Makinglife N.6 2023
Per quanto sgradito e il più possibile evitato, il conflitto è un elemento naturale delle interazioni umane e non può - né dovrebbe - essere eluso. Se affrontato attivamente e precocemente, invece, può offrire interessanti opportunità di imparare, crescere e innovare.
Per quanto sgradito e il più possibile evitato, il conflitto è un elemento naturale delle interazioni umane e non può - né dovrebbe - essere eluso. Se affrontato attivamente e precocemente, invece, può offrire interessanti opportunità di imparare, crescere e innovare.
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makinglife | dicembre <strong>2023</strong><br />
sta cercando attivamente un<br />
impiego diverso da quello<br />
attualmente coperto e la<br />
percentuale sale al 38%<br />
nella fascia di età compresa<br />
tra 25 e 34 anni. Ma non<br />
è tutto: sempre secondo<br />
questa indagine, il 36% dei<br />
lavoratori appartenenti alla<br />
cosiddetta Z generation<br />
ha già, di fatto, lasciato<br />
almeno un posto di lavoro<br />
perché lo ha considerato<br />
incompatibile con le<br />
esigenze della vita privata.<br />
MEGLIO<br />
DISOCCUPATI<br />
CHE INFELICI<br />
Ci troviamo quindi di fronte<br />
a numeri importantissimi,<br />
che trovano la loro<br />
conferma quando veniamo<br />
a sapere che il 76% del<br />
totale della forza lavoro<br />
fa parte di generazioni<br />
sensibili agli argomenti<br />
connessi al benessere nel<br />
luogo di impiego, sempre<br />
secondo HR trends e salary,<br />
e che il 25% di essa è<br />
disposta, almeno in linea<br />
teorica, a sopportare più<br />
facilmente un periodo di<br />
disoccupazione rispetto<br />
all’infelicità lavorativa.<br />
Che cosa si intende, però,<br />
con la parola “infelicità”?<br />
La risposta ha una sua<br />
complessità che può<br />
diventare plausibile<br />
con una descrizione di<br />
contesto. Al di là della<br />
ovvia tematica di una<br />
retribuzione commisurata<br />
“<br />
Il malessere<br />
emotivo ha<br />
portato alle<br />
dimissioni un<br />
under 34 su due.<br />
L’attenzione<br />
al benessere<br />
psicologico è<br />
considerato un<br />
benefit<br />
a ruolo, esperienza e<br />
aspettative, dobbiamo<br />
prendere in considerazione<br />
la motivazione al lavoro,<br />
intesa nella sua dimensione<br />
sociale e non solo di<br />
carriera individuale:<br />
si è creata, nel tempo<br />
(la pandemia ha solo<br />
catalizzato tendenze già in<br />
atto) la netta percezione<br />
di come esista un “bene<br />
comune” di tipo ambientale,<br />
sociale, umano che<br />
dovrebbe essere messo<br />
al centro delle mission<br />
aziendali. Allo stesso modo<br />
viene percepito anche il<br />
valore della sostenibilità<br />
come requisito relativo<br />
dell’impresa per cui si<br />
lavora. Poi, a fronte del<br />
fenomeno – già citato e<br />
più tipicamente italiano –<br />
della ricerca di un migliore<br />
trattamento economico<br />
(nell’ultimo anno solo il<br />
19% dei lavoratori italiani<br />
ha avuto un aumento di<br />
stipendio. E ricordiamo che<br />
dal 2021 a oggi la crescita<br />
dell’inflazione ha gravato<br />
come la peggiore delle<br />
tasse, con una ricaduta<br />
generalizzata che ha<br />
penalizzato soprattutto<br />
i redditi medio-bassi),<br />
possiamo anche aggiungere<br />
un altro dato di fatto: dopo<br />
l’esperienza di smart<br />
working del periodo<br />
pandemico, a cui non ha<br />
seguito il temuto calo della<br />
produttività, molti lavoratori<br />
si sono chiesti come mai<br />
la presenza in ufficio sia<br />
da considerare sempre<br />
e comunque obbligata,<br />
quando le stesse mansioni<br />
possono essere svolte<br />
da remoto ed esistono<br />
strumenti tecnologici – e<br />
“<br />
L’80% di<br />
lavoratrici e<br />
lavoratori ha<br />
sperimentato<br />
almeno un<br />
sintomo correlato<br />
a fenomeni di<br />
burnout<br />
legislativi – adatti per<br />
ridefinire le modalità di<br />
svolgimento del proprio<br />
impegno professionale.<br />
UN MALESSERE<br />
A CUI NON È<br />
STATO POSTO<br />
UN ARGINE<br />
In generale, come hanno<br />
risposto le aziende a questi<br />
fenomeni di “insofferenza<br />
lavorativa”? I dati forniti<br />
da Randstad attraverso<br />
l’Employer brand research<br />
spiegano che per lo più<br />
sono state poste in essere<br />
tre modalità di azione e<br />
comunicazione mirate<br />
alla fidelizzazione del<br />
dipendente: in primo luogo<br />
si agisce ricordandogli la<br />
solidità finanziaria. Si fa<br />
poi leva, quando possibile,<br />
sulla comodità di ubicazione<br />
degli uffici e si fa presente<br />
come un posto di lavoro a<br />
lungo termine garantisca<br />
una sicurezza economica<br />
indispensabile per il<br />
mantenimento del tenore<br />
di vita. Non è detto che la<br />
ricerca fotografi la verità di<br />
tutte le politiche aziendali: le<br />
azioni sono probabilmente<br />
più complesse, meno pigre<br />
e meglio strutturate di così.<br />
Ma egualmente è importante<br />
riportare il percepito, perché<br />
rappresenta il termometro<br />
di una situazione di grave<br />
difficoltà culturale, sociale<br />
e – finalmente arriviamo al<br />
punto – emotiva.<br />
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