Makinglife N.6 2023
Per quanto sgradito e il più possibile evitato, il conflitto è un elemento naturale delle interazioni umane e non può - né dovrebbe - essere eluso. Se affrontato attivamente e precocemente, invece, può offrire interessanti opportunità di imparare, crescere e innovare.
Per quanto sgradito e il più possibile evitato, il conflitto è un elemento naturale delle interazioni umane e non può - né dovrebbe - essere eluso. Se affrontato attivamente e precocemente, invece, può offrire interessanti opportunità di imparare, crescere e innovare.
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makinglife | dicembre <strong>2023</strong><br />
Invece, nell’ambito della sociologia della salute possiamo fare<br />
riferimento al conflitto sociale. La causa principale del conflitto<br />
sociale è la diseguaglianza. In una società nella quale le<br />
classi sociali sono distanti tra loro e dove vi è scarsa mobilità<br />
sociale si generano invidia, violenza e cultura della sopraffazione.<br />
In questa società domina il capitale sociale bonding (quello<br />
del clan) e langue il capitale sociale bridging (la possibilità che<br />
interagiscano persone di classi sociali differenti). Manca inoltre<br />
una componente fondamentale della società che è la fiducia.<br />
Una mancanza che genera costi sociali, ma anche economici,<br />
enormi. Senza fiducia bisogna proteggersi in tutte le dimensioni:<br />
fisiche e giuridiche. Se ho una bicicletta devo comprare due<br />
lucchetti, se ho un’azienda devo tutelare ogni scambio con un<br />
contratto, nella mia casa devo mettere le grate e le telecamere.<br />
In queste società anche la salute ne risente. Sono più diffusi stili<br />
di vita malsani e comportamenti violenti. Anche le diseguaglianze<br />
sanitarie sono amplificate, con i fattori socio-economici che<br />
pesano in modo sproporzionato sui poveri e che li conducono a<br />
pessime condizioni di salute molto più che nelle società maggiormente<br />
egualitarie. E l’accesso alle cure è solo formale.<br />
Non vi è una cura che possa guarirci dal conflitto e, se ci guardiamo<br />
intorno, sembra che la società sia un corpo che non riesce<br />
a disfarsi di questa malattia cronica. Un sistema che non<br />
apprende dai propri errori. Forse l’unica pallottola magica che<br />
potrebbe farci rinsavire è la consapevolezza della nostra interdipendenza.<br />
Per raggiungerla servono più connessioni, più comunicazioni<br />
e più relazioni. Il sociologo-medico Nicholas Christakis<br />
dell’Università di Yale ha preso molto sul serio la forza<br />
delle connessioni sociali e ha dimostrato come le abitudini si<br />
trasmettano attraverso le relazioni di conoscenza, amicizia e parentela.<br />
Ad esempio, ha mostrato che se un amico di un nostro<br />
amico, una persona che noi neppure conosciamo, smette di fumare,<br />
anche noi abbiamo il 25% di possibilità di smettere (il nostro<br />
amico il 50%). Inoltre, attraverso le reti sociali si diffondono<br />
anche i cambiamenti del peso corporeo (diventare più magri o<br />
più grassi) e addirittura i divorzi! Nel suo libro, intitolato coerentemente<br />
Connected: the amazing power of social network and<br />
how they shape our life (che si può tradurre con “Connessi: lo<br />
stupefacente potere delle reti sociali e come danno forma alla<br />
nostra vita”), Christakis alla fine si domanda come utilizzare a<br />
vantaggio dell’umanità le connessioni. E risponde che ci si deve<br />
impegnare a diffondere il bene e la gentilezza, perché lungo le<br />
connessioni queste dimensioni si amplificano e generano valore.<br />
Nella Dichiarazione di Interdipendenza le connessioni sociali<br />
debbono avere il posto d’onore. Insomma, riprendendo un’altra<br />
dichiarazione, la Dichiarazione di Siviglia: “La stessa specie che<br />
ha inventato la guerra, ora può inventare la pace”.<br />
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