MAP - Magazine Alumni Politecnico di Milano #1
Il Magazine dei Designer, Architetti, Ingegneri del Politecnico di Milano - Numero 1 - Primavera
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“Non ho cercato la<br />
posizione<br />
professionale in cui<br />
mi trovo, né avevo<br />
pensato a New York<br />
come meta. Ho visto<br />
un annuncio su una<br />
rivista e ho risposto”<br />
avviso hanno cambiato il para<strong>di</strong>gma<br />
della curatela?<br />
In primis, non citerò le mie! Non mi<br />
sembrerebbe giusto. Andando in<strong>di</strong>etro<br />
nel passato c’è una mostra del<br />
1964, intitolata Architecture without<br />
Architects <strong>di</strong> Bernard Rudofsky, che è<br />
stata una specie <strong>di</strong> pugno nello stomaco<br />
al modernismo in Architettura.<br />
Rudofsky aveva già fatto mostre altrettanto<br />
coraggiose, ma quella è stata<br />
proprio un’idea forte. Poi ti <strong>di</strong>rei la<br />
super citata Italy. The New Domestic<br />
Lansdscape curata da Emilio Ambasz<br />
nel 1972 che cito non perché sono italiana<br />
ma perché presentava per la prima<br />
volta un concetto <strong>di</strong> design molto<br />
ampio. Perché seppur il Design italiano<br />
fosse identificato con l’ambiente<br />
domestico, i mobili e i prodotti furono<br />
messi in relazione <strong>di</strong>retta con l’idea<br />
speculativa <strong>di</strong> identificare nuovi mo<strong>di</strong><br />
del vivere. Certo, già negli anni sessanta<br />
esistevano importanti gruppi<br />
<strong>di</strong> ricerca, penso agli Archigram in Inghilterra<br />
o a Superstu<strong>di</strong>o in Italia, ma<br />
nel 1972, in occasione della mostra, si<br />
incontrarono per la prima volta con i<br />
gran<strong>di</strong> produttori <strong>di</strong> mobili e oggetti.<br />
Uno dei “motori” <strong>di</strong> quella mostra fu<br />
Giulio Castelli, fondatore <strong>di</strong> Kartell,<br />
uno dei miei più gran<strong>di</strong> mentori, che<br />
tengo sempre molto a citare. Poi ti voglio<br />
nominare Design, miroir du siécle<br />
tenutasi al Grand Palais <strong>di</strong> Parigi nel<br />
1993, una mostra che ho avuto modo<br />
<strong>di</strong> visitare, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> cui<br />
ho parlato precedentemente che per<br />
ovvie ragioni non ho visto, e che nel<br />
bene o nel male ha cambiato il mio<br />
modo <strong>di</strong> percepire il Design. La mostra<br />
era allo stesso tempo bellissima,<br />
soffocante e scostante, perché ospitava<br />
tutti gli oggetti più importanti<br />
del ventesimo secolo, ma mettendoli<br />
tutti insieme come in un mercatino<br />
delle pulci. Questo atteggiamento <strong>di</strong><br />
grande spettacolarità, sdegno e anche<br />
arroganza mi aveva fatto pensare che<br />
non avrei mai più voluto chiamare le<br />
persone “consumatori” e che il Design<br />
non andava in nessun modo sminuito<br />
ma piuttosto messo su un pie<strong>di</strong>stallo.<br />
Non dobbiamo <strong>di</strong>menticare a questo<br />
proposito la mostra Machine Art, curata<br />
da Philip Johnson per il MoMA<br />
nel 1934. Qui per la prima volta furono<br />
messi su un pie<strong>di</strong>stallo bianco pezzi<br />
meccanici <strong>di</strong> macchine utensili come<br />
i cuscinetti a sfera, le molle, le eliche.<br />
In tanti sono in attesa <strong>di</strong> un tuo libro,<br />
aspettano che tu faccia il punto.<br />
Quanto ti interessa scrivere un libro?<br />
lo farò, anzi, a <strong>di</strong>re il vero avrei dovuto<br />
consegnarlo un anno fa. Diciamo che<br />
mi interessa fino a un certo punto nel<br />
senso che ho tante idee da sviluppare<br />
e il libro sta <strong>di</strong>ventando una specie <strong>di</strong><br />
zavorra. Anche per questo, dato che<br />
ho cominciato, devo finirlo. Non credo<br />
però che uscirà prima <strong>di</strong> un anno.<br />
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