Download File - Rivista Nuove Prospettive in Psicologia
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L’aspetto negativo riguarda <strong>in</strong>vece il fatto che il soccorritore subisce <strong>in</strong><br />
qualche modo il trauma della vittima, <strong>in</strong> quanto può immedesimarsi nell’evento<br />
<strong>in</strong>cidentale a tal punto da rimanervi emotivamente co<strong>in</strong>volto, f<strong>in</strong>o<br />
ad entrare potenzialmente <strong>in</strong> uno stato di vera e propria sofferenza amplificata<br />
dalla crescente fatica dovuta al soccorso stesso, che talvolta, come nelle<br />
grandi calamità, si protrae per più giorni ed <strong>in</strong> condizioni logistiche anche<br />
precarie.<br />
Immergersi nell’aspetto strettamente tecnico del soccorso significa<br />
qu<strong>in</strong>di per gli operatori sia svolgere nel modo migliore il proprio compito,<br />
sia quasi “difendersi” dal co<strong>in</strong>volgimento emotivo che <strong>in</strong>vece potrebbe limitarne<br />
l’attività nell’<strong>in</strong>tervento, pur mantenendo vivo un doveroso rapporto<br />
umano diretto con le vittime stesse.<br />
L’esperienza <strong>in</strong>segna che durante le operazioni di soccorso possono esserci<br />
situazioni particolarmente gravose per i soccorritori dal punto di vista<br />
emotivo.<br />
Tra queste, si pensi al ferimento o peggio alla morte di un collega,<br />
come purtroppo avvenuto nell’ultimo sisma de L’Aquila. E come possa essere<br />
stato difficile confortare il collega rimasto co<strong>in</strong>volto nel crollo totale di un<br />
edificio, illeso nonostante l’edificio stesso sia stato praticamente raso al suolo<br />
da una ulteriore scossa sismica con lui all’<strong>in</strong>terno, peraltro <strong>in</strong> una delle stanze<br />
più lontane dall’uscita.<br />
Un’altra situazione emotivamente gravosa per i soccorritori può essere<br />
relativa alla morte di uno o più bamb<strong>in</strong>i, che nella nostra cultura hanno un<br />
valore simbolico oltre che affettivo.<br />
A tal proposito non può non ricordarsi l’attività di soccorso tecnico<br />
operativo nel comune di S. Giuliano di Puglia, dove, a seguito del del terremoto<br />
del 31 ottobre 2002, avvenne il crollo della scuola materna, elementare<br />
e media ove morirono 27 bamb<strong>in</strong>i e una maestra e dove restarono<br />
<strong>in</strong>trappolati altri 57 bamb<strong>in</strong>i, 8 <strong>in</strong>segnanti e 2 bidelli. In tale esperienza, peraltro,<br />
il co<strong>in</strong>volgimento emotivo, talvolta forse addirittura la piena partecipazione,<br />
fu amplificata dal fatto di essere padre di un bimbo di appena 2<br />
anni e mezzo, quasi prossimo all’età scolare.<br />
Ma ritengo che il compito dei soccorritori, a qualsiasi livello, sia anche<br />
quello di poter costituire un riferimento umano oltre che tecnico per le vittime<br />
dirette o <strong>in</strong>dirette dell’emergenza, restando ovviamente nei propri ambiti<br />
professionali i quali, tuttavia, non possono e non devono costituire rigide<br />
barriere.<br />
Con riferimento a ciò desidero ricordare un episodio risalente al 13 ottobre<br />
1997, nel territorio umbro-marchigiano colpito dal sisma, quando nell’ambito<br />
delle attività operative mi sentii battere sulla spalla; si trattava di<br />
una persona anziana, dalla apparente età di circa 75-80 anni o poco meno:<br />
“giovanotto, la vedi quella casa laggiù?”<br />
Si trattava di una casa s<strong>in</strong>gola a due piani, duramente danneggiata dalle<br />
scosse telluriche succedutesi dal 26 settembre <strong>in</strong> poi, lesionata <strong>in</strong> maniera<br />
irreparabile.<br />
Cont<strong>in</strong>uò: “ho lavorato duramente durante tutta la mia vita, sono andato<br />
a lavorare <strong>in</strong> Germania e, con i risparmi, ho comperato quella casa; ho<br />
perso tutti i miei familiari, sono rimasto solo, quella casa era tutto ciò che<br />
avevo ed ora, perdendo anche quella, non ho più nulla.”