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di famiglia? - Associazione Luca Coscioni

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IV AGENDA COSCIONIL’IMBROGLIO LESSICALE DEL “LAICISMO” CONTRAPPOSTO ALLA “LAICITÀ”L’ANTICLERICALISMONECESSARIONel <strong>di</strong>battito politico corrente sta consolidandosiuna pericolosa forzatura semantica,contraria alla stessa etimologia, volta a<strong>di</strong>nserire strumentalmente una contrapposizionetra i termini laicità e laicismo. Questoimbroglio lessicale è funzionale ad una chiaraoperazione politica che sotto le mentitespoglie della “sana laicità” mira a squalificarecome posizione degenerata e antireligiosaquella <strong>di</strong> chi si richiama all’insegnamentodel liberalismo classico ispirato al principiodella separazione tra sfera religiosa e poterepolitico. Ad essa infatti corrisponderebbe la<strong>di</strong>stinzione tra laico e laicista. L’operazionericorda l’evoluzione continentale del termine“liberale” per cui ai “liberali” si affiancanoi se<strong>di</strong>centi “liberal” che estromettono dalnovero del “liberalismo giusto” il “liberismoselvaggio”(“neo-liberismo”).Analogamente, oggi i “teocon”, i “teodem” egli “atei devoti” si prestano a sostenere vigorosamentela strategia clericale con identicotrucchetto lessicale: si arrogano la patente <strong>di</strong>“laici” e si inventano l’esistenza <strong>di</strong> un usopeggiorativo dell’antico termine “laicismo”con cui squalificare gli avversari politici sulloro stesso campo <strong>di</strong> battaglia. La vulgatapropinata in modo martellante dai me<strong>di</strong>anegli ultimi anni violenta il linguaggio politicosvuotando il termine chiave “laicismo”del suo significato autentico, e riempiendolo<strong>di</strong> un contenuto mistificante <strong>di</strong> antireligiosità,<strong>di</strong> avversione al fenomeno religioso.Il framework teoconservatore e teodemacraticosi gioca tutto sulla contrapposizione laicità-laicismo,come se i due termini designasseroatteggiamenti etico-politici contrapposti,appartenenti l’uno all’alveo lockeanodella tolleranza, l’altro a quello giacobinoe materialista dell’intolleranza religiosa.Ancora più preoccupante è la tesi sostenutaautorevolmente anche in seno all’area ra<strong>di</strong>cale,secondo la quale, in tema <strong>di</strong> laicità, ilproblema politico dovrebbe in<strong>di</strong>viduarsi edesaurirsi nell’atteggiamento “genuflettente”del ceto politico. In quest’ottica sarebberosenza pregio or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> considerazioni chevadano oltre la riven<strong>di</strong>cazione del principio<strong>di</strong> laicità e che investano <strong>di</strong>rettamente lastruttura, la produzione teologica, l’agirepolitico ed economico del monstrum clericale.E’ una tesi talvolta riproposta neiComitati <strong>di</strong> Ra<strong>di</strong>cali Italiani e che ha fattosorprendentemente capolino anche nelcorso del <strong>di</strong>battito tenutosi nell’ultima riunionedella Giunta dell’<strong>Associazione</strong> <strong>Luca</strong><strong>Coscioni</strong>, sostenuta questa volta da una giovanee colta bioeticista <strong>di</strong> indubbia formazionelaicista e ra<strong>di</strong>cale. Vale la pena, dunque,riflettere anche sul contenuto <strong>di</strong> questaimpostazione tutta proiettata sul principio<strong>di</strong> laicità e tesa ad escludere dall’analisi politicala Chiesa Cattolica, come fosse uncorpo estraneo alla <strong>di</strong>mensione del poterepolitico. Secondo questa impostazione –che più avanti avremo cura <strong>di</strong> criticare - sidovrebbe far politica “noncuranti” dellaChiesa Cattolica: tamquam curia non esset.Chi si occupa da posizioni laiche e anticlericali<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are l’anatomia del potere clericale(le finanze vaticane, i Concordati, i documentiufficiali, le relazioni politiche e istituzionali,le concezioni etiche e bioetiche propugnate,il potere <strong>di</strong> ingerenza <strong>di</strong> fatto esercitatocon spregiu<strong>di</strong>catezza e in spregio allastessa cornice concordataria etc.) tra<strong>di</strong>rebbei suoi stessi obiettivi dando una indebitarilevanza alle posizioni della ChiesaCattolica e sottolineandone l’importanza.Per mera como<strong>di</strong>tà espositiva in<strong>di</strong>cheremoriassuntivamente questa posizione con loslogan “laico sì, anticlericale no”. E’ l’otticapoliticamente infruttuosa <strong>di</strong> chi, noncogliendo appieno l’incedere regressivo ecorruttore della tenia clericale e, peggioancora, della ben più pervasiva cultura clericale,si sente appagato dalla riven<strong>di</strong>cazione<strong>di</strong> una laicità sganciata da qualsiasi considerazioneanticlericale.La due tesi sopra richiamate, pur provenendoda fronti politici contrapposti, sonoaccomunate da una unanime condanna dell’anticlericalismo,bollato come antistorico,ottocentesco, polveroso.La tesi antilaicista squalifica l’anticlericalismodall’ambito del politicamente legittimo,la tesi “laico sì anticlericale no” escludel’istanza anticlericale dall’ambito del politicamenteopportuno.I ra<strong>di</strong>cali pannelliani al contrario fanno dell’anticlericalismoil portato specifico dellaloro concezione nonviolenta. La storia politicaitaliana ci offre due gran<strong>di</strong> esempi <strong>di</strong>nobile e profondo anticlericalismo. Diversi,<strong>di</strong>versissimi nel metodo e nelle premesseculturali, ma convergenti nel loro sboccoanticlericale, gli insegnamenti <strong>di</strong> RomoloMurri e <strong>di</strong> Ernesto Rossi possono aiutarci aben comprendere come le due impostazionisopra richiamate siano destituite <strong>di</strong> fondamentoe come l’anticlericalismo sia ogginon solo legittimo, ma anche opportuno enecessario.Cominciamo dalle parole. Il termine “laico”(dal tardo lat. laicus e dal gr. laikòs = delpopolo) è nato nel linguaggio ecclesiasticoed è usato correttamente solo come aggettivoe in senso ristretto: "Che non ha caratterereligioso, che non è ecclesiastico o confessionale,che non fa parte del clero”.Dunque, <strong>di</strong> per sé il termine laico non haun significato politico ma in<strong>di</strong>ca solo coluiche è esterno alla ecclesia. Il termine chiavenel linguaggio politico è “laicismo”:“Atteggiamento ideologico <strong>di</strong> chi sostiene lapiena in<strong>di</strong>pendenza del pensiero e dell’azionepolitica dei citta<strong>di</strong>ni dall’autorità ecclesiastica”.Ad esso corrisponde una <strong>di</strong>latazionedell’ambito semantico del termine“laico” (aggettivo) che viene a designare nonsolo la qualità <strong>di</strong> chi, <strong>di</strong> ciò che è esterno allaChiesa (significato religioso), ma anche <strong>di</strong>“Preoccupante è la tesi secondola quale, in tema <strong>di</strong> laicità, ilproblema politico dovrebbein<strong>di</strong>viduarsi ed esaurirsi nell’atteggiamento“genuflettente”del ceto politico”chi, <strong>di</strong> ciò che si ispira al “laicismo”(significatopolitico). “Laicista” significa “propriodei laici”. “Laicità” in<strong>di</strong>ca “essere laico, con<strong>di</strong>zione<strong>di</strong> laico" quin<strong>di</strong> nei due significati,religioso e politico.In breve la contrapposizione tra laico e laicistaè pura mistificazione. Laicità e laicismo,laico e laicista sono termini contigui, senzaalcun contrasto. Anzi, a volere marcare delle<strong>di</strong>fferenze, secondo un corretto criterio etimologico,dovrebbe piuttosto aversi presenteche il termine “laico” è d’uso ecclesiasticoed estraneo all’uso politico. Il termine base è“laicismo” (sost.) da cui deriva l’aggettiva“laicista”: “antidogmatico, fautore del laicismo,cioè <strong>di</strong> quel principio politico e socialeche afferma l’in<strong>di</strong>pendenza della vita civileda qualsiasi principio o confessione religiosa,e dal clero”. I sostenitori della separazionetra sfera religiosa e <strong>di</strong>mensione politica,i sostenitori <strong>di</strong> un approccio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rittocomune al fenomeno religioso, possono edevono correttamente e orgogliosamentedefinirsi “laicisti”.Un ingenuo (o furbesco) errore <strong>di</strong> alcunilaici nostrani è quello <strong>di</strong> trincerarsi <strong>di</strong>etro ladoverosa conclamazione dei principi <strong>di</strong> laicitàe <strong>di</strong> libertà religiosa trascurando l’analisiempirica <strong>di</strong> ciò che è, in concreto, la gerarchiaecclesiastica. L’assetto concordatario, laconcertazione del fatto religioso (sic!!), ilsistema delle intese - incentrato sullo statusgiuri<strong>di</strong>co <strong>di</strong> confessione riconosciuta, strappato,<strong>di</strong> volta in volta, da questa o quellaconfessione religiosa - sono forme <strong>di</strong> “bizantinismo”giuri<strong>di</strong>co che, come tali, costituisconoreale e concreto ostacolo alla pienarealizzazione del principio <strong>di</strong> libertà religiosa,(proprio quel principio) <strong>di</strong>etro cui si trincerail laico non anticlericale. Il Concordatocraxiano del 1984 ha reso potenzialmenteillimitato, anzitutto sul piano tecnico-giuri<strong>di</strong>codelle fonti <strong>di</strong> produzione del <strong>di</strong>ritto,quel sottoprodotto <strong>di</strong> bassa cucina politicache è il Concordato del 1929, già blindatocostituzionalmente (art. 7 Cost.) dal votocattolico-comunista in AssembleaCostituente. Oggi, già a livello <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>mentoamministrativo, la confessione religiosa,un volta “strappato” lo status giuri<strong>di</strong>co(neobizantino) <strong>di</strong> “riconosciuta”, si trovanelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> concordare, in materiaconfessionale, il contenuto <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>mentiamministrativi emanati dalla PubblicaAmministrazione, come tali valevoli ergaomnes.Il convincimento erroneo è che una voltagarantita, a livello <strong>di</strong> principio e <strong>di</strong> normazione,la libertà religiosa, il compito del ra<strong>di</strong>cale,del nonviolento, sia in qualche modoesaurito. Così ragionando, si finisce per perdere<strong>di</strong> vista un fondamentale tratto costitutivodell’identità ra<strong>di</strong>cale pannelliana. Ilra<strong>di</strong>cale si connota rispetto al liberale perl’adesione incon<strong>di</strong>zionata all’idea <strong>di</strong> tolleranzaattiva. E’ l’aggiunta <strong>di</strong> religiosità nonviolentache segna la <strong>di</strong>versità ra<strong>di</strong>cale. Illiberale si ferma, per così <strong>di</strong>re, alla garanziadel rispetto formale della legge.Analogamente, il ra<strong>di</strong>cale è consapevole cheil rispetto della legge è premessa irrinunciabiledel vivere civile nel contesto <strong>di</strong> unasocietà aperta, incentrata sulla convivenzafra valori non con<strong>di</strong>visi; tuttavia, sospintoda religiosità nonviolenta, scuote il datolegale, se necessario ricorrendo in via <strong>di</strong>extrema ratio ai mezzi nonviolenti delSatyagraha e della <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza civile, alfine <strong>di</strong> investire e riformare inadeguati oingiusti assetti sociali e politici. Il ra<strong>di</strong>cale,pertanto, trova del tutto insufficiente einappagante il laicismo passivo <strong>di</strong> che sitrincera <strong>di</strong>etro il rispetto e la garanzia delprincipio <strong>di</strong> libertà religiosa, tanto più ove laconcreta realtà della mafiosità clericale, nelsuo incedere sistematicamente antidemocraticoe violentemente regressivo, converge<strong>di</strong>namicamente verso un’alleanza strutturatae organica con il clericalismo <strong>di</strong> stato.Ecco, in sintesi, il primo grave punto deboledella tesi “laico si, anticlericale no”: l’insufficienzadella riven<strong>di</strong>cazione laica ovequesta rimanga sganciata dalla considerazioneempirica delle <strong>di</strong>namiche reali <strong>di</strong> corruttelaclericale che rendono la nomenklaturavaticana effettivo ostacolo alla libertà religiosa.Il secondo elemento <strong>di</strong> debolezza politica <strong>di</strong>chi rifiuta la visione anticlericale della politicasta nel non avvedersi che il ceto politico,nell’attuale assetto partitocratrico, corporativo,spasmo<strong>di</strong>camente de<strong>di</strong>to alla ricerca <strong>di</strong>nuovi spazi <strong>di</strong> illegalità nei quali prosperare,costituisce massima espressione <strong>di</strong> clericalismo.Il clericalismo è anche il clericalismo <strong>di</strong>Stato. L’alleanza tra il clericalismo chiesasticoe il clericalismo <strong>di</strong> Stato impone <strong>di</strong> ripensarel’impegno anticlericale quanto all’area<strong>di</strong> applicazione e operatività. Non è più sufficientecontrastare le <strong>di</strong>ramazioni in temporalibusecclesiae, ma occorre comprenderee sventare la <strong>di</strong>namica convergente deidue clericalismi, quello partitocratricoburocratico-clientelaree quello chiesasticoteocratizzante.E’ facile ora smascherare una volta per tutteanche la tesi anti-laicista secondo la qualel’anticlericalismo si porrebbe in contrad<strong>di</strong>zionecon il principio <strong>di</strong> libertà religiosa.L’interrogativo che i ra<strong>di</strong>cali nonviolentirivolgono ai laici non anticlericali è ilseguente: <strong>di</strong>chiararsi, alla maniera dei pannelliani,nemici giurati <strong>di</strong> questa maleodorantepratica <strong>di</strong> concertazione permanentedel fatto religioso, significa forse optare perla soppressione del principio della libertàreligiosa? O, piuttosto, vuol <strong>di</strong>re offrire speranza<strong>di</strong> nuova vita, <strong>di</strong> sostanza vera e vitalealla libertà <strong>di</strong> fede?L’anticlericalismo ra<strong>di</strong>cale è nutrito <strong>di</strong> istan-continua a pagina 8

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