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MAP - Magazine Alumni Politecnico di Milano #1

Il Magazine dei Designer, Architetti, Ingegneri del Politecnico di Milano - Numero 1 - Primavera

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lui una storia legata al movimento<br />

moderno, ma noi lo percepivamo<br />

come il Preside, un po’ <strong>di</strong>staccato.<br />

Di questi architetti, pur progettisti<br />

importanti, al tempo facevamo fatica<br />

ad apprezzare le qualità. Le lezioni<br />

<strong>di</strong> Gio Ponti, le rare lezioni che<br />

faceva - perché era sempre in giro<br />

per il mondo - erano affollatissime,<br />

più <strong>di</strong>aloghi e racconti <strong>di</strong> esperienze<br />

<strong>di</strong>vertenti che insegnamenti ex<br />

cathedra.<br />

Un suo collega, Paolo Favole, <strong>di</strong>ceva<br />

che erano un po’ come delle<br />

lezioni <strong>di</strong> filosofia<br />

Sì, ma come in salotto, senza sussiego<br />

professorale. Ponti però, dato<br />

che spesso improvvisava le lezioni,<br />

anche si ripeteva. “Non vi ho mai<br />

parlato della mia villa a Caracas?”<br />

questo nel 1961: allora la folla <strong>di</strong><br />

studenti, più <strong>di</strong> cento, anche in pie<strong>di</strong>,<br />

che aveva già varie volte sentito<br />

parlare della villa <strong>di</strong> Caracas mentiva.<br />

“Benissimo, vi parlo della villa <strong>di</strong><br />

Caracas”. E Ponti partiva. Non c’erano<br />

gli strumenti <strong>di</strong>dattici <strong>di</strong> oggi:<br />

la raccontava a parole, non poteva<br />

proiettare, faceva meravigliosi <strong>di</strong>segni<br />

al tratto alla lavagna, svolazzando.<br />

Molto cor<strong>di</strong>ale, alla mano.<br />

Agli esami non c’era mai. Altri? Noi<br />

avevamo rapporti più fitti con gli<br />

assistenti, per esempio con Vittorio<br />

Gregotti: lo ricordo, molto simpatico<br />

e <strong>di</strong>namico, ci stimolava, gli ricordo<br />

sempre “Vittorio, sono un tuo<br />

allievo!”. Per lui ho una gran<strong>di</strong>ssima<br />

stima, persona <strong>di</strong> intelligenza straor<strong>di</strong>naria,<br />

molto generoso, grande<br />

progettista e maestro.<br />

Ma il Poli lo ricordo con affetto<br />

anche perché ebbi compagni <strong>di</strong><br />

classe molto bravi. Giorgio Grassi<br />

<strong>di</strong>segnava da mago, non meraviglia<br />

che, poi, le sue architetture le<br />

abbia rappresentate in modo così<br />

poetico.<br />

Pure Italo Lupi, un anno davanti a<br />

me, bravissimo nel <strong>di</strong>segno. Lo scoprii<br />

già laureato, quando lavorava<br />

per La Rinascente. Rimasi incantato<br />

<strong>di</strong> fronte alle sue gran<strong>di</strong> tavole <strong>di</strong><br />

carta riso solo vergate a matita dura.<br />

Con Italo abbiamo fatto tante cose<br />

assieme, da lui ho imparato molto,<br />

lo stimo moltissimo, ed è molto<br />

gentile perché ancora mi sopporta.<br />

Qual è la cosa più importante imparata<br />

negli anni del <strong>Politecnico</strong>?<br />

Forse il lavoro, l’impegno necessario<br />

a costruire il progetto giorno<br />

dopo giorno, con perseveranza. Nel<br />

nostro mestiere non è che dopo<br />

l’idea iniziale il progetto sia fatto.<br />

Occorre anche la fatica quoti<strong>di</strong>ana<br />

per l’affinamento, il <strong>di</strong>panarsi del<br />

progetto. Per eliminare tutto quello<br />

che risulta superfluo, troppo facile.<br />

Perché un progetto si può ritenere<br />

concluso solo quando non c’è<br />

più nulla da togliere. Non ci sono<br />

scorciatoie. Tutto questo si ottiene<br />

sgobbando, chini sui tavoli, le giornate<br />

nella polvere. Forse è questo<br />

uno degli insegnamenti più importanti<br />

del Poli.<br />

Abbiamo parlato del passato, torniamo<br />

a quegli anni. Lei ha progettato<br />

sia abitazioni che fabbriche<br />

giar<strong>di</strong>no: partiamo da queste<br />

ultime, in particolare dal quartier<br />

generale <strong>di</strong> Prada<br />

Credo <strong>di</strong> essere un architetto fortunato<br />

perché quasi sempre ho avuto<br />

incarichi da committenti intelligenti<br />

e illuminati. La collaborazione<br />

con Prada dura da quasi trent’anni.<br />

Cominciò semplicemente. Patrizio<br />

Bertelli mi fece chiamare, lo incontrai<br />

nella sua bella sede operativa<br />

in provincia <strong>di</strong> Arezzo. Da allora ho<br />

avuto il privilegio <strong>di</strong> realizzare per<br />

loro tre complessi industriali (stabilimenti<br />

e uffici), uno nelle Marche,<br />

due in Valdarno. Ancora lì un<br />

quarto in via <strong>di</strong> completamento.<br />

Oltre a vari progetti, tra ipotesi abbandonate<br />

ed altre in progress.<br />

Un’esperienza estremamente stimolante,<br />

anche per la straor<strong>di</strong>naria<br />

sintonia con Patrizio, lui più architetto<br />

e progettista <strong>di</strong> tanti altri con<br />

la laurea. Benché ormai non riesca<br />

più ad incontrarlo spesso. Ma ho<br />

sempre il piacere <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre<br />

l’impegno per la qualità architettonica,<br />

il fasti<strong>di</strong>o per tutto ciò che<br />

non è essenziale, il ricorrente impiego<br />

<strong>di</strong> elementi prefabbricati per<br />

sveltire i processi costruttivi e contenere<br />

i costi.<br />

Qual era la volontà della committenza?<br />

Evitare la sciatteria e la banalità<br />

60<br />

<strong>MAP</strong> <strong>Magazine</strong> <strong>Alumni</strong> Polimi<br />

“Il nostro mestiere non<br />

è il mestiere dell’idea.<br />

Il progetto è fatica<br />

quoti<strong>di</strong>ana,<br />

è affinamento”

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