cineteca Nazionale, Milano<br />

Mentre il polo<br />

cinematografico milanese sta<br />

prendendo forma nell’ex<br />

manifattura tabacchi, anche la<br />

Cineteca Italiana si organizza per<br />

il trasloco. In viale Fulvio Testi si<br />

sono già trasferiti gli uffici, poi<br />

toccherà al Museo; più tempo<br />

richiederà l’allestimento<br />

dell’Archivio che necessita di<br />

ambienti adatti per la<br />

conservazione delle pellicole. Nel<br />

frattempo, anche per dare<br />

visibilità al rilancio della<br />

fondazione, parte delle collezioni<br />

museali saranno in mostra<br />

all’Area Metropolis 2.0 dal 3<br />

ottobre al 15 gennaio. “La<br />

magnifica invenzione. Rarità<br />

dalle collezioni del Museo del<br />

Cinema della Cineteca Italiana<br />

1895 – 1925” fornirà una preziosa<br />

occasione di visionare rari<br />

materiali dell’era del muto, in<br />

attesa della futura collocazione:<br />

bozzetti delle dive, cartelloni,<br />

oggetti e prototipi, fra cui il<br />

famoso Cinématographe<br />

Lumière. Per l’inaugurazione<br />

verranno proiettati un breve film<br />

datato 19<strong>09</strong>, esattamente<br />

cent’anni fa, che documenta il<br />

primo giro d’Italia e Cenere<br />

(1916) dal romanzo di Grazia<br />

Deledda, un classico diretto da<br />

Febo Mari, primo e unico<br />

lungometraggio interpretato da<br />

Eleonora Duse. La partitura e<br />

l’esecuzione al pianoforte di<br />

questo restauro sono curate da<br />

Francesca Badalini. Altra iniziativa<br />

promossa dalla Cineteca sarà il<br />

festival “Piccolo Grande Cinema”,<br />

al cui interno i bambini avranno<br />

uno spazio interamente dedicato<br />

(CineCineMondo), con proiezioni<br />

di prime visioni poi diffuse nel<br />

circuito culturale e laboratori di<br />

animazione, regia, doppiaggio<br />

tenuti da professionisti. Dal 15 al<br />

22 novembre a Milano (sede<br />

principale Spazio Oberdan), Sesto<br />

San Giovanni e in altre province<br />

lombarde dal 18 al 22.<br />

Detour<br />

a cura di UMBERTO FERRARI<br />

rubriche<br />

Rassegne, retrospettive ed ed eventi dal dal mondo delle delle Cineteche<br />

ENZO G.<br />

CASTELLARI<br />

Cineteca Nazionale, Roma<br />

Uno dei registi italiani di cui<br />

più si parla ultimamente,<br />

soprattutto all’estero, è Enzo G.<br />

Castellari: Inglourious Basterds di<br />

Tarantino è infatti un remake del<br />

suo Quel maledetto treno<br />

blindato (‘78). A fronte di uno<br />

zoccolo duro di appassionati che su<br />

di lui sa praticamente tutto, esiste<br />

però una buona fetta di pubblico<br />

che non lo conosce affatto. A<br />

entrambi, quindi, farà piacere<br />

(ri)vedere le sue pellicole alla Sala<br />

Trevi di Roma, dal 7 al 14 ottobre e<br />

lui in persona la sera del 13. Enzo<br />

G. Castellari è figlio d’arte (la G. sta<br />

per Girolami, cognome del padre, il<br />

regista Marino), e ha spaziato in<br />

quasi tutti i generi; come altri<br />

artefici dei B movies – dove B sta<br />

essenzialmente per budget, di<br />

solito abbastanza basso – ha<br />

dovuto sopperire alle difficoltà con<br />

l’inventiva e la perizia. Più di una<br />

volta ha importato in Italia<br />

tecniche e situazioni che venivano<br />

sperimentate con successo in Usa:<br />

lui stesso ammette di aver<br />

“copiato” i ralenti da tutte le<br />

pellicole di Sam Peckinpah,<br />

specialmente Il mucchio selvaggio.<br />

Lo split-screen – che lui chiama<br />

“polischermo” – usato in America<br />

alla fine degli anni ’60, l’ha<br />

impiegato astutamente nel 1970<br />

per La battaglia d’Inghilterra,<br />

inserendo immagini di repertorio<br />

con formato ridotto in un film<br />

girato in cinemascope, senza che<br />

nessuno se ne accorgesse. E nel<br />

1974, in contemporanea con Il<br />

giustiziere della notte, ha diretto Il<br />

cittadino si ribella, con Franco<br />

Nero.<br />

Con grande competenza tecnica,<br />

da vero artigiano, si interessa di<br />

ogni aspetto della realizzazione,<br />

dal lavoro degli stuntmen agli<br />

effetti speciali. Anche per<br />

risparmiare, nei suoi film ha<br />

sovente fatto uso di miniature e<br />

modellini: ne L’ultimo squalo (’80),<br />

a pochi anni di distanza da Spielberg,<br />

ha alternato le riprese di una copia<br />

meccanica a quelle di uno squalo<br />

vero, filmato in Australia da quattro<br />

macchine da presa, di cui una con un<br />

passo di 300 fotogrammi al secondo<br />

per un super ralenti. Oggi pure lui è<br />

fonte d’ispirazione. Oltre a Tarantino,<br />

qualche anno fa anche Sam Raimi,<br />

nel filmare il western Pronti a morire,<br />

ha ammesso l’influenza del suo<br />

western Keoma (‘76).<br />

JEAN-LUC GODARD<br />

Cineteca del Friuli, Udine-<br />

Pordenone<br />

«Girando un film non c’è nulla di<br />

tecnicamente impossibile, se uno non<br />

ci ha provato». Questa affermazione,<br />

apparentemente scontata, ha<br />

provocato una vera e propria<br />

<strong>def</strong>lagrazione nella cinematografia<br />

francese e di tutto il mondo, quando<br />

nel 1960 uscì Fino all’ultimo<br />

respiro, primo lungometraggio di<br />

Jean-Luc Godard, che ne fu<br />

l’applicazione pratica. Appena l’anno<br />

precedente si era affacciato alla<br />

ribalta il movimento della Nouvelle<br />

Vague, che attingeva energie dalla<br />

giovane critica dei Cahiers du<br />

Cinéma: con questo film si fece<br />

prepotentemente largo l’era<br />

moderna del cinema. Arduo ma<br />

stimolante esplorare la complessa<br />

personalità godardiana: una sfida<br />

raccolta da “Lo sguardo dei maestri”,<br />

XII edizione, tramite una<br />

retrospettiva dal 21 ottobre al 4<br />

febbraio 2010 al Visionario del<br />

Centro Espressioni Cinematografiche<br />

di Udine e al Cinemazero di<br />

Pordenone, in collaborazione con la<br />

Cineteca.<br />

Secondo la teoria della “caméra<br />

stylo” di Alexandre Astruc, Godard<br />

voleva affermare la totale autonomia<br />

di un autore nell’usare il mezzo<br />

filmico. Come in letteratura con le<br />

licenze poetiche, Godard andava<br />

contro la tradizione con particolari<br />

anomalie. Il suo stile è quindi<br />

segnato da una soggettività molto<br />

forte, libero, senza convenzioni,<br />

come i personaggi delle sue storie.<br />

Quasi a voler ricreare il linguaggio<br />

cinematografico ripartendo da<br />

zero, scandalizza i cultori del<br />

classico trasgredendo alla<br />

grammatica codificata: presenza<br />

“esibita” della cinepresa; punto di<br />

vista indipendente dal movimento<br />

degli attori che dialogano anche<br />

fuori campo; jump-cut (i falsi<br />

raccordi). In tutti i suoi film, riusciti<br />

o meno – Pierrot le fou, Questa<br />

è la mia vita, Il disprezzo, Si<br />

salvi chi può (la vita), Passion,<br />

Prenom Carmen sono alcuni fra<br />

quelli proposti – prosegue nella<br />

sperimentazione, e in ognuno<br />

aggiunge un tassello a questa<br />

de/ricostruzione.<br />

A ciò si aggiunga il rifiuto di una<br />

certa produzione istituzionale e la<br />

ricerca di una nuova identità<br />

estetica attraverso l’uso di<br />

attrezzature leggere, riprese per<br />

le strade, fotografia sporca, non<br />

elaborata. Come detto, Fino<br />

all’ultimo respiro è stato uno<br />

degli atti fondativi di questo<br />

nuovo modo di girare, anche se<br />

l’autore lo considerò più come la<br />

fine del vecchio cinema: una<br />

distruzione di tutti i vecchi principi<br />

più che la creazione di nuovi. Ma<br />

la versatilità di Godard non si<br />

esaurisce qui. Durante la sua lunga<br />

vita (compirà 80 anni l’anno<br />

prossimo) ha affrontato il cinema<br />

militante con l’esperienza del<br />

collettivo Dziga Vertov, la<br />

sperimentazione televisiva o<br />

quella sull’aspetto visivo come<br />

sintesi di autobiografia e memoria<br />

storica.<br />

I termini per questo cattivo<br />

maestro senza eredi si sprecano,<br />

ciò nonostante la sua produzione<br />

multiforme lo rende in<strong>def</strong>inibile.<br />

Proprio su questo rebus molti<br />

ospiti proveranno a confrontarsi a<br />

Udine il 5 e 6 febbraio, nel<br />

convegno internazionale di studi<br />

che concluderà l’iniziativa: storici e<br />

critici tra cui il francese André S.<br />

Labarthe ma non solo, anche<br />

esponenti dell’arte e della cultura<br />

che il regista, attraverso le<br />

molteplici potenzialità del mezzo<br />

audiovisivo, ha saputo esplorare<br />

come pochi altri.<br />

Prossime uscite<br />

30 novembre 20<strong>09</strong><br />

2 febbraio 2010<br />

VIVILCINEMA settembreottobre<strong>09</strong> 53

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