22 .IL MITODELLA FAMIGLIANATURALE...ORGOGLIOLAICO A PIAZZANAVONAIL MATRIMONIO PUÒ ATTENDEREDANIELA DEL BOCAALESSANDRO ROSINAwww.lavoce.info, 22 maggio 2005Quando un fenomeno con ricaduteimportanti sulla vita dellepersone si <strong>di</strong>ffonde e <strong>di</strong>venta socialmenteaccettato, il fatto chela politica lo ignori può essereletto come una conferma sia delgrado <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco della classe <strong>di</strong>rigentedalla vita dei comuni citta<strong>di</strong>ni,sia del grado <strong>di</strong> incapacitàdei policy maker <strong>di</strong> cogliereper tempo le trasformazioni socialiin atto e fornire risposteadeguate. Che le coppie <strong>di</strong> fattosiano una realtà ormai <strong>di</strong>ffusa ein forte crescita anche in Italia, èquanto <strong>di</strong>cono tutte le più recentiindagini. Che a livello politiconon si sia finora decisonulla per regolamentare tale fenomeno,<strong>di</strong>versamente da tuttigli altri paesi ai quali ci sentiamoculturalmente vicini, è un dato<strong>di</strong> fatto. Tra i paesi europei,l’Italia resta la sola a non offrirealcun riconoscimento giuri<strong>di</strong>coalle coppie <strong>di</strong> fatto etero o omosessuali.Il ritardo è in contrastocon le crescenti pressioni delParlamento europeo che ha sollecitatogli Stati membridell’Unione ad adeguare al piùpresto le proprie legislazioni alfine <strong>di</strong> riconoscere legalmente laconvivenza al <strong>di</strong> fuori del matrimonio,in<strong>di</strong>pendentemente dalsesso. Nonostante negli ultimianni siano state presentate bendo<strong>di</strong>ci proposte <strong>di</strong> legge - ultimaquella Grillini, vicina ai contenutidel Pacs francese – e nonostantetra i presentatori si trovinorappresentanti <strong>di</strong> forze politichesia della maggioranza chedell’opposizione, il vuoto giuri<strong>di</strong>copermane.È quin<strong>di</strong> da apprezzare la recenteapertura <strong>di</strong> Romano Pro<strong>di</strong>che, ispirandosi a De Gasperi, vaal <strong>di</strong> là dei suoi principi personali,afferma la necessità <strong>di</strong> riconoscerei problemi giuri<strong>di</strong>ci e civili<strong>di</strong> tutti coloro che scelgono<strong>di</strong> vivere insieme stabilmente informe <strong>di</strong>verse dal matrimonio esi <strong>di</strong>chiara favorevole all’adozionedel Pacs francese anche inItalia.Generazionia confrontoPer le persone omosessuali, salvoche in Olanda e in Spagna,non vi sono alternative alla convivenza.Per le persone eterosessuali,questa scelta può avere ragioni<strong>di</strong>verse: il rifiuto del matrimoniocome istituzione, l’impossibilità(è il caso, in Italia, deiseparati che devono aspettaretre anni prima <strong>di</strong> poter chiedereil <strong>di</strong>vorzio) o la non convenienzaa sposarsi, il desiderio <strong>di</strong> metterealla prova il proprio rapporto.Nella maggior parte dei paesioccidentali le convivenze sono<strong>di</strong> tipo giovanile, perciò piùvicine al terzo tipo <strong>di</strong> motivazione.In particolare, a partire dagli anniOttanta l’unione <strong>di</strong> fatto si èimposta come la forma prevalente<strong>di</strong> inizio della vita <strong>di</strong> coppiaper i giovani dell’Europanord-occidentale. Tanto che ametà degli anni Novanta, a Nord<strong>di</strong> Alpi e Pirenei, meno <strong>di</strong> un terzodelle prime unioni era unmatrimonio.I paesi dell’Europa meri<strong>di</strong>onaleper qualche decennio sonosembrati sostanzialmente immunia questo fenomeno, confinatosoprattutto alle coppie ricostituite,sebbene nelle areemetropolitane del Nord Italia isegnali <strong>di</strong> un cambiamento inatto apparissero già evidenti. AMilano ad esempio, tra le donnenate all’inizio degli anniSessanta ben una su tre avevaformato la prima unione in modoinformale anziché <strong>di</strong>rettamentetramite un legame coniugale.Per la stessa generazionel’incidenza nell’Italia centrosettentrionaleera invece pocopiù del 10 per cento e si scendevaa meno del 5 per cento nelMeri<strong>di</strong>one.Il confronto con la generazionesuccessiva (le nate alla fine deglianni Sessanta) fornisce però giàin modo chiaro l’entità del cambiamentoin atto. I numeri parlano<strong>di</strong> una crescita esponenziale.Si sale infatti a circa una convivenzaogni cinque primeunioni per il dato nazionale, e auna ogni quattro nel Nord-Centro (figura 1).Per le generazioni ancor più giovani,illuminanti sono i dati sulleintenzioni. Come evidenziauna recente indagine , circa dueterzi dei giovani che hanno attualmenteattorno ai venticinqueanni sono favorevoli allaconvivenza. Poco meno del 40per cento sono quelli che prevedonopersonalmente <strong>di</strong> attuarlacome forma <strong>di</strong> prima unione.Oltre la metà ritiene che i genitoriaccetterebbero senza alcunaopposizione tale loro eventualescelta. Che il fenomeno siain forte evoluzione e che la maggioranzadella popolazione italianaconsideri oramai socialmenteammissibile che due personepossano convivere senzaessere sposate, è testimoniatoda altre recenti indagini (1).Sulle convivenze omosessualinon esistono ancora dati ufficiali,anche sel’Istat sta pre<strong>di</strong>sponendonela possibilità <strong>di</strong> rilevazionenelle sue prossime indagini.I dati elaborati nel 2002dall’Istituto Cattaneo <strong>di</strong>Bologna mostrano comunqueche con l’età aumenta la quota<strong>di</strong> omosessuali che stabilizzanoi loro legami sentimentali formandouna relazione <strong>di</strong> coppiastabile. Si stima che i conviventipassino dal 7 per cento sotto i 25anni a circa un gay su cinque euna lesbica su tre nella fasciad’età 35-39 anni.Perchéaumentanole coppie <strong>di</strong> fatto?Stencil / MelfeasanceIn molti paesi europei, la maggioranzadelle convivenze si trasformasuccessivamente in matrimonio,non appena si stabilizzala con<strong>di</strong>zione lavorativa eabitativa, oltre a quella affettiva.Ciò avviene spesso in concomitanzacon l’arrivo <strong>di</strong> un figlio.Una parte minoritaria delle coppie<strong>di</strong> fatto rinuncia invece perragioni varie al legame coniugale.Tra queste ci sono sia le unionitra persone dello stesso sesso,sia coppie eterosessuali con osenza figli (2).La scelta <strong>di</strong> convivere in modoinformale anziché sposarsi, almenoin una prima fase, è legataa vari motivi. Sono sicuramentecambiate le preferenze.Le giovani generazioni sarebberomeno propense a fare in etàtroppo precoce scelte cariche <strong>di</strong>impegni e responsabilità.L’unione informale costituisceuna sorta <strong>di</strong> “trial marriage” chepermette <strong>di</strong> uscire dalla casa deigenitori, "sperimentare" le propriecapacità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenzadalla <strong>famiglia</strong> e <strong>di</strong> verificare leproprie capacita <strong>di</strong> lavoro e guadagno.La <strong>di</strong>ffusione della convivenza èperò anche favorita da un aumentodel senso <strong>di</strong> insicurezza,proprio delle società avanzate.In una società sempre più complessa<strong>di</strong>venta sempre menochiaro l’intreccio tra vincoli, opportunitàe implicazioni delleproprie scelte. Inoltre flessibilitàe mobilità occupazionale, seda un lato favoriscono la possibilità<strong>di</strong> conquistare un’autonomiadalla <strong>famiglia</strong> <strong>di</strong> origine,dall’altro non forniscono peròquella stabilità psicologica equella continuità <strong>di</strong> red<strong>di</strong>toconsiderate necessarie per ilmatrimonio. Vari stu<strong>di</strong> hannodel resto evidenziato come laconvivenza spesso si configuricome una “strategia adattativa”in una fase <strong>di</strong> incertezza occupazionale,e il passaggio al matrimoniosia favorito da una stabilitàoccupazionale.Va infine segnalato che nei paesidove la proporzione delleunioni <strong>di</strong> fatto è aumentata <strong>di</strong>più, come per esempio in Sveziae Norvegia, anche la fecon<strong>di</strong>tà èpiù elevata. Questo <strong>di</strong>mostracome il supporto <strong>di</strong> un partnersia rilevante per sostenere scelteimportanti in età giovanile.Riconoscere lecoppie <strong>di</strong> fattoL’auspicio è quin<strong>di</strong> che i policymaker possano adottare su questotema un approccio pragmaticoed equilibrato, che da un latooperi verso la possibilità <strong>di</strong> unriconoscimento giuri<strong>di</strong>co delleunioni <strong>di</strong> fatto (il Pacs francese èun buon esempio), ma dall’altroagisca anche verso una riduzionedelle insicurezze che frenanola progressione al matrimonio ealla decisione <strong>di</strong> aver figli (mercatodel cre<strong>di</strong>to, delle abitazioni,mercato del lavoro, ve<strong>di</strong> Billari eSaraceno).Va infine tenuto presente che la<strong>di</strong>ffusione delle convivenze e illoro riconoscimento giuri<strong>di</strong>conon hanno costituito in alcunpaese, nemmeno in Svezia, unasostituzione dell’istituto del matrimonio(3).Un atteggiamentopositivo verso il matrimonio comefondamento della <strong>famiglia</strong>,o comunque come una sua certificataconferma, continua infattia essere maggioritario intutta Europa.Per saperne <strong>di</strong> più(1) Letizia Mencarini, RosellaRettaroli, Alessandro Rosina, "Primirisultati dell’indagine Idea",presentataal convegno su "Famiglie,nascitee politiche sociali",Accademia deiLincei, 28-29 aprile 2005. E inoltreBarbagli M., Castiglioni M., DallaZuanna G. (2003). Fare <strong>famiglia</strong> inItalia. Un secolo <strong>di</strong> cambiamenti,Bologna: il Mulino. Si veda anchel’indagine Demos-Eurisko, pubblicatasu "La Repubblica" del 7 novembre2004.(2) Sono circa una su tre le coppie attualmenteconviventi che <strong>di</strong>chiarano<strong>di</strong> non avere alcuna intenzione <strong>di</strong>sposarsi (Istat, Rapporto annuale2004, cap. 4).(3) Come in<strong>di</strong>cano i risultati dell’indagineFamily and Working Life inthe 21st Century, condotta nel 1999.In Svezia più che in altri paesi,il matrimonioda rito <strong>di</strong> passaggio sembraessere <strong>di</strong>venuto rito <strong>di</strong> conferma:avviene dopo <strong>di</strong>versi anni dall’iniziodella convivenza e spesso in presenza<strong>di</strong> figli anche cresciuti.
.ORGOGLIOIL MITODELLA NATURALE... FAMIGLIALAICO A PIAZZA23NAVONAPOLITICHE PER LA FAMIGLIAA COSTO ZERO. O QUASI...DANIELA DEL BOCACHIARA SARACENOFRANCESCO BILLARIwww.lavoce.info, 22 aprile 2007Prima delle elezioni abbiamopartecipato al <strong>di</strong>battito sui programmirelativi alla <strong>famiglia</strong>. Si<strong>di</strong>scuteva, allora, tra i due schieramentise fosse meglio riformareil fisco me<strong>di</strong>ante l’introduzione<strong>di</strong> un quoziente familiare(nel programma del centrodestra),ovvero utilizzare nuoveforme <strong>di</strong> trasferimenti monetaria favore delle famiglie e dei figli,ad<strong>di</strong>rittura proponendo l’istituzione<strong>di</strong> veri e propri babybonds (nel programma del centrosinistra),nonché la costruzione<strong>di</strong> tremila nuovi asili nido.Se la <strong>famiglia</strong> è stata al centrodella campagna elettorale, oggi,forse dando ragione a chi sottolineavail carattere essenzialmente<strong>di</strong> propaganda delle proposte,non si parla quasi più <strong>di</strong>tali politiche. La <strong>famiglia</strong> è tornataa essere quasi esclusivamenteun capitolo del <strong>di</strong>battitoideologico (che cosa è, chi ha <strong>di</strong>rittoa formarla e così via) e sulleforme <strong>di</strong> regolamentazione giuri<strong>di</strong>ca,piuttosto che delle politichesociali, nonostante sia statocreato un ministero ad hoc, significativamentesenza portafoglio.Anzi, lo “spacchettamento”del ministero del Lavoro e dellepolitiche sociali in due ministericon portafoglio (Lavoro ePolitiche sociali) e due senza(Famiglia e Politiche giovanili,che si aggiungono al pre-esistenteministero per le Pari opportunità)segnala come non siaben chiaro al nostro legislatorequanto siano, oggi più che mai,intrecciate le politiche del lavoro,quelle per la <strong>famiglia</strong> e quelleper le pari opportunità - non solotra donne e uomini, ma tragruppi <strong>di</strong> età, etnie, persone <strong>di</strong><strong>di</strong>versa appartenenza religiosa,o <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso orientamento sessuale.Spezzettarle in ministeri<strong>di</strong>versi, e con <strong>di</strong>versi poteri, <strong>di</strong>fatto significa frammentare erendere <strong>di</strong>fficilmente comunicantie integrati gli interventi.A ciò si aggiungano le <strong>di</strong>fficoltà<strong>di</strong> bilancio. Tra i provve<strong>di</strong>mentidei primi cento giorni non si intravvedenessuna iniziativa trale tante promesse, anche se essericompaiono in modo esplicitonel Dpef, che tuttavia è, senon un libro dei sogni, certo soloun documento <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo.Da questo punto <strong>di</strong> vista, saràimportante vedere quanti deipropositi enunciati nel documentoinizieranno a prendereforma nella prossimaFinanziaria.In realtà, se ci si mette in un’otticapragmatica e si allarga losguardo al <strong>di</strong> fuori degli ambiti edegli attori che tra<strong>di</strong>zionalmentesono presi in considerazionequando si pensa a politiche <strong>di</strong>sostegno alle responsabilità familiari,si possono già fare alcunecose senza costi aggiuntivi (oquasi). Di seguito proviamo a rifletteresu tre tipi <strong>di</strong> politiche, in<strong>di</strong>rettamenteo <strong>di</strong>rettamenteamichevoli nei confronti dellefamiglie.Politiche(in<strong>di</strong>rette) per lefamiglie:liberalizzare esemplificareLa campagna <strong>di</strong> liberalizzazionee semplificazione burocraticalanciata dal premier Pro<strong>di</strong> e dalministro Bersani è certamenteun esempio importante <strong>di</strong> politica(in<strong>di</strong>retta) per la <strong>famiglia</strong>. Lefamiglie sono essenzialmenteconsumatrici. Come tali traggonovantaggi dal pagare <strong>di</strong> menoalcuni servizi come quelli assicurativi,o acquistare più facilmenteil pane o i farmaci.Soprattutto quelle con una coppia<strong>di</strong> lavoratori o numerose, sonoperennemente in lotta controil tempo, a causa della <strong>di</strong>fficoltà<strong>di</strong> conciliare tempi del lavoroe tempi della <strong>famiglia</strong> o <strong>di</strong>coor<strong>di</strong>nare i tempi dei genitori edei figli. Ogni semplificazioneburocratica che permetta <strong>di</strong> risparmiareil tempo speso in codeo correndo da uno sportelloall’altro (magari potendo permettersiun taxi) è una politica afavore delle famiglie. In questosenso, in effetti, il nuovoGoverno sembra partire con misureutili.Si può fare <strong>di</strong> più? Certamente.Ad esempio, una liberalizzazionedegli orari della <strong>di</strong>stribuzionecompleterebbe i pacchetticon un’ulteriore opportunità <strong>di</strong>conciliare i tempi della vita.Occorre in questo caso coor<strong>di</strong>narele politiche nazionali conquelle regionali e locali. Occorreinoltre far sì che i nuovi orari sianoutilizzati per la creazione <strong>di</strong>posti riservati a lavoratori chescelgano orari non standard,piuttosto che costringendo i lavoratori(che "tengono" spesso<strong>famiglia</strong>) a turni che renderebberoi tempi <strong>di</strong> vita problematici.Coinvolgere attori<strong>di</strong>versi in climaamichevole neiconfronti dellefamiglie: impresee scuoleSulla scia della voglia <strong>di</strong>"CorporateSocialResponsibility" delle imprese, ilGoverno potrebbe stimolarel’assunzione <strong>di</strong> misure amichevolinei confronti delle famiglie,da pubblicizzare adeguatamente.Se le parti politiche hannoparlato molto <strong>di</strong> <strong>famiglia</strong> durantela campagna elettorale, evidentementeil tema "tira" sulpubblico generale: perché nonstimolare le imprese che potrebberogiovarsi nella propria comunicazionepubblica <strong>di</strong> esserefamily-friendly (già alcune, lofanno, soprattutto quando hannoorigine nor<strong>di</strong>ca e anche incontesti con sostegno pubblicolimitato come gli Stati Uniti)? (1)Stimolare dunque politicheaziendali dell’orario <strong>di</strong> lavoro,ma anche dell’offerta <strong>di</strong> servizi,che tengano conto del fatto cheil proprio personale ha responsabilitàfamiliari e che interagisconocon le politiche locali inquesto settore. Allargare, adesempio, con la collaborazionee anche il monitoraggio del sindacato,le esperienze <strong>di</strong> banchedelle ore, che consentano ai lavoratorie alle lavoratrici unacerta flessibilità nell’orario e lapossibilità <strong>di</strong> scegliere tra esserepagati <strong>di</strong> più (straor<strong>di</strong>nari) o inveceessere pagati in "tempo".Se non si possono costruire i tremilaasili nido promessi, si potrebbecontinuare a promuoverela costituzione <strong>di</strong> quelli aziendali– aperti anche alla comunitàlocale e <strong>di</strong> buona qualità – enfatizzandoil ruolo socialmenteutile che rivestono. Gli asiliaziendali sono già parte <strong>di</strong> programmi<strong>di</strong> "work-life balance"<strong>di</strong> molte imprese negli StatiUniti (con una spesa <strong>di</strong> 1,75 milioni<strong>di</strong> euro) e Gran Bretagna(80 milioni <strong>di</strong> euro, più della metadella spesa europea totale).(2) Si tratta <strong>di</strong> imprese per lo piùmultinazionali spesso con altolivello tecnologico, che hannol’esigenza <strong>di</strong> tenere al lavoro forzalavoro sulla cui formazionehanno investito molte risorse eche non vogliono vedere scompariredopo la nascita del primofiglio.Gli asili nido aziendali si stanno<strong>di</strong>ffondendo anche in Italia, soprattuttonelle gran<strong>di</strong> città delCentro-Nord, nell’ambito <strong>di</strong>progetti più generali <strong>di</strong> "work-lifebalance". In alcuni casi, adesempio nel progetto I care <strong>di</strong>Tim, assicurano una coperturaoraria dalle 6.30 alle 20.30 (cinqueore in più della me<strong>di</strong>a degliasili pubblici). Le imprese che liorganizzano per i propri <strong>di</strong>pendentisono <strong>di</strong>versissime: dallebanche alle università. Certo, èpiù semplice per una grandeimpresa, che ha una "massa critica"sufficiente. Ma anche lepiccole imprese, dove spessosono occupate le donne, potrebberoconsorziarsi tra loro econ il comune per avviare unasilo nido. Si potrebbe pensare aun meccanismo, opportunamenterivisto, come quello dellalegge 285/1998, che servì dastimolo per la creazione <strong>di</strong> nuoviservizi per l’infanzia.Accanto alla questione della curadei bambini molto piccoli,una collaborazione inter-istituzionalee tra pubblico e privatopuò affrontare anche i bisogni <strong>di</strong>cura dei bambini più gran<strong>di</strong>celli,o quelli che si presentano all’altrocapo dello spettro <strong>di</strong> età.Ad esempio, potrebbero esserefatte conoscere e incentivateiniziative, ancora una volta comeI care <strong>di</strong> Tim, in cui, per aumentarela flessibilità dell’orarioe dei conge<strong>di</strong>, viene intestato aibambini <strong>di</strong> meno <strong>di</strong> otto anniun libretto <strong>di</strong> assegni tempo (<strong>di</strong>150 ore) che i genitori possono"staccare" quando ne hannonecessità. (3)Le scuole, che sono <strong>di</strong> fatto ilprincipale servizio, potrebberoessere utilizzate in modo piùamichevole nei confronti dellefamiglie. Incoraggiando non soloil tempo pieno, ma anche l’allargamento<strong>di</strong> esperienze giàesistenti sull’utilizzo dei localinelle ore extrascolastiche daparte sia delle famiglie sia <strong>di</strong> associazionie altri enti che forniscanoservizi (corsi, ma perchéno, attività <strong>di</strong> intrattenimento ecura dei bambini al <strong>di</strong> fuori degliorari standard).Le misure <strong>di</strong> flessibilità orariapensate per chi ha bambini potrebberoessere allargate anchea chi ha responsabilità <strong>di</strong> curaverso familiari fragili a motivodell’età o della malattia, innanzituttofacilitando l’utilizzo deipermessi <strong>di</strong> legge. Sarebberoanche utili servizi <strong>di</strong> consulenzae me<strong>di</strong>azione per affrontare iproblemi <strong>di</strong> questa fase della vitae per essere aiutati a sceglieretra le opzioni possibili (quandoci sono).Razionalizzarei benefici finanziariattualmentein vigoreA parità <strong>di</strong> spesa, si potrebberorazionalizzare i benefici finanziaria favore delle famiglie: gliassegni al nucleo familiare, gliassegni per le famiglie con almenotre figli, le detrazioni perfigli a carico. Tali misure rispondonoa logiche e criteri <strong>di</strong>fferenti,quin<strong>di</strong> producono <strong>di</strong>suguaglianzenon accettabili sul pianodell’equità. A parità <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to e<strong>di</strong> composizione della <strong>famiglia</strong>,infatti, alcune famiglie traggonotutti e tre i benefici, altre – <strong>di</strong> solitole più povere – solo l’assegnoper chi ha almeno tre figli.L’assegno al nucleo familiare,infatti, è pagato solo ai lavoratori<strong>di</strong>pendenti e assimilati a bassored<strong>di</strong>to e non entra nell’imponibile.Delle detrazioni familiaripossono fruire solo coloroche, in<strong>di</strong>vidualmente, hanno unred<strong>di</strong>to sufficientemente capiente.Dell’assegno al terzo figliopossono fruire tutte le famigliecon almeno tre figli minoriche hanno un red<strong>di</strong>to (alla cuiformazione non concorrel’eventuale assegno al nucleo familiare)non superiore a euro21.309,43 per cinque persone.Se l’accordo su una misura universalistica,quale esiste in quasitutti i paesi europei, a parità <strong>di</strong>budget, appare poco probabileper le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> impostazionee <strong>di</strong> priorità anche all’internodell’attuale maggioranza, si potrebberounificare i criteri, i mo<strong>di</strong><strong>di</strong> calcolo del red<strong>di</strong>to e dellasua progressività e le scale <strong>di</strong>equivalenza, almeno dei due assegnio ad<strong>di</strong>rittura unificarlitout court, <strong>di</strong> modo da evitare leattuali iniquità, correggere gli effettiperversi degli scaglioni <strong>di</strong>red<strong>di</strong>to così come si produconoattualmente soprattutto nell’assegnoal nucleo familiare e influirein modo più netto sul benesseredelle famiglie numerosee in potenziale (o effettiva)<strong>di</strong>fficoltà economica.Nel farlo, occorrerebbe anchetentare <strong>di</strong> correggere il potenzialeeffetto <strong>di</strong>sincentivante delsecondo red<strong>di</strong>to (<strong>di</strong> fatto, del lavorodelle donne) implicito inogni trasferimento basato su untest dei mezzi familiari. È nonsolo in contrasto con gli obiettivi<strong>di</strong> parità tra uomini e donne econ gli obiettivi <strong>di</strong> aumento deltasso <strong>di</strong> attività e occupazionefemminile, come hanno rilevatosu queste stesse pagine ancheDe Vincenti e Pollastri. È anchein contrasto con qualsiasi politica<strong>di</strong> prevenzione della povertàdelle famiglie con figli e anchedelle donne.Certo, sarebbe utile avere i datisu chi fruisce degli assegni alnucleo familiare per quali importi,per poter fare una valutazione<strong>di</strong> chi e quanti eventualmentesarebbero svantaggiatida un’eventuale riforma e viceversachi e quanti ne trarrebberobenefici. Purtroppo è un datoche sembra impossibile averedall’Inps, per il modo in cui questaspesa viene richiesta e documentata.Anche questo la <strong>di</strong>celunga sulla scarsa attenzionecon cui vengono pensate e attuatele politiche <strong>di</strong> sostegno alla<strong>famiglia</strong> nel nostro paese.Nel Dpef si parla, senza entrarenel dettaglio dei tempi e mo<strong>di</strong>,<strong>di</strong> unificare in un unico strumento– l’assegno per i minori –le detrazioni per i figli e gli assegni,da destinare prioritariamentealle famiglie a red<strong>di</strong>tome<strong>di</strong>o e basso. Ciò risolverebbeda un lato la questione della incapienza(ovvero del mancatoaccesso delle famiglie più poverealle facilitazioni <strong>di</strong> tipo fiscale),dall’altro quello delle iniquitàprodotte dalla maggiorazioneper i bassi red<strong>di</strong>ti introdotta dalprecedente Governo. Dato, infatti,che l’imposta è sui red<strong>di</strong>tiin<strong>di</strong>viduali, una detrazione siffattapuò produrre iniquità trafamiglie con red<strong>di</strong>to complessivoidentico, ma guadagnato dauna piuttosto che due persone.Anche se va tenuto presente cheanche in questo caso, in assenza<strong>di</strong> correttivi adeguati, vi potrebbeessere una forte penalizzazionedelle famiglie con duepercettori <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to, quin<strong>di</strong> dellavoro della donna-madre.