vergevano correttamente. Durante le fasi attive avevamo implementato le istruzioni <strong>di</strong> volo per il satellite, quin<strong>di</strong> stavamo in sala controllo a monitorare come Rosetta si comportava in queste situazioni critiche. Nel nostro lavoro, la fase <strong>di</strong> progettazione e <strong>di</strong> pianificazione è quella che richiede la maggior parte del tempo. Ci si prepara al peggio, ma, se tutto funziona bene, in sala <strong>di</strong> controllo c’è poco da fare, in realtà: osservi e basta, tutto accade a bordo del satellite. Il grosso del lavoro è stato fatto semestri o anni prima. Gli anni che mi hanno impegnato <strong>di</strong> più sono stati il 2012 e il 2013, quando Rosetta era in ibernazione. In quegli anni con alcuni colleghi abbiamo pianificato tutto quello che avremo fatto nel 2014, mentre paradossalmente nel 2014, con la missione andata bene, sono stato meno impegnato <strong>di</strong>rettamente. Le manca ancora Rosetta? Leggevo che c’era quasi un legame emotivo. Il legame emotivo c’è stato, Rosetta era <strong>di</strong>ventata un componente della famiglia anche per mia moglie! Dopo l’atterraggio <strong>di</strong> Philae, la missione non era più in fase critica e sono iniziate le operazioni <strong>di</strong> routine, e per me c’è stata una grossa riduzione del carico <strong>di</strong> lavoro. La fine della missione è stata “forte” dal punto <strong>di</strong> vista emotivo per tutte le persone che lavoravano con Rosetta. Una volta concluso il lavoro, un lunedì mattina, ero in ufficio e pensavo: “Adesso cosa sarà della mia vita? Non ci sarà più niente che mi porterà l’entusiasmo <strong>di</strong> Rosetta”. Ma poi non è vero. Che cosa le ha lasciato il <strong>Politecnico</strong> che ancora oggi le è utile? Ovviamente tutta la parte <strong>di</strong> preparazione tecnica che mi ha dato, poi la determinazione e l’ambizione <strong>di</strong> perseguire traguar<strong>di</strong> in apparenza impossibili. Per me la migliore definizione <strong>di</strong> ingegnere è questa: a partire dall’osservazione della natura e dallo stu<strong>di</strong>o degli strumenti messi a <strong>di</strong>sposizione da chi fa ricerca, siamo in grado <strong>di</strong> creare un modello dell’ambiente in cui ci troviamo e usarlo per realizzare qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso. E questo è quello che mi ha insegnato il <strong>Politecnico</strong>: fare un modello <strong>di</strong> ogni cosa. È vero che voleva fare il pilota? Ancora oggi ritengo che il pilota militare sia il lavoro che più mi sarebbe piaciuto fare, ma negli anni <strong>di</strong> accademia mi sono reso conto che, per farlo, erano necessari troppi sacrifici. Avrei dovuto de<strong>di</strong>care tutta la mia vita al volo e stare sempre in giro. Non era la vita che volevo vivere io, e nonostante abbia sofferto moltissimo quando ho deciso <strong>di</strong> andarmene – anche perché andavo bene – sapevo che la mia strada era un’altra. Ancora oggi sono in contatto con i miei colleghi, nei giorni in cui Philae arrivò alla cometa mi mandarono una nota vocale che <strong>di</strong>ceva: “Si vedeva già che il cielo, per te, non era abbastanza”. C’era qualcosa che mi stava stretto, avevo bisogno <strong>di</strong> andare più lontano. “Ci si prepara al peggio, ma se tutto funziona bene in sala <strong>di</strong> controllo c’è poco da fare, in realtà: osservi e basta, tutto accade a bordo del satellite. Il grosso del lavoro è stato fatto semestri o anni prima” 88 <strong>MAP</strong> <strong>Magazine</strong> <strong>Alumni</strong> Polimi
In senso orario: il passaggio della sonda Rosetta a circa 250 km dalla superficie <strong>di</strong> Marte, la cometa 67P/ Churyumov-Gerasimenko, e un “selfie” <strong>di</strong> Rosetta. 89 <strong>MAP</strong> <strong>Magazine</strong> <strong>Alumni</strong> Polimi