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- 56 -<br />

UNA PEDIATRA DI BASE: UN ASCOLTO<br />

OLISTICO E PSICOSOMATICO<br />

Forcucci Rosella°<br />

Sono pediatra di famiglia sulla costa, a Roseto degli Abruzzi, dove circa<br />

5000 persone sono venute sfollate da L’Aquila, dopo le note vicende del<br />

6 Aprile. In un’altra occasione ho riflettuto su quanto avevo potuto osservare,<br />

come pediatra, nei comportamenti e negli stati fisici dei bamb<strong>in</strong>i. Passata<br />

però la prima fase dell’emergenza, ho riflettuto su un altro aspetto del mio<br />

rapporto con gli “sfollati aquilani”: la varietà di emozioni e di stati d’animo<br />

che mi hanno dom<strong>in</strong>ato <strong>in</strong> quei giorni e nelle settimane seguenti. E’ prevalso,<br />

<strong>in</strong>izialmente, il senso del dovere, la solidarietà umana, anche il senso di<br />

appartenenza alla propria regione. Tutto ciò ha dato energia per affrontare<br />

volontariamente, anche senza forse una buona logistica, le prime settimane<br />

di soccorso. E’ prevalsa l’emergenza emotiva, quella che ti fa dare il meglio<br />

di te, senza riserve.<br />

Si è patito con loro le loro vicende, non si è stati solo il Pediatra dei<br />

bamb<strong>in</strong>i, ma si è ascoltato, consolato, accarezzato come se tutto ciò stesse accadendo<br />

alla propria famiglia. Si è cercato di immag<strong>in</strong>are il loro dolore.<br />

Avresti voluto portarteli tutti a casa, di lì a pochi giorni è stata Pasqua. Ci si è<br />

mossi, agitati, anche arrabbiati con chi non supportava tecnicamente quest’attività<br />

di emergenza; i più pragmatici di noi hanno anche cercato di organizzare<br />

al meglio il lavoro.<br />

Non si è però pensato, sì, non ci si è fermati ad ascoltare quello che<br />

diceva il proprio cuore.<br />

Ci si è lasciati soggiogare più dall’emotività che dall’emozione.<br />

La propria vita è momentaneamente scomparsa, non c’è stato più l’assillo<br />

del quotidiano, tutto è passato <strong>in</strong> seconda fila. Magari, <strong>in</strong>consapevolmente,<br />

ci si è sentiti anche buoni e bravi, lo stavi facendo per loro ed <strong>in</strong>vece<br />

lo stavi facendo anche per te, soprattutto per te.<br />

La nostra vita a volte è arrotolata su se stessa, come un gatto che si<br />

morde la coda. Non facciamo altro che ripetere ritmicamente gesti, atti, parole<br />

<strong>in</strong>torno a situazioni, momenti della nostra esistenza che non abbiamo<br />

nemmeno messo bene a fuoco.<br />

Ci accompagna un malessere che è diventato tutt’uno con noi stessi,<br />

paradossalmente non ne possiamo fare a meno altrimenti, forse, perderemmo<br />

il bandolo di quella matassa che è la nostra esistenza.<br />

Ecco allora l’evento imprevedibile, drammatico che ti dà una forte<br />

scossa, ti sveglia dal tuo sopore ma <strong>in</strong>evitabilmente ti porta a fare i conti con<br />

te stesso.<br />

Così, dopo un <strong>in</strong>iziale momento di abnegazione, s’<strong>in</strong>s<strong>in</strong>ua un senso di<br />

fastidio: pensi che sono troppi, <strong>in</strong>vadono l’ambulatorio senza regole, com<strong>in</strong>ciano<br />

ad essere pretenziosi, forse qualcuno approfitta pure della situazione.<br />

E le istituzioni dove sono? Non mi aiutano. Forse devo contenermi nel darmi<br />

a loro, forse <strong>in</strong>izio a trascurare i miei pazienti.

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