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R. non risponde. La paura è dip<strong>in</strong>ta sui volti dei ragazzi. Passano <strong>in</strong>tanto i<br />

m<strong>in</strong>uti, colmi di angoscia, di lacrime e di disperazione. Anche A. chiama <strong>in</strong>cessantemente<br />

R. ed anche il suo fido Galileo, ma neanche lui risponde.<br />

Dopo circa un’ora arriva V., un ex vigile del fuoco, padre di P.; V. si accerta<br />

che la figlia e gli altri ragazzi stiano bene, ma subito si accorge che R. non è<br />

tra loro; <strong>in</strong> un gesto folle e disperato, V. entra tra le macerie della casa per<br />

cercarlo. La situazione è drammatica. Il solaio dell’appartamento è sprofondato<br />

e R. si trova lì sotto. R. racconta: “Mi sono sentito come risucchiato,<br />

sono scivolato al piano di sotto <strong>in</strong>sieme al lavand<strong>in</strong>o e al frigorifero e poi è<br />

caduta una lastra di marmo che mi immobilizzava, mentre le tubature - completamente<br />

rotte - mi buttavano <strong>in</strong> faccia acqua gelata che non mi permetteva<br />

di urlare”. I suoi ricordi sono annebbiati. “Sentivo l’acqua fredda che scorreva,<br />

ma non sentivo più le mani e le gambe, avevo freddo al viso e per sentire<br />

un po’ di calore con l’alito scaldavo la lamiera del frigorifero che avevo<br />

alla mia destra e ci appoggiavo la guancia; non riuscivo a pensare, però avevo<br />

un’unica idea <strong>in</strong> testa, ero conv<strong>in</strong>to che di lì a poco sarei morto, ma mi<br />

importava poco perché pensavo che anche tutti gli altri e i miei cari amici<br />

sarebbero morti e poi vedevo i pezzi di cemento e i mobili che cadevano dai<br />

piani superiori e aspettavo quello che mi sarebbe caduto addosso dandomi il<br />

colpo decisivo”. Ma ad un tratto una voce lo risveglia dal torpore nel quale<br />

sta sprofondando: è V. che, calandosi f<strong>in</strong>o al piano terra e scavando tra le<br />

macerie, è riuscito a trovarlo ed ora lo avrebbe tirato fuori. È salvo!! Subito<br />

viene trasportato <strong>in</strong> ambulanza verso l’ospedale di Avezzano. Il giorno com<strong>in</strong>cia<br />

a fare capol<strong>in</strong>o e la luce del sole illum<strong>in</strong>a la città. Il disastro è totale: il<br />

palazzo è crollato quasi completamente, la struttura ha ceduto <strong>in</strong> tutta la sua<br />

parte <strong>in</strong>feriore. Primo e secondo piano sono diventati un piano solo. Un palazzo<br />

di c<strong>in</strong>que piani è ridotto a due piani, poche ore dopo A. dovrà fare il<br />

riconoscimento di alcune persone del palazzo. Su una non ha dubbi: il pigiama<br />

con gli orsacchiotti è quello di S. Il dolore è fortissimo, la disperazione li<br />

avvolge <strong>in</strong> un silenzio totale. Non più grida, non più gesti forsennati. Il loro<br />

palazzo non esiste più. Sono morte sette persone - due delle quali erano loro<br />

carissimi amici - ed anche Galileo non c’è più. I giorni successivi sono drammatici.<br />

Quando P., A., R. e G. tornano nella loro città natale e li <strong>in</strong>contro, sento<br />

una fitta al cuore e le lacrime scendono veloci e <strong>in</strong><strong>in</strong>terrottamente dai<br />

miei occhi, un abbraccio che sembra non volersi sciogliere. La felicità di aver<br />

potuto riabbracciare quegli amici cari si mescola con il dolore della perdita<br />

di altri cari che non si potranno più abbracciare. Anche la mancanza di G. è<br />

pesante, abituata com’ero ad essere salutata da quel cucciolone simpatico e<br />

rivoluzionario. Infatti, la prima cosa che i ragazzi mi dicono è che Galileo<br />

non c’è più e che devo rassegnarmi. Dopo un primo momento di commozione<br />

generale, ci sediamo tutti <strong>in</strong>torno al tavolo e subito com<strong>in</strong>ciano a raccontare<br />

la loro storia. La sensazione di precarietà è fortissima. Li percepisco<br />

come svuotati. Giorni duri, giorni difficili. Osservandoli mi accorgo che le<br />

loro lacrime non riescono ad uscire, sono “cementate”, come i loro capelli<br />

ancora pieni di calc<strong>in</strong>acci (nonostante i vari lavaggi) e i loro visi che sembrano<br />

aver preso un colorito grigiastro. Hanno parlato per molto tempo di<br />

quello che hanno vissuto, della paura costante e del loro sentirsi impotenti,<br />

dell’aver visto con i propri occhi la morte, anche se – fortunatamente – sono

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